15 Che dunque? Ci metteremo a peccare perché non siamo sotto la Legge, ma sotto la grazia? È assurdo! 16 Non sapete che, se vi mettete a servizio di qualcuno come schiavi per obbedirgli, siete schiavi di colui al quale obbedite: sia del peccato che porta alla morte, sia dell’obbedienza che conduce alla giustizia? 17 Rendiamo grazie a Dio, perché eravate schiavi del peccato, ma avete obbedito di cuore a quella forma di insegnamento alla quale siete stati affidati. 18 Così, liberati dal peccato, siete stati resi schiavi della giustizia.
19 Parlo un linguaggio umano a causa della vostra debolezza. Come infatti avete messo le vostre membra a servizio dell’impurità e dell’iniquità, per l’iniquità, così ora mettete le vostre membra a servizio della giustizia, per la santificazione.
20 Quando infatti eravate schiavi del peccato, eravate liberi nei riguardi della giustizia. 21 Ma quale frutto raccoglievate allora da cose di cui ora vi vergognate? Il loro traguardo infatti è la morte. 22 Ora invece, liberati dal peccato e fatti servi di Dio, raccogliete il frutto per la vostra santificazione e come traguardo avete la vita eterna. 23 Perché il salario del peccato è la morte; ma il dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesù, nostro Signore.
Mi sembra che il tema più delicato della conclusione del cap.6 sia quello della libertà. Troviamo al ver.18 questa affermazione: “Così, liberati dal peccato, siete stati resi schiavi della giustizia”. Paolo aggiunge: “Parlo un linguaggio umano a causa della vostra debolezza”. D’altra parte ribadisce il concetto con un’espressione talmente forte che, mi sembra, il traduttore italiano non ha il coraggio di rendere alla lettera: “Come infatti avete messo le vostre membra “schiave” dell’impurità e dell’iniquità per l’iniquità, così ora mette le vostre membra “schiave” della giustizia per la santificazione”(ver.19). Sotto tutto questo sta un problema, di cui lo stesso Paolo è ben consapevole! Se siamo stati liberati, lo siamo per entrare in un’altra schiavitù? C’è una comprensibile “impaurita gelosia” – o una “gelosa paura” – nella nostra tradizione di pensiero, che giustamente vuole “difendere” il bene supremo della libertà personale, ma che alla fine rischia di dimenticare che il bene supremo è…il bene dell’amore. Certamente siamo stati liberati. Ma siamo liberi non per restare come sospesi nella custodia gelosa di tale libertà, ma per essere liberi di entrare nel mistero dell’Amore, per dedicare all’Amore tutta la nostra vita. Per trovare nella dedizione d’amore il senso profondo della nostra esistenza.
Chiedo scusa per questi “ragionamenti”, che penso possiate trovare nella Parola che oggi il Signore ci regala. Percorriamo ora i vers.15-18, per vedere come venga meravigliosamente annunciata e proclamata la libertà che ci consente di consegnarci pienamente al mistero dell’Amore! Il linguaggio di cui Paolo “si scusa” è quello forte e ruvido della schiavitù. Ma la sostanza di tale linguaggio è lo splendore del nostro essere finalmente liberi di servire in pienezza il dono dell’Amore. Per questo siamo invitati a rendere grazie a Dio: “perché eravate schiavi del peccato, ma avete obbedito di cuore a quel tipo di dottrina al quale siete stati consegnati”.
“Schiavi del peccato”, eravamo “liberi nei riguardi della giustizia”(ver.20). Ma che libertà era? E quale ne era il frutto? Era la tremenda, inevitabile, libertà di morire!: “Il loro traguardo infatti è la morte”(ver.21). Ora invece siamo stati “liberati dal peccato e fatti servi di Dio”(ver.22), e quindi raccogliamo il nuovo frutto di questa vita nuova, il dono di Dio: “la vita eterna in Cristo Gesù nostro Signore”.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.