1 Salito su una barca, passò all’altra riva e giunse nella sua città. 2 Ed ecco, gli portavano un paralitico disteso su un letto. Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: «Coraggio, figlio, ti sono perdonati i peccati». 3 Allora alcuni scribi dissero fra sé: «Costui bestemmia». 4 Ma Gesù, conoscendo i loro pensieri, disse: «Perché pensate cose malvagie nel vostro cuore? 5 Che cosa infatti è più facile: dire “Ti sono perdonati i peccati”, oppure dire “Àlzati e cammina”? 6 Ma, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di perdonare i peccati: Àlzati – disse allora al paralitico –, prendi il tuo letto e va’ a casa tua». 7 Ed egli si alzò e andò a casa sua. 8 Le folle, vedendo questo, furono prese da timore e resero gloria a Dio che aveva dato un tale potere agli uomini.

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‘Coraggio, figlio, ti sono perdonati i peccati’. Che bell’inizio di conversazione che Gesù oggi rivolge al paralitico.
Prima di entrare nelle questioni della malattia e delle polemiche degli scribi inizia perdonando subito l’uomo malato.
Possiamo così alzarci e tornare nelle nostre case con grande gratitudine..siamo sanati e salvi.
“Il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati” (Mt 9,6). Gesù afferma per l’unica volta il “perché” dei suoi miracoli: sono un segno per mostrare sulla terra il potere di Dio, quello di perdonare i peccati. Peccare è fallire il bersaglio, non raggiungere il proprio fine. Ogni nostro male è un «suo» fallimento, di cui soffre. Come i genitori con i figli, lui si mette in questione se noi stiamo male o sbagliamo. L’amore infatti non accampa diritti: riconosce i bisogni dell’amato come diritti suoi e doveri propri. Gesù, il Figlio che conosce il Padre, «deve» dare la vita per questo mondo di peccato: è venuto sulla terra per portare ai fratelli nel suo perdono quello del Padre.
Gesù perdona i peccati: è una bestemmia. Gesù si fa uguale a Dio, l’unico che perdona. E per di più senza condizioni: non ci perdona perché siamo convertiti, ma possiamo convertirci a lui perché lui per primo si converte a noi – anzi, con mitezza somma, si addossa la colpa di averci abbandonati e ci chiede scusa (cf. Is 54,7-10). Gesù, il Figlio dell’uomo, invece di giudicare assolve, invece di condannare perdona, invece di punire espia per gli altri. Proprio per questo sarà giudicato, condannato e giustiziato sulla croce, da dove tutti ci assolve, perdona e libera. Solo così rivela sulla terra il potere di Dio. La legge giustamente condanna le trasgressioni; ma il Vangelo ci presenta una «giustizia superiore» (5,20), che è quella del Padre che fa piovere la sua pioggia ovvero la sua benedizione su tutti i suoi figli, cattivi o buoni che siano (5,45).
I miracoli rifanno l’uomo nuovo (8,1-4: il lebbroso), vengono dalla fede (8,5-13: il centurione), conducono al servizio (8,14s: la suocera), hanno la loro fonte nel «Servo» (8,17) che dorme e si risveglia per vincere la nostra paura della morte (8,23-27: la tempesta sedata), affogando il male che con essa ci tiene schiavi per tutta la vita (8,28-34: l’esorcismo). Ora il Vangelo mostra come la vita nuova è essenzialmente perdono: la legge ci crocifigge al nostro male, il perdono ci risveglia e incammina verso casa. Perdonare è miracolo più grande che risuscitare un morto. Lazzaro, una volta risuscitato, morirà ancora. Perdonare invece è nascere e far nascere a vita immortale, la stessa di Dio, che è amore ricevuto e accordato senza condizioni. Il perdono è l’esperienza di un amore più grande di ogni male; esso rivela insieme l’identità di Dio, che ama.
“Vista la loro fede” (Mt 9,2). Non sappiamo se anche il paralitico, oltre ai quattro amici barellieri, avesse la fede, ma questa è la missione di ogni battezzato, portare il mondo malato di fronte a Cristo Signore della vita. La fede indica la fiducia che porta a non scoraggiarsi e a superare ogni difficoltà (nel parallelo di Marco 2 i soccorritori scoperchiano il tetto a causa della folla). La fede non è la causa del miracolo, ma la sua condizione di possibilità. Tutti siamo dunque un po’ paralitici, tutti un po’ portatori. Chi è portato davanti a Gesù porta in questa maniera anche gli amici portatori e viceversa. Infine il comando: “Alzati, prendi il tuo lettuccio e va a casa tua” (v. 6). Il verbo è quello della resurrezione (alzati, sorgi!), poi il comando assurdo di portare con sé il lettuccio (perché non lasciarlo lì?). Il Signore invitava ad avere in casa un “memoriale” della sua guarigione? Il lettuccio da strumento di umiliazione diventa, nella casa del paralitico guarito un oggetto che ricorda l’incontro concreto col Signore?
Il caso (o la provvidenza?!) ha voluto che proprio oggi andassi nella “sua città” a Cafarnao… per una visita insieme a degli amici. Quindi più commenti vi riporto l’emozione di leggere il nostro brano del vangelo proprio sopra la casa di Pietro e pregare per tutti noi che amiamo seguire la lectio giorno per giorno.
Racconto più sobrio rispetto a quello degli altri evangelisti. Gesù fa precedere la guarigione dell’anima a quella del corpo. E’ tutto l’uomo, spirito e corpo, ad essere salvato. Non è ‘automatico’ il rapporto tra peccato e malattia, come è detto a proposito del cieco nato ( Gv 9) ma il Signore ha preso su di sè, Lui senza peccato, tutte le infermità . E’ la fede, che Gesù ‘ vede’ a muovere tutto. La fede di chi porta e forse anche quella di chi si lascia portare.
Gli scribi dicono in se stessi, non apertamente e l’accusa è di ‘bestemmia’ ( cfr Mc 2, 7) perchè rimettere i peccati è solo di Dio.
Gesù chiede se sia più ‘facile’ guarire la malattia o rimettere i peccati. L’aggettivo tradotto con ‘facile’ porta in se’ il termine che indica la fatica (kopos), e quello che indica ‘bene’: quindi una fatica buona, che è quella della carità. ( I Tess 1,3: l’apostolo ricorda ‘l’opera della fede e la fatica della carità ‘ dei fedeli di Tessalonica).
Gesù, il ‘figlio dell’uomo’ ha il potere divino di rimettere i peccati e questo potere è trasmesso agli apostoli e alla Chiesa che accoglie nel suo nome tutti i’ malati’ e ‘peccatori’ che hanno bisogno di essere salvati. A partire dalle nostre debolezze possiamo essere tentati di nasconderci, ma niente rimane nascosto al Signore e la sua parola è come spada che penetra nell’intimo e tutto è nudo davanti a Lui ( cfr Eb 4, 13). Egli riconosce noi suoi figli nella piccolezza e dice a noi . ‘Coraggio!’. il coraggio è della fede con cui non possiamo offrire al Signore altro che la nostra povertà.
Nel brano letto dal libro dell’Apocalisse c’è un onore dato al potere della bestia, onore che non porta al rendimento di grazie e di lode ma all’asservimento- Invece la folla esprime il santo timore e manifesta la meraviglia del riconoscere la mano di Dio a cui solo è dovuta la gloria.