18 Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. 19 Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. 20 Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, 21 ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. 22 Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. 23 Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno».
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Si sente sempre dire che la Parola che oggi il Signore dona alla nostra preghiera e alla nostra vita sia la “spiegazione” della parabola del seminatore. E la precedente traduzione italiana favoriva questo traducendo il ver.18: “Voi dunque la parabola…”. Invece il testo propriamente dice “ascoltate la parabola del seminatore”. Quasi un invito a riascoltare o ad ascoltare con più profondità, o ad ascoltare in una luce ulteriore. L’affermazione è interessante perchè ricorda che proprio il continuo ritorno all’ascolto è la via semplice lungo la quale il Signore ci porta a luci sempre più profonde della sua Parola. E’ come se quell’ “ascoltate” ci invitasse ad un ascolto nuovo di questa Parola antica e sempre nuova! E il “voi, dunque” che apre il versetto sottolinea l’elezione divina che è la porta e la via maestra per entrare sempre e sempre più nel dono di Dio.
E’ difficile trarre un preciso insegnamento morale dal nostro testo. E’ difficile cogliere il “peccato” di chi non porta frutto e il “merito” di chi lo porta. C’è forse solo un verbo che in questo senso è significativo: il verbo reso in italiano con “comprendere”, presente al ver.19 e ripreso al ver.23. E’ un verbo interessante perchè descrive la “comprensione” come un atteggiamento concreto dell’ascoltatore. Alla lettera il termine significa “essere, stare con”, e nel suo significato più antico dice un “raccogliere, mettere insieme”. A me resta chiaro che anche questo stare e mettere insieme è sempre dono di Dio. Tuttavia se ne può trarre un’indicazione preziosa per il nostro rapporto con la Parola, per la quale la grande tradizione ci chiede di ritornare incessantemente ad essa con la serena fiducia che il Signore ci porterà sempre più dentro al suo più profondo significato.
Per il resto, a me pare si tratti semplicemente di una nuova, ulteriore, “lettura” della parabola, e quindi della grande vicenda della Parola di Dio nella storia. Mi sembra difficile che qualcuno possa disporsi ad essere una “terra buona” che faccia fruttificare il seme, e che il frutto possa quindi dipendere dal suo sforzo morale. Quando tale frutto ci fosse, ancora e ancor di più dovrà dire che è dono del Signore.
Piuttosto mi faccio un’altra ipotesi, ed è quella che si possa riferire ad ogni persona e ad ogni comunità cristiana tutte le diverse eventualità prospettate dal nostro testo. Mi sembra cioè che ognuno e appunto ogni chiesa, o famiglia, o gruppo…possa conoscere – ed è bene che così sia – ognuna delle eventualità come sua propria. Come condizioni diverse in cui si è venuta a trovare – o si può trovare – ogni persona e comunità che ascolti la Parola proprio come la terra riceve il seme gettato dal seminatore. In questo senso il nostro testo è un prezioso documento dell’esperienza concreta del singolo e della comunità. Ed è l’indicazione acutissima delle alterne vicende, dei pericoli più gravi e dei maggiori ostacoli che il viaggio della Parola incontra nella storia. Allora mi sembra più semplice e diretto poter considerare le vicende passate e guardare con attenzione appassionata al momento che si sta vivendo, alle sue opportunità e alle sue prove per il futuro. E per considerare quello che Gesù ci avverte essere più pericoloso e quello che invece può favorire in noi l’accoglienza del Vangelo.
Riprendo ancora per un momento quello che dicevo a proposito del significato del verbo “comprendere”, per dire che considero grazia e privilegio il poter ogni giorno “stare con” il Signore del Vangelo e con il Vangelo del Signore. Per poter ogni giorno “raccogliere e mettere insieme” la Parola che sto ascoltando con tutte le altre Parole che Dio ci ha donato e ci dona, scritte e custodite nella Santa Scrittura, e giunte a noi attraverso la fedele Tradizione della Chiesa e dei suoi Santi.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Che bella conclusione: il cento, il sessanta, il trenta per cento…! E’ sempre, comunque, un grande frutto delle nostre vite, dovuto esclusivamente – come insiste don Giovanni – al regalo di Dio, a quel seme distribuito senza limiti, senza misura, con gesto “troppo” generoso. Ma Lui è fatto così… – Approfitto di questa rara occasione di partecipare al commento, per fare a tutti, e in particolare al nostro “paziente” e convalescente, auguri affettuosi.
Le parole “Quello che è stato seminato …” più volte ripetute nel testo, di oggi ricorda la domanda che Dio rivolge ad Adamo dopo il suo peccato: “Dove sei?”. Anche oggi questa domanda risuona: Dove sei? Sulla strada, sulla pietra, tra le spine, nel terreno buono? Perché noi tutti siamo della generazione di Adamo, perciò per la nostra natura ferita, ci siamo tutti allontanati dal terreno buono e siamo tutti in un terreno non buono. Così infatti comprende bene Paolo quando citando il salmo … dice “Tutti hanno traviato e si son pervertiti; non c’ è chi compia il bene, non ce n’ è neppure uno.” (Rom 3:12). Dunque nelle parole di oggi c’è un invito a considerare la novità che è entrata nel nostro mondo. Se dopo il peccato di Adamo il Qoelet poteva direte giustamente – come ascolteremo domenica prossima – “tutto è vanità – le parole di Gesù di oggi ci spingono allo stupore e al ringraziamento, perché c’è di nuovo un terreno buono dove noi possiamo venire posti !! Per vedere poi come poi sia possibile accostare le parole di oggi a quanto il profeta Isaia dice nel cap. 55:11 “la parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ ho mandata” dobbiamo considerare che se è pur vero che ci sono tre terreni in cui il seme non giunge a dare frutto, è anche vero che c’è sempre anche un terreno buono dove il raccolto è super abbondante!! Queste sono parole di promesse buone, che ci dicono che la salvezza e il Regno di Dio è giunto è dentro di noi e tra di noi, e che lo Spirito di Dio è stato riversato nei nostri cuori e nella nostra storia. Portare frutto è possibile per l’ascolto della parola di Gesù ascoltare e comprenderla, per un cammino buono di conversione personale e comunitario. Dio seminando con abbondanza, vuole che tutti ascoltiamo. L’invito è alla costanza nell’ascolto. Poi la comprensione e la conversione sono un frutto che pian piano matura da questo ascolto, e sono anch’esse un dono di Dio. Lui sa come rendere buono il terreno e sa anche “potarci e lavorarci” perché siamo sempre più conformi all’immagine del suo Figlio Gesù. Continuare ad ascoltare sapendo che questo è il fondamento della nostra esistenza, ed essere perseveranti ogni giorno. E’ soprattutto di Matteo questa sottolineatura della necessità della comprensione della parola perché ci sia un buon raccolto per Dio. Peraltro la difficoltà a comprendere è una caratteristica dei discepoli di Gesù per tutto il corso del Vangelo. E Gesù risorto dovrà “aprire la mente dei discepoli alla conoscenza delle Scritture” a riconoscere che tutte le Scritture parlano di Lui, e di noi in Lui e di Lui in noi. Questo è forse il cuore della spiegazione della parabola: il dono della parola e il dono della presenza di Gesù in noi. Non una casa vuota, né una “strada” dove viene il maligno e porta via ciò che c’è; non una pietra, dove non penetra la “radice” del seme buono, la “radice di Iesse” Gesù; non solo delle spine, dove tutti in realtà siamo: i poveri “preoccupati e tribolati”, e i ricchi “sedotti dalle ricchezze”, ma l’incontro, nella nostra povera terra, del seme buono della Parola con la persona viva di Gesù, che come consideravamo ieri è il mistero nascosto per secoli e rivelato ultimamente nel Vangelo a tutti gli uomini: “Cristo in noi, speranza della gloria”.