8 Si è sempre ricordato della sua alleanza,
parola data per mille generazioni,
9 dell’alleanza stabilita con Abramo
e del suo giuramento a Isacco.
10 L’ha stabilita per Giacobbe come decreto,
per Israele come alleanza eterna,
11 quando disse: «Ti darò il paese di Canaan
come parte della vostra eredità».
12 Quando erano in piccolo numero,
pochi e stranieri in quel luogo,
13 e se ne andavano di nazione in nazione,
da un regno a un altro popolo,
14 non permise che alcuno li opprimesse
e castigò i re per causa loro:
15 «Non toccate i miei consacrati,
non fate alcun male ai miei profeti».
In questo inizio della grande memoria della storia del popolo di Dio è evidente la tensione tra l’ “impegno” di Dio con la sua prospettiva universale, e la vicenda piccola e la condizione povera di Israele. Così, i vers.8-11 dicono la grande portata storica dell’alleanza divina stabilita con il suo popolo: “una parola data per mille generazioni” di cui Dio si è sempre ricordato e che accompagna tutta la storia di Israele. Una storia segnata peraltro dall’incessante migrazione di un piccolo popolo nomade sostenuto dalla promessa di una terra da ricevere come “eredità” e di fatto esposto ad una situazione che rivela i discepoli del Signore come “in piccolo numero, pochi e stranieri” (ver.12) nel loro cammino “di nazione in nazione, da un regno a un altro popolo” (ver.13).
Mi fermo su questa parola che porta con sé un grande interrogativo: la migrazione descritta in questa Parola è ormai finita, oppure è una caratteristica perenne della storia del Popolo di Dio? Tale domanda si pone sia per una vicenda come l’attuale identificazione della terra promessa con un territorio e uno stato ebraico, sia, e in termini molto più profondi, per il Popolo di Dio che è la Chiesa. L’essere un piccolo popolo di migranti è una condizione del passato ormai del tutto superata, o è la fisionomia propria di questo popolo così diverso da tutti gli altri? Non siamo forse in cammino verso una patria di cui cogliamo e celebriamo tutti i segni e le radicali esigenze, e che proprio per questo non può assimilarsi alle logiche, alle potenze e alle azioni del mondo?
Dunque la parola che oggi ascoltiamo e celebriamo è memoria di tempi ormai finiti, o è la perenne condizione del Popolo di Dio sino alla fine dei tempi? La fede non è forse la sempre attuale vicenda di un popolo di piccoli, di poveri e di peccatori, protetti, accompagnati e guidati da Dio? Non sarà forse una condizione visibilmente “migratoria”, ma proprio per questo continuerà ad essere attualissima questa presenza e potenza di Dio che “non permise che alcuno li opprimesse e castigò (ma sarebbe meglio dire “rimproverò”, che esprime un giudizio piuttosto che una visibile punizione) i re per causa loro” (ver.14). Non c’è dubbio: è il Popolo di Dio la comunità di coloro di cui Dio dice “Non toccate i mie consacrati, non fate alcun male ai miei profeti” (ver.15). Quella storia antica non è forse l’attuale condizione, e addirittura la luminosa profezia del Popolo che cammina con il suo Signore?
Per questo, la Parola che oggi riceviamo dalla bontà di Dio descrive il cammino profondo del suo Popolo, ed è anche il paradigma, il volto profondo, di ogni esistenza credente. Storia che in ciascuno di noi si svolge e si compie.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Da questi versetti sino alla fine il salmo ripercorre l’epopea del popolo d’Israele. I grandi patriarchi Abramo, Isacco, Giacobbe, la affascinante storia di Giuseppe, Mosè, le vicende d’Egitto e l’esodo dalla terra di schiavitù, il cammino nel deserto, la terra promessa… Ma subito si ricorda che “erano in piccolo numero”, un piccolo popolo, erano “pochi e stranieri” e girovagavano andando “di nazione in nazione”(vv.12-13). Conosceranno servitù e schiavitù prima in Egitto, poi nelle deportazioni in Babilonia e nella sottomissione ai grandi imperi… In questa storia “difficile”, Dio però è fedele alle sue promesse, si ricorda della “alleanza stabilita” e fa in modo che i suoi piccoli, i suoi “poveri” siano tutelati e salvati (vv.14-15). – Ed è la nostra storia, come mi pare che suggeriscano gli interrogativi di don Giovanni; è la storia di ognuno di noi e della nostra comunità credente.