E lei andrà a votare?

No, non ci andrò, perchè il mio comune di residenza non deve rinnovare la sua gestione politico-amministrativa. E come mai, mi dirà lei con la sua lunga lettera di cui cito solo una frasettina, non sei residente a Bologna?

Perchè nel comune della bassa nel quale sono vissuto molti anni, c’era une “regola” – non so se sia ancora così – secondo la quale per andar sepolti in terra bisogna essere residenti. Così ho preferito seguire l’esempio del Patriarca Abramo che facendosi ramingo per obbedire al suo Signore, ebbe come unica proprietà, come unico bene immobile, la tomba di famiglia. Mi creda dunque, non è disinteresse per la politica, e spero che i cittadini dei comuni in cui oggi si vota siano numerosi nell’adempimento di un diritto-dovere di grande rilievo.

Che però non è, come lei sembra insinuare, l’unica partecipazione alla vita politica. Quello che possiamo studiare e fare per la famiglia, per la scuola, per la sanità, per gli anziani, per gli stranieri, per le persone in più grave disagio…tutto questo è già partecipazione alla vita politica, soprattutto quando il nostro impegno è attento e partecipe non solo ai fatti di ogni giorno, ma anche alla storia della terra in cui viviamo, alla sua tradizione culturale, ai suoi problemi attualmente più gravi.

Anche come credente penso ci sia un appello forte all’attenzione alla politica. Un dato essenziale della sapienza spirituale dei nostri padri ebrei è – tanto per fare un esempio di grande rilievo – l’attenzione rigorosa a non lasciarsi sedurre da alcuna forma di idolatrìa. Già un impegno di questo tipo è di enorme portata. Noi viviamo in un tempo apparentemente non-religioso. Ma proprio per questa “apparenza”, il pericolo di idolatrare e adorare ciò che non è Dio è altissimo. Le antiche religioni politeistiche sono a questo proposito molto interessanti, con i loro vari “dèi”: il dio del commercio come la dea della bellezza, il dio della guerra come il divino imperatore.

Vigilare contro questi drammatici e attualissimi pericoli è un modo nobile di interessarsi alla politica. Ricordare evangelicamente la predilezione di Gesù per i piccoli, per i poveri, per i malati, per gli stranieri, per le donne…Ricordare il suo insegnamento sul pericolo della ricchezza, sui limiti delle sapienze umane, sulla bellezza del vincolo nuziale…e infine su come il senso della vita sia quello di spendere la vita nell’amore per Dio che è Padre di tutta l’umanità, e per il nostro prossimo che è qualsiasi creatura umana, da considerare e incontrare come fratello e sorella nostri…tutto questo è già fare politica, e cioè, come diceva un prete fiorentino dei miei tempi, è già guardare a tutti e a tutto nel desiderio di cercare insieme a tutti le vie migliori per quello che la Costituzione del nostro paese laicalmente indica come attenzioni primarie e necessarie.

Buona Domenica. d.Giovanni. 15 maggio 2011

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Potete leggere qui di seguito tre articoli della medesima rubrica “Cose di questo mondo” di Giovanni Nicolini, non ancora pubblicati nel nostro sito.

Caro Giovanni, questa giornata di vacanza così all’improvviso, il diciassette marzo, la motivazione di questa giornata di festa, e anche le discussioni che sono venute avanti, mi fanno chiedere, e lo chiedo anche a te, cosa si può pensare di proporre anche ai nostri figli e ai ragazzi loro amici, oltre che a noi adulti. La parrocchia non ha impegni religiosi. Hai delle idee? (messaggio firmato)

Caro Luca, non mi ero fatto idee particolari, nè quindi programmi, per quel giorno. E’ stato un mio amico che fa il parroco a Mestre, a chiedermi di poter venire con i suoi parrocchiami dalle nostre parti, per una visita alla quale ho aderito volentieri e che ho esteso come invito anche ad amici di ogni età. L’idea di questi veneti è andare a Monte Sole per conoscere qualcosa di quegli avvenimenti, per pregare per la pace, per riflettere un momento sull’Italia che in quei tempi è venuta costituendosi, dopo il ventennio di dittatura e la terribile guerra mondiale.

Può essere interessante e anche importante ripercorrere avvenimenti tanto drammatici, dove molte vittime innocenti sono state travolte dalla furia omicida di un sistema e di un’ideologia disonorante e ormai ferita a morte, dove le piccole comunità cristiane del nostro appennino hanno vissuto eventi molto vicini all’eroismo dei Martiri, dove la famiglia monastica fondata da don Giuseppe Dossetti custodisce nella preghiera avvenimenti che per anni sono stati legati solo alla lotta partigiana, finchè il bel libro di don Luciano Gherardi, “Le querce di Monte Sole”, ha preso per mano la storia di quella povera gente, e i molti bambini che hanno celebrato nel sacrificio della loro vita la vicenda dei Santi innocenti di Betlemme.

Andremo a venerare la reliquia preziosa di una Pisside traforata dai proiettili mentre uno dei preti che ora vengono condotti verso il riconoscimento della loro santità teneva tra le mani per distribuire la Comunione a quelli che poco dopo, con lui e come lui, sarebbero stati massacrati nel cimitero di Casaglia. Centocinquant’anni di storia italiana sono molti, e bisogna fare una scelta. Mi sembra che ricordare e tener viva la memoria vigilante e impegnata su avvenimenti come quello di Monte Sole sia un bel modo per comprendere dove la nostra Nazione si è costituita secondo quel volto di convivenza civile che oggi sembra essere gravemente compromesso. In questo modo non si corre il rischio di una retorica vuota di significato. E si può sperare di portare anche alla coscienza dei giovani un contributo di sensibilità, di attenzione e di impegno, che forse è un po’ sopito, e di cui c’è molto bisogno.

Vicino a noi, sulle rive del nostro Mediterraneo, si vivono giorni drammatici che ci ammoniscono severamente a ritrovare l’attualità profetica dei sacrifici con i quali la nostra terra ha trovato le vie per l’edificazione di una convivenza civile e rispettosa. Ci siamo un po’ imbarbariti. Forse non poco. Forse dobbiamo trovare una nuova resistenza, senza le armi, e ancora più ricca di desideri di pace e di fratellanza.

Giovanni Nicolini, 11 marzo 2011

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In risposta alla lettera ricevuta da don Tarcisio Nardelli, Delegato Arcivescovile per le Missioni e Direttore del Centro Missionario di Bologna.

Carissimo Tarcisio, trovo la tua lettera dopo un incontro che si è svolto al S.Orsola sul “Cancro in Africa”. Ancora una volta abbiamo dovuto constatare, e con numeri precisi, l’abisso che separa il nostro mondo dal grande dramma del continente africano, così presente nella cronaca di questi giorni per l’ennesimo assalto delle potenze occidentali ai suoi tesori. Considero un gran regalo del Signore e della nostra Chiesa di Bologna che la piccola famiglia di fratelli, sorelle e sposi di cui faccio parte da quasi trent’anni abbia un suo prezioso nido in Tanzania, e nel villaggio di Usokami. Anzi, noi siamo già in quel Mapanda dove avrebbe sede la nuova parrocchia affidata ai bolognesi.

Bologna è stata meravigliosa: in questa regione montuosa – si vive a quasi duemila metri! – si sono portate avanti e realizzate opere meravigliose. Preti, laici e monaci della nostra Chiesa si sono spesi con una generosità senza limiti. E di tutto questo tu sei stato grande protagonista per quello che hai messo in atto nei lunghi anni della tua missione. Si è cercato di portare il Vangelo, e, insieme al Vangelo, la sua carità, la sua sapienza e il suo desiderio di essere accanto ad ogni ferita dell’uomo e ad ogni sua speranza. Mi commuove che tu oggi riproponga con tanta severa passione il nostro dovere di continuare a camminare insieme a quella gente meravigliosa, e ai suoi drammi come alle sue speranze.

Oggi è la Domenica di Quaresima che chiede alla Chiesa di Bologna di ricordarsi dei nostri fratelli e sorelle dell’Africa. Chi legge il Carlino in questo momento non è “fuori tempo massimo”. I bambini della Casa della Carità come i malati di AIDS non scappano: sono sempre là, con l’unico vero rischio che è quello di essere dimenticati. Anche la nostra piccola rubrica del Carlino vuole dare un segno del suo affetto, e provocare la generosità dei suoi venticinque “manzoniani” lettori. Un caro abbraccio a te, Tarcisio, e a tutto il mondo che tu rappresenti.

Con grande affetto. Giovanni, 26 marzo 2011

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Caro don Giovanni, mi è capitato di vederla passare per i viali dell’ospedale ma non ho avuto la forza di fermarla. Mi decido adesso a mandarle due righe. Ci siamo conosciuti molti anni fa in Azione Cattolica, ma non penso che lei si possa ricordare di me. Il mio caso è presto detto. Non ho nessuno al mondo se non mio marito. Non abbiamo avuto figli. La sua malattia di cuore è andata sempre peggio, finchè è entrato in un grande sonno. Sta in un ospedale della provincia e mi hanno consigliato di parlare con un medico di Bologna. Non l’ho trovato e per questo volevo farmi aiutare da lei. Da due mesi vado a trovare il mio uomo e lui è sempre spento. Non so più che cosa desiderare. La sua vita mi sembra adesso solo artificiale. Se lo perdo sono disperata. Ma così mi sembra di averlo già perso. Vale la pena tutta questa sofferenza?

Cara Signora, quante cose importanti riesce a comunicarmi con poche parole! Desidero veramente condividere il suo dramma. Voglio pregare per voi. Desidero camminare accanto a lei in questo tratto difficile del suo e vostro pellegrinaggio verso la casa del Signore. Verso la Pasqua. Non posso pensare di avere parole adeguate al calvario che lei sta vivendo accanto alla sua persona amata. Mi capita spesso di stare insieme a persone che attraversano lo stesso mistero di suo marito. Mi chiamano non tanto per il malato, quanto per chi gli è vicino. Sto volentieri accanto alle persone piegate su chi vive una passione tanto drammatica. Con poche parole, tenendo la loro mano nella mia mano. Lo farò volentieri anche con lei.

Domani sera, lunedì, vengono alcuni amici medici che sono accanto al grande tema del principio e della fine della vita. Penso potrebbe esserle di qualche utilità e conforto ascoltarli. Potremmo metterci d’accordo per andare insieme a trovare suo marito. Ho molta stima per questi medici e per questo li ho invitati a parlarci di un tema delicatissimo. Li ho invitati perchè conosco la loro fede e anche la loro grande competenza professionale. Poi, come lei sa, tutto resta affidato a noi. Nessuno può entrare con disinvoltura in spazi così delicati e dolorosi. A me piace molto il modo serio con il quale questi medici ricercatori vivono quotidianamente la loro professionalità e la loro ricerca.

Per parte mia, ho metà del pensiero e del cuore anche verso l’Africa dove le mie sorelle vivono quotidianamente il tentativo drammatico di arginare il dramma dell’AIDS. Tanti pensieri che in Europa possiamo fare, là non sono possibili, perchè non ci sono nè competenze, nè mezzi per affrontare problemi immensi per una misura molto vasta della popolazione. Siamo “vicini di casa”, ma ci separa un abisso di diversità. Non disperiamo e continuiamo a riflettere e, come possiamo, ad operare nel solco che ci ha indicato Gesù. Arrivederci, dunque.

Un caro abbraccio. Giovanni, 1 aprile 2011