42 Chi scandalizza uno di questi piccoli che credono, meglio sarebbe per lui che gli passassero al collo una mola da asino e lo buttassero in mare. 43 Se la tua mano ti scandalizza, tagliala: è meglio per te entrare nella vita monco, che con due mani andare nella Geenna, nel fuoco inestinguibile. [ 44 ]. 45 Se il tuo piede ti scandalizza, taglialo: è meglio per te entrare nella vita zoppo, che esser gettato con due piedi nella Geenna. [ 46 ]. 47 Se il tuo occhio ti scandalizza, cavalo: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, che essere gettato con due occhi nella Geenna, 48 dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue. 49 Perché ciascuno sarà salato con il fuoco. 50 Buona cosa il sale; ma se il sale diventa senza sapore, con che cosa lo salerete? Abbiate sale in voi stessi e siate in pace gli uni con gli altri”.
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E’ importante il ver.42 perchè ci conferma riguardo al rapporto profondo tra fede e piccolezza. Avevamo già considerato in tutto questo capitolo tale legame. Ora esso viene esplicitato chiaramente! Il credente è sempre in certo modo un “piccolo”. Sia perchè la fede è fede in Dio che salva, e non in Dio che premia i bravi e i forti; e quindi l’esperienza della fede è sempre esperienza della salvezza. E sono i piccoli, i deboli, i poveri, i peccatori ad aver bisogno di essere salvati. Sia perchè la “piccolezza” diventa in qualche modo la fisionomia profonda e il respiro della vita del credente. Guai dunque a “scandalizzare” questi piccoli, aggredendoli con la violenza della mondanità e delle sue regole, e dei suoi riti, e delle sue leggi.
Il grande interesse dei vers.42-48 mi pare di coglierla in questa “scissione” tra la persona e il “piccolo credente” che è in lui. Ognuno di noi è chiamato a considerare la preziosità di questa “vita nuova” che ci è donata e che è dentro di noi. Questo mistero grande del Cristo in noi. La vita cristiana viene presentata allora come il rispetto e la cura di questo “uomo nuovo” che è in noi. Il male è l’aggredire il dono di Dio che è in noi con la nostra violenza mondana. Abbiamo ricevuto un regalo immenso, una vita nuova secondo Dio, un tesoro da custodire e da far crescere con attenzione amorosa. La nostra mano, il nostro piede, il nostro occhio, possono aggredire e fare del male al “piccolo credente” che è in noi. La vita morale, la quotidiana lotta contro il male, il sacrificio richiesto a noi nei confronti di noi stessi, tutto questo esprime il nostro desiderio e il nostro impegno a onorare la “presenza” del Signore in noi, poveretti, tanto fragili e tanto rozzi.
Sono portato a ricevere i vers.49-50 che concludono questo capitolo, in continuità con quanto abbiamo appena ascoltato e considerato. La nostra povera persona è stata visitata dal mistero di Dio, e destinata quindi ad un cammino di comunione con Gesù che è il grande donatore della vita nuova. Come Lui, anche noi siamo chiamati ad essere e a diventare un sacrificio d’amore in comunione con la grande offerta del Cristo al Padre nella pienezza dell’Amore. Il fuoco e il sale evocano tale sacrificio d’amore. Quella stessa nostra persona esposta al pericolo di “scandalizzare” il piccolo “Signore” che abita in ciascuno di noi, deve essere “salata” dal fuoco della vita nuova che è in noi, dal sale e dal fuoco dello Spirito accolto da noi nella nostra nuova vita. La cura e la custodia del dono di Dio significa dunque non trascurare tale dono, non permettere che esso s’indebolisca in noi, perdendo il suo sapore.
Il primo frutto di questo “sapore custodito” è il nostro volerci bene. E’ dunque quell’essere “in pace gli uni con gli altri” che conclude il cap.9.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.