1 In quel tempo Gesù passò, in giorno di sabato, fra campi di grano e i suoi discepoli ebbero fame e cominciarono a cogliere delle spighe e a mangiarle. 2 Vedendo ciò, i farisei gli dissero: «Ecco, i tuoi discepoli stanno facendo quello che non è lecito fare di sabato». 3 Ma egli rispose loro: «Non avete letto quello che fece Davide, quando lui e i suoi compagni ebbero fame? 4 Egli entrò nella casa di Dio e mangiarono i pani dell’offerta, che né a lui né ai suoi compagni era lecito mangiare, ma ai soli sacerdoti. 5 O non avete letto nella Legge che nei giorni di sabato i sacerdoti nel tempio vìolano il sabato e tuttavia sono senza colpa? 6 Ora io vi dico che qui vi è uno più grande del tempio. 7 Se aveste compreso che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrifici, non avreste condannato persone senza colpa. 8 Perché il Figlio dell’uomo è signore del sabato».

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PRIMA PARTE
Al cap.11 il Vangelo ci ha mostrato il grande incontro tra la profezia ebraica e il suo adempimento in Gesù. Come pure l’evento della predicazione evangelica, il dramma del non accoglimento della Parola e la predilezione divina per i piccoli, a partire da Gesù stesso, per rivolgersi a tutti coloro che, affaticati e stanchi per un cammino tanto arduo quanto infruttuoso, sono invitati ad entrare nella stessa piccolezza di Gesù, e nel mistero grande del suo giogo leggero.
Il cap.12 continua questa descrizione dell’avventura evangelica nella storia, affrontando il tema delle grandi tradizioni etico-religiose di Israele, e in particolare il significato profondo del sabato e del riposo sabbatico. La novità imposta da Gesù alle tradizioni e alle consuetudini provoca reazioni violente da parte del mondo giudaico ed è occasione per il Signore di ampliare l’orizzonte del suo annuncio del regno.
Nella Parola che oggi il Signore regala alla nostra preghiera e alla nostra vita, ritorna la citazione di Osea 6,6 che abbiamo già incontrata in Matteo 9,13 quando Gesù ha difeso il suo cenare con i pubblicani e i peccatori amici del suo discepolo Matteo. Nel sabato di cui oggi ascoltiamo, Gesù sta passando tra campi di grano, e la fame spinge i discepoli “a cogliere delle spighe e a mangiarle”. Ma la spigolatura è vietata dalla norma farisaica perchè equiparata alla mietitura e come tale proibita durante il riposo sabbatico.
Alla protesta dei farisei, Gesù risponde citando dalle Scritture un fatto storico e una consuetudine prevista dalla legislazione liturgica: si tratta di due “violazioni” del sabato che la tradizione non considera tali. La memoria storica, che vi sarà utile ricordare, è quella narrata in 1Samuele 21,2-7, quando il sacerdote concede a Davide e ai suoi compagni di nutrirsi di quel pane – “i pani dell’offerta” – che sono il segno del legame di fede e di adorazione di Israele che, come quei pani, sta sempre davanti al suo Signore. Ogni sabato i pani vengono rinnovati e quelli vecchi vengono consumati dai sacerdoti con un rito liturgico apposito. Ma in quel caso la fame delle persone ha provocato una eccezione all’usanza liturgica. E Gesù ricorda pure che proprio i sacerdoti che consumano quei pani non violano il sabato pur compiendo un’azione che di per sè non sarebbe lecita.
E sono queste citazioni che portano Gesù a ricordare ancora il versetto di Osea 6,6 “Misericordia io voglio e non sacrifici”.
SEGUE
SECONDA PARTE
Noi ne abbiamo già parlato, ma il fatto che oggi, dopo un nuovo tratto di strada che Gesù ci ha fatto percorrere dietro a Lui nella potenza della sua Parola, la citazione si ripresenti, mi spinge a proporre una tesi più radicale e più globale. Qual’è il significato e la sostanza di quel versetto di Osea? Come dicono le note delle nostre bibbie non si tratta di un rifiuto dei sacrifici rituali. Ma ben di più! Vi faccio una proposta molto impegnativa che come sempre dovete osservare con molta cautela e molti dubbi nei miei confronti. Io ritengo che la forza dell’affermazione “misericordia io voglio…”, sia per dire che ogni norma della Legge deve essere sempre interpretata come espressione, descrizione e incessante approfondimento dell’unica grande “norma” che spiega e giustifica tutto quello che Dio ha detto e ha fatto per il suo popolo, e cioè appunto la sua “misericordia”. Questa Parola di estremo rilievo in tutto il testo biblico esprime la fonte, la ragione e lo scopo di tutto: “l’Amore di Dio”, che è fonte, guida e fine di tutta la creazione e di tutta la storia. Ritengo quindi che qui il Signore si ponga nella prospettiva che chiarirà pienamente quando dirà che tutti i comandamenti si raccolgono nell’unico e duplice comandamento dell’Amore.
Quindi, anche e soprattutto la grande legislazione sabbatica, assolutamente centrale nella fede dei padri ebrei, la si deve cogliere come apice di rivelazione e di adempimento del mistero della misericordia divina. Il fine di tutto non è il sabato, ma è l’uomo che Dio colloca nel cuore della creazione e della storia come suo prediletto, e come ragione e scopo di tutto. Un adempimento solo liturgico-formale è pericolosamente esposto a deviazioni, fino al dramma della condanna di persone senza colpa (ver.7). Per questo Gesù è venuto anche come “Signore del Sabato”! Perchè solo Lui può portare a pienezza il significato dell’antica legislazione come preparazione e profezia del grande banchetto della salvezza e della pace che Dio vuole offrire all’intera umanità.
Per questo, la passeggiata di Gesù e dei suoi attraverso i campi di grano si trasforma per noi in un’immagine bellissima del banchetto eucaristico che con il suo sacrificio d’amore Gesù prepara e consegna alla sua Chiesa come offerta da portare a tutta l’umanità.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Quel grano, cibo gratuito, trovato per caso, strappato per saziare la fame può rimandare a Gesù stesso, pane di vita, che si offre gratuitamente alla nostra fame di vita?
Bella l’affermazione di Gesù che si dichiara: più grande del tempio. Il tempio per un Israelita era tutto; Gesù è di più di tutto!
In questo dibattito tra i farisei e Gesù sull’osservanza del riposo sabbatico vediamo un testo nuziale, collegato a quello che Gesù aveva già insegnato a proposito del digiuno: “Possono forse digiunare gli invitati alle nozze quando lo sposo è con loro?”. E la sottolineatura della prevalenza della misericordia sui sacrifici deriva proprio dalla presenza del Signore Gesù, che è “Signore del sabato” insieme ai suoi discepoli. Ciò che è richiesto ora è che tutti, come Giovanni Battista, amico dello sposo, gioiscano per la presenza dello sposo, e accettino di diminuire (insieme alle prescrizioni antiche) perché Lui, lo sposo cresca nei cuori e nell’affetto degli uomini.
Dall’inizio del vangelo infatti abbiamo visto che Gesù è Emanuele “Dio con noi”. E in quel campo di grano di sabato Gesù “è Dio con” i suoi discepoli, come Davide “insieme ai” suoi compagni mangia lecitamente quei pani che non gli era consentito mangiare. Gesù è lo sposo con noi; lui mangia con i peccatori, e li giustifica con la sua presenza con loro.
E il secondo esempio, sui sacerdoti che nel tempio “lavorano” di sabato più che negli altri giorni per offrire i sacrifici prescritti, non sono colpevoli, è ancora un insegnamento sull’amore di Dio. Qui, con i piccoli discepoli, c’è qualcuno “più grande del tempio”. Ciò che è più grande del tempio e dei suoi legittimi sacrifici offerti di sabato, ma ormai superati, è la misericordia che Dio vuole più del sacrificio; e colui che è più grande del tempio è Gesù che ci mostra il vero volto di Dio misericordioso.
Il Signore aveva invitato i suoi discepoli a un grande affidamento alla provvidenza di Dio comandando loro alla fine del cap. 6 di “cercare prima il regno di Dio e tutte le cose necessarie (cibo, vestito) verranno loro date in abbondanza dal padre del cielo”. Ora i discepoli passano tra il grano è hanno fame. Il comando di non affannarsi per il cibo lo mettono in pratica ricevendo nel giorno del Signore il frumento da Lui. Se – come i farisei – diciamo che c’è una legge che impedisce ai discepoli di fare ciò, riproponiamo quella preoccupazione che il Signore comanda di non avere. Se il dovere primo è quello di cercare il regno di Dio, non è possibile accettare una legge che vi pone degli impedimenti. Dobbiamo dunque vivere quella condizione che il Padre ha voluto per noi: quella della misericordia che prevale sul sacrificio, che ci permette di cercare prima il Regno, di seguire il Signore là dove è. Altrimenti poniamo inutilmente ostacoli che non aiutano gli uomini.
L’insegnamento di Gesù ai farisei li invita (e noi con loro) oggi a fare tre passi verso la misericordia di Dio. Per due volte, chiedendo loro: “Non avete letto…?” insinua che la loro lettura delle Scritture va corretta per scoprire che essa parla non solo di Davide e dei sacerdoti e delle prescrizioni, ma, come con esempi, parla con simpatia delle persone contemporanee lì presenti. Il secondo passo che vuole far fare loro è il riconoscimento che il cuore dell’annuncio delle Scritture è la misericordia e non i sacrifici e le leggi che li regolamentano. Infine, terzo passo, è questo applicare ai suoi piccoli discepoli le vicende che riguardano il grande re Davide e i suoi compagni, o i sacerdoti nel tempio. Questa necessità di onorare gli uomini, i piccoli discepoli di Gesù, perché sono con Colui che è Signore del sabato, è partecipazione alla misericordia di Dio, che Lui vuole più dei sacrifici.
I discepoli di Gesù sono da Lui dichiarati “uomini senza colpa” seppure abbiano infranto – secondo la interpretazione farisaica della Scrittura – la legge del sabato, perché sono con Lui e da Lui hanno imparato ad essere miti e umili di cuore, hanno preso il giogo soave del Signore, che è la misericordia e l’amore, e sono stati liberati dal giogo pesante e oppressivo della legge.