26 Se dunque vi diranno: “Ecco, è nel deserto”, non andateci; “Ecco, è in casa”, non credeteci. 27 Infatti, come la folgore viene da oriente e brilla fino a occidente, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. 28 Dovunque sia il cadavere, lì si raduneranno gli avvoltoi. 29 Subito dopo la tribolazione di quei giorni, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze dei cieli saranno sconvolte. 30 Allora comparirà in cielo il segno del Figlio dell’uomo e allora si batteranno il petto tutte le tribù della terra, e vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi del cielo con grande potenza e gloria. 31 Egli manderà i suoi angeli, con una grande tromba, ed essi raduneranno i suoi eletti dai quattro venti, da un estremo all’altro dei cieli.
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Mi capita non poche volte di osservare come la presenza del Signnore in mezzo a noi e nei nostri cuori non abbia bisogno di speciali collocazioni e indicazioni, ma si manifesti con evidenza straordinaria. Una straordinarietà che i vers.27-28 amano descrivere con l’immagine dell’ordinarietà di fatti naturali ed evidenti: la luce di una folgore che riempie tutto il firmamento o il radunarsi degli avvoltoi intorno ad una carne di cui nutrirsi. La sua presenza non è nè lontana, nel deserto, nè vicina, ma nei nostri cuori.
Il dono della sua presenza mette in evidenza come tutto sia “segno” di Lui e nulla possa quindi imporsi con una sua grandezza. Nel sole, nella luna e nelle stelle possiamo cogliere, oltre ai grandi astri del cielo, anche le grandi “glorie” della vicenda umana: nessuna di esse può sedurci. Davanti a Lui ogni sole si oscura, ogni luna si spegne, ogni stella cade dal cielo e ogni potenza viene sconvolta. Dal Cantico dei tre fanciulli di Daniele3 al Cantico delle creature di Francesco d’Assisi la fede ebraico-cristiana non adora le creature ma le ammira e le ama come segni e luoghi della bellezza e della bontà di Dio che esse, nella fede dell’uomo, onorano e glorificano.
La presenza luminosa di Gesù chiama tutta l’umanità (tutte le tribù della terra) alla conversione a Lui (si batteranno il petto e vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi). E’ l’ora del giudizio finale per la salvezza del mondo. Così il ver.31.
Ma a questo punto una domanda s’impone. Come mai io dico al verbo presente quello che il nostro testo dice al futuro? Perchè la fede è il dono della storia della salvezza nel suo compiersi e nella sua pienezza. Si potrebbe dire, con espressione non elegante, che i cristiani dovrebbero essere “le persone del futuro” nella fatica e nella speranza della condizione dell’oggi. Se i discepoli di Gesù vivono il suo Vangelo, annunciano nella loro vita l’esito finale della storia dell’umanità e del cosmo.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Bella l’immagine della folgore che lampeggia nel cielo da oriente a occidente ed efficace l’immagine degli avvoltoi che si raccolgono dove è presente un cadavere. Così, senza possibilità di errore, gli eletti si raccoglieranno attorno al “segno del Figlio dell’uomo”. Secondo i Padri – dice la Bibbia di Ger. – tale segno sarebbe la croce di Cristo; oppure potrebbe essere Lui stesso. E’ certo, però, che non è nel segno di una venuta trionfale, non è la venuta di un messia potente…; è quella del Figlio dell’uomo, colui che realizza appieno l’umanità attraverso il dono della sua vita, la piena solidarietà con gli uomini e le loro vicende.