8 Anzi, ritengo che tutto sia una perdita a motivo della sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore. Per lui ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero spazzatura, per guadagnare Cristo 9 ed essere trovato in lui, avendo come mia giustizia non quella derivante dalla Legge, ma quella che viene dalla fede in Cristo, la giustizia che viene da Dio, basata sulla fede: 10 perché io possa conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la comunione alle sue sofferenze, facendomi conforme alla sua morte, 11 nella speranza di giungere alla risurrezione dai morti.
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Nei versetti precedenti Paolo ci ha ricordato come egli abbia considerato tutti i tesori della sua appartenenza alla più profonda tradizione della fede ebraica “come una perdita a motivo di Cristo”(Fil.3,7). Ora questa considerazione si dilata universalmente, perchè la “sublimità della conoscenza di Cristo Gesù”(ver.8) diventa il criterio, il discernimento, il giudizio e la norma di ogni realtà. Questo non vuol dire che niente abbia valore, ma se mai il rovescio, e cioè che tutto acquista il suo vero valore alla luce e relativamente alla “conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore”. La “conoscenza” di Cristo Gesù non è una conoscenza puramente intellettuale, ma è l’esperienza diretta, profonda e intima della relazione con la persona di Gesù. Senza questa esigente e assoluta priorità della relazione con Gesù, tutto va perduto, tutto è “spazzatura”: così mi permetto di proporre il senso dell’affermazione dell’Apostolo, che è una decisione e un’azione morale, a partire dalla nuova e radicale interpretazione di tutta la realtà, quale è proposta dalla fede di Gesù. Ritengo necessario insistere sull’affermazione che la conoscenza di Gesù non è quindi il disprezzo e il rigetto di tutto, ma ne è la piena illuminazione, che toglie ad ogni realtà il rischio di diventare idolo seducente e ingannevole, e che la mette nella sua vera luce in relazione a Gesù. Questo peraltro non vuole privare il non-credente in Gesù del contatto vero e autentico con la realtà, ma avverte il credente che tale contatto ha la sua più profonda illuminazione a partire dalla fede di Gesù. Ricordate il simpatico esempio proposto dallo scienziato Vincenzo Balzani quando dice che il tè che sua moglie prepara per lui, quando fa sosta nel suo lavoro e scende in cucina da lei. La scienza spiega tutto il complesso fenomeno che avviene nel pentolino dove bolle l’acqua del thè. Ma non può spiegare che tutto questo avviene perchè la moglie di Vincenzo lo ama. Gesù è l’illuminazione sul senso di tutto.
Ed è l’intera persona del credente che viene avvolta e condotta dalla fede di Gesù. Qui preciso che mi piace di più l’espressione “fede di Gesù”, come è alla lettera, piuttosto che la versione italiana “fede in Gesù”, perchè si tratta non solo della fede in Lui, ma della sua stessa fede! Ebbene, l’obiettivo del cammino della fede di Gesù è quello di essere “trovati in lui”! Un’esperienza vitale, dunque, e radicale, coinvolgente tutta la persona e tutta la storia. Tale nuova condizione esistenziale è definita e descritta da una “giustizia” assolutamente nuova e alternativa: non la giustizia “derivante dalla Legge, ma quella che viene dalla fede di Gesù, la fede che viene da Dio, basata sulla fede”. Questa giustizia nuova non è il frutto delle mie opere compiute secondo i precetti della Legge, ma è il dono della fede stessa di Gesù, che trasforma e guida l’esistenza del credente. La giustizia non come esecuzione del precetto, ma come dono della vita nuova da parte del Signore.
L’esperienza e la vicenda della fede ha il suo cuore e il suo apice nella Pasqua di Gesù, e quindi nel dono di “conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la comunione alle sue sofferenze” che rende ciascuno “conforme alla sua morte, nella speranza di giungere alla risurrezione dai morti”. Così i vers.10-11.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.