1 Salmo. Per il rendimento di grazie.
2 Acclamate il Signore, voi tutti della terra,
servite il Signore nella gioia,
presentatevi a lui con esultanza.
3 Riconoscete che solo il Signore è Dio:
egli ci ha fatti e noi siamo suoi,
suo popolo e gregge del suo pascolo.
4 Varcate le sue porte con inni di grazie,
i suoi atri con canti di lode,
lodatelo, benedite il suo nome;
5 perché buono è il Signore,
il suo amore è per sempre,
la sua fedeltà di generazione in generazione.
Un piccolo grande canto di gioia per il dono di Dio. Sempre più dobbiamo cercare questo! Abbiamo simpatia per il Signore? Siamo grati per le sue parole nella nostra vita? La nostra stessa vita ci sembra in ogni modo visitata con meraviglie da Lui? La nostra stessa vicenda di peccatori arricchisce ulteriormente il nostro vincolo con Lui, proprio per la misericordia con la quale sempre ci visita e ci chiama? Tutto questo è una nostra “evasione” dalla realtà, oppure ne è la rivelazione profonda? Abbiamo dunque concreta esperienza dell’opera della Parola in noi e nella nostra vita? Queste domande e molte altre sono quelle che mi nascono nella mente e nel cuore davanti a questo piccolo meraviglioso canto di gioia. Lo sento mio! E mi sento peccatore davanti a queste parole, per come molte volte mi chiudo e lascio prevalere sentimenti di tristezza.
E’ molto importante l’affermazione del ver.3 : “Solo il Signore è Dio”, dove “il Signore” è quello che conosco e incontro nella Scrittura e quindi in ogni ambito della mia vita, sia nelle gioie sia nelle prove. Quel “riconoscete” è l’importante invito a verificare la concretezza dell’esperienza. “Egli ci ha fatti e noi siamo suoi” è occasione e provocazione a ripensare a tutta la propria storia, a tutte le memorie che segnano e accompagnano la nostra modesta esistenza rivelandone la meraviglia.
E’ grazia da domandare quella di poter sempre, venissero anche passi difficili, entrare alla sua presenza con “inni di grazie” e con “canti di lode”. Tutto questo conferma in modo clamoroso che la fede non è una dottrina ma un’esperienza. E’ un dono “nella nostra storia”, non fuori dalla storia. E’ esperienza personale, ma non soggettiva, cioè esposta a mitizzazioni e fughe dalla realtà. Anzi, costringe a continuamente ripensare al senso della vita.
Il ver.5 ci consegna ancora una volta al cuore della nostra vicenda di fede. Il Signore è buono: lo possiamo e lo dobbiamo dire appunto per esperienza! Ancora ritornano le due famose parole – la sua misericordia e la sua fedeltà – che più compiutamente descrivono la sua opera in noi e per noi: un amore capace di giungere alle situazioni più povere e lontane, e una “fedeltà” di Dio al suo patto d’amore con noi, che è la verifica storica, concreta , della sua “verità”. Non una verità teorica e astratta, ma ancora un’esperienza viva nella nostra esistenza.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Piccolo ma più che prezioso! Mi soffermo sull’affermazione finale: il Signore è buono, è cosa buona, è benignità e misericordia… L’amore fedele è la sua caratteristica… Noi lo sappiamo bene, lo crediamo, ma ne facciamo esperienza, come ci suggerisce di chiederci don Giovanni? – Alberto Maggi racconta che, quando chiede agli ascoltatori: “Credete che Dio è buono ecc.?”, tutti rispondono di sì; ma se chiede: “Qual’è l’ultima volta che lo avete sperimentato come buono per voi?”, allora tutti tacciono o non sanno cosa rispondere. – Certamente la bontà e la cura di Dio si manifestano – ma è solo un esempio – nelle persone che ci vogliono bene e ci stimano, indipendentemente da quello che diciamo o facciamo, o in quelle che troviamo sempre disponibili a darci una mano, a sostenere, a condividere…