12 Quindi, come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e, con il peccato, la morte, e così in tutti gli uomini si è propagata la morte, poiché tutti hanno peccato… 13 Fino alla Legge infatti c’era il peccato nel mondo e, anche se il peccato non può essere imputato quando manca la Legge, 14 la morte regnò da Adamo fino a Mosè anche su quelli che non avevano peccato a somiglianza della trasgressione di Adamo, il quale è figura di colui che doveva venire.
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La memoria di un episodio – il peccato delle origini – è di fatto la descrizione della condizione umana. L’universalità del peccato e della morte. La vicenda di Adamo è la chiave di comprensione della condizione dell’intera umanità. Cerchiamo di accogliere con umile determinazione la “semplicità” con la quale Paolo presenta una realtà che avvolge tutti, e tutto (il mondo). Contro tutti gli affaticamenti etici, contro tutte le assolutamente “non vere” distinzioni tra chi pecca e chi non pecca, “in tutti gli uomini si è propagata la morte, poiché tutti hanno peccato”. La morte ha la stessa estensione del peccato, perché ne è il simbolo supremo e la suprema conseguenza. Osserviamo come il peccato e la morte sono “personificati”: non sono tanto dei “fatti” che accadono all’uomo, ma sono potenze che entrano nel mondo e lo invadono. Questa è la “crisi” di ogni pretesa umana di giustizia. “Tutti hanno peccato” e quindi “in tutti gli uomini si è propagata la morte”. Se da una parte sono in grande imbarazzo nel dire due frasette su affermazioni tanto grandi e assolute, dall’altra mi piace ricevere “come un bambino” l’evidenza di queste affermazioni capitali. Tutto questo deve essere forse commentato con l’osservazione che quanto può sembrare meravigliosamente evidente la tesi, altrettanto è inevitabilmente chiaro che essa è del tutto “inaccettabile”, nel senso che nel concreto pensare ed agire umano, tutto ciò viene respinto. La riga sulla lavagna di seconda elementare che ai miei tempi doveva distinguere e separare i “buoni” dai “cattivi” è inevitabilmente presente. E dominante. Anche nella comunità cristiana.
Rispetto a questa condizione del mondo e dell’umanità, la Legge è certamente posteriore: “da Adamo a Mosè” è il tempo in cui non c’è la Legge. Il peccato di Adamo è tuttavia presente e universalmente operante, perché Adamo non è tanto “una” persona, ma “ogni” persona. Così è l’umanità. Mancando la Legge, il peccato non è svelato né attribuito, ma tutti muoiono per l’universalità del peccato di Adamo che ancora non è svelato e imputato, e che tuttavia è assolutamente presente e operante in direzione della morte.
Il ver.14 accenna all’ipotesi che qualcuno – forse molti e, in certo senso, tutti – non abbiano peccato “a somiglianza della trasgressione di Adamo”, ma ugualmente tutti sono morti, perché la morte è il segno e la pena di chiunque abbia peccato. Cioè, di tutti. Vedremo, infatti, come l’alternativa al “peccato” non sia il “non peccato”, ma la grazia.
Dio ti benedica.E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.