Ti scrivo come tuo confratello prete in diocesi di Milano. Leggo da anni la tua rubrica che mi è inviata da un amico che abita a Bologna. Voglio rendere pubblica una situazione che credo ormai ampiamente diffusa e per me molto delicata e dolorosa. Sono in vacanza con famiglie della mia parrocchia, sessanta persone circa, e mi sono reso conto che, pur in un ambiente particolarmente vicino alla comunità cristiana, se guardo ai bambini e ragazzi che sono con noi, sono in minoranza quelli che appartengono a nuclei famigliari “regolari”, cioè con papà e mamma sposati in chiesa e ancora conviventi. Non ne faccio un problema morale, ma solo una considerazione per la vita e la crescita di questi ragazzi e bambini. Non possiamo nasconderci le difficoltà e addirittura i drammi che accompagnano la vita di questi che saranno i protagonisti delle prossime generazioni. Chiudo con una domanda spregiudicata: meglio allora che non ci siano figli? Se tanto delicata e difficile deve essere la oro crescita. Ti auguro ogni bene e ti chiedo il ricordo nella tua Messa.
Fratello carissimo, il tuo messaggio mi trova in una situazione esterna del tutto simile alla tua. Sono in vacanza con famiglie. In questi giorni siamo stati visitatati anche dalla partenza per il cielo di una nostra anziana mamma, che era con noi insieme ad un fratello prete, e mamma anche di un altro prete, nostro carissimo fratello. Una donna straordinariamente forte, non credente dichiarata, che per i suoi tre figli ha speso la vita con un dono di grande amore. Vedova ancora giovane, ha lavorato e ha speso per loro la sua esistenza. Forse non credente, ma certamente fonte di tanta luce che ha condotto i figli a regalare la loro vita! Anch’io in questi giorni belli e delicati ho notato quello che tu mi segnali. La gran parte dei figli che in questi giorni sono con noi crescono in situazioni famigliari molto delicate! Ci troviamo davanti ad un volto della nostra società che, nella sua precarietà, coinvolge anche la comunità cristiana. Ti chiedi se dunque è meglio che non ci siano figli. Non riesco ad arrivare a questa conclusione, ma il mondo in cui viviamo ci interpella fortemente. È certo che queste nuove generazioni devono crescere in un orizzonte delicato e spesso anche doloroso. Penso che mi sia chiesto di “stare in mezzo a loro” con tutto il desiderio di renderli partecipi di quell’amore famigliare che Gesù è venuto a regalare a tutto il mondo. Spero, e speriamo, di poter offrire per loro ogni giorno e ogni gesto della nostra vita. Grazie a te e buona domenica a tutti.
Giovanni della Dozza.
Domenica 12 luglio 2015.