43 Quando lo spirito impuro esce dall’uomo, si aggira per luoghi deserti cercando sollievo, ma non ne trova. 44 Allora dice: “Ritornerò nella mia casa, da cui sono uscito”. E, venuto, la trova vuota, spazzata e adorna. 45 Allora va, prende con sé altri sette spiriti peggiori di lui, vi entrano e vi prendono dimora; e l’ultima condizione di quell’uomo diventa peggiore della prima. Così avverrà anche a questa generazione malvagia».
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Segnalo una parola che ci potrà aiutare ad entrare in quello che oggi il Signore ci regala: “sollievo” dice qui il ver.43. Il termine indica il “riposo”. L’abbiamo già incontrato in Mt.11,28-29, dove la versione italiana sceglie la parola “ristoro”. Potete tener conto del rapporto tra questi due testi! Là era la promessa di Gesù, che offriva questo riposo a chi andava a Lui e prendeva su di sè il suo giogo leggero. Qui è il “riposo” che lo spirito impuro, una volta uscito dall’uomo per l’azione salvifica del Signore, non riesce a trovare. Si tratta quindi di una situazione visitata dalla potenza buona di Gesù. Per questo ci stupisce l’affermazione dello spirito impuro: “Ritornerò nella “mia casa…”. Lo spirito impuro considera “casa sua” l’uomo dal quale il Signore del Vangelo lo ha scacciato! L’uomo è “naturalmente buono”? No! L’uomo “naturale, per la rivelazione ebraico-cristiana è “naturalmente” non cattivo, ma prigioniero dello spirito cattivo. Accenno solo ad un punto fondamentale della dialettica tra la concezione biblica e il pensiero classico occidentale, che ha avuto nella filosofia moderna, con l’illuminismo, la sua matura riflessione che ha guidato tutto il pensiero moderno. Perdonate se vi faccio perdere tempo con queste mie banali considerazioni, che peraltro considero in se stesse, al di là di come le esprimo, di rilievo e di conseguenze di grande spessore. Per l’ebraismo e il cristianesimo l’uomo è libero se e perchè è stato liberato. Altrimenti è prigioniero dello “spirito impuro” che si considera nell’uomo come a casa sua.
Vi consiglio qui di non lasciarvi prendere dalle obiezioni tipiche del nostro pensiero più immediato: che cosa è questa storia di spiriti, e magari di diavoli? L’affermazione biblica è che l’uomo è prigioniero di un Male che lo tiene prigioniero. Non è cattivo, ma è prigioniero di questo Male. Tutta la storia della salvezza custodita nelle Scritture è la storia di questa grande “liberazione” dal male e dalla morte. Il cristiano, dice un nostro vescovo del passato, non è un “libero”, ma un “liberto”, come nel mondo antico veniva chiamato lo schiavo liberato e restituito alla libertà. Quando una mamma e un papà aiutano il loro bambino a perdonare o a rinunciare al suo istinto di violenza, cooperano all’azione divina di liberazione, liberando il loro piccolo da un istinto “naturale” di possesso e di violenza. La “liberazione” è elemento e termine fondamentale della rivelazione e della fede ebraico-cristiana.
La conseguenza di ciò, insieme a tanti elementi positivi e luminosi, è inevitabilmente una condizione di “fragilità” dell’esperienza cristiana. Una condizione “insidiata”. L’umiltà e la mitezza sono le grandi indicazioni che Papa Giovanni dava a se stesso prima che agli altri, per la custodia del dono di Dio. Altrimenti, dice oggi Gesù, “l’ultima condizione di quell’uomo diventa peggiore della prima”(ver.45). Quasi per dire che un cristianesimo degradato e tradito è condizione di vita ben più negativa di un ateismo o di un agnosticismo non ancora visitato dal dono di Dio, e seriamente fedele al suo canone di pensiero e di comportamento. Il brano si conclude con il riferimento a “questa generazione malvagia”, e cioè a chi si è incontrato con il Signore del Vangelo, ma lo ha respinto preferendo ritornare nella prigione della sua idolatria, o meglio della sua auto-idolatria. E anche questo, però, il nostro testo non lo afferma tanto come “peccato” dell’uomo, quanto come forte determinazione di quello “spirito impuro”: “Ritornerò nella mia casa, da cui sono uscito”.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
La parabola dello spirito immondo cacciato via dall’uomo, e che poi fa ritorno a quella sua “abitazione” ci esorta a una grande umiltà, alla luce anche di quello che abbiamo ascoltato la settimana scorsa in questo stesso cap. Sembra che questo “spirito immondo” trovi riposo solo nell’uomo. E sembra che questo uomo non possa fare niente contro questo spirito e i suoi sette più cattivi di lui.
Questa casa viene trovata “spazzata e adorna”, con un apparente ordine e confidenza nella legge e nella propria giustizia, come abbiamo visto essere la bellezza e la gloria esterna, ambita dai farisei, “generazione perversa”.
L’invito umile è a non pensare di essere più forti di quello spirito malvagio. E’ l’invito ad avere sempre il timore di Dio, che ci ha chiamato per grazia ad essere parte della sua famiglia (come ci dicono i vv. 46-50), sia dal popolo ebreo, che anche di tra i pagani, e ci ha tutti innestati sulla radice santa – Gesù – che porta tutti al frutto buono per Dio.
L’opera che Gesù è venuto a fare e quella che abbiamo letto nei v. precedenti: legare colui che è forte, e poi prendere tutti i beni della sua casa come bottino. Se non c’è questa opera preliminare: “legare” tutto il resto è inutile o dannoso. Anche se si osserva esternamente la legge, e si è persone religiose. Questa “casa vuota, adorna e spazzata” è il segno dei farisei, che tentano di osservare la Legge e vogliono avere una giustizia propria, che deriva dalla loro capacità di osservare i precetti.
L’esito nefasto di quella cura solo esterna per la “casa” è un esempio per la “generazione adultera e malvagia” dei farisei, che riceveranno ancora dei rimproveri severi da Gesù nel cap. 23.
Insieme a questo – peraltro – ci sembra di potere leggere il v. 45 anche come una profezia di ciò che accadrà (e che in questi giorni abbiamo letto nel libro di Apocalisse): è vero che spiriti cattivi si raduneranno contro questa generazione cattiva, fino ad uccidere il Messia Gesù, ma in questo troveranno la loro rovina definitiva.
A “questa generazione malvagia” non sarà dato alcun segno – leggevamo nei vv. precedenti – se non il segno della Pasqua di passione e risurrezione di Gesù. Il testo è un invito alla conversione, e alla fiducia nell’opera di redenzione della Pasqua di Gesù.
La notazione della casa trovata “vuota”, come prima ragione del nuovo assalto del maligno e della sua rioccupazione ci dice come sia importante che questa casa sia abitata dall’insegnamento di Gesù, dalla sua parola di vita, dal suo Spirito Santo. E prima ancora di dirci quello che deve essere il nostro impegno ad accogliere l’ospite divino perché la nostra persona non sia vuota, questi vv. ci dicono quale sia il desiderio di Dio e la possibilità che dona agli uomini: abitare in loro, in ciascuna persona Dio vuole trovare spazio, e occuparlo tutto. E leggendo questi vv. insieme alla buone parole di Efe 2:20 capiamo anche che “tutti insieme” poi veniamo edificati per essere dimora di Dio nello Spirito Santo.