33 Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». 34 Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. 35 Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti». 36 E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: 37 «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».
Seleziona Pagina
Attribuiamo un’importanza particolare alla domanda che Gesù rivolge ai discepoli quando giunge con loro a Cafarnao: “Di che cosa stavate discutendo per la strada?”(ver.33). Non è infatti una strada qualsiasi quella che stanno percorrendo. E non è “qualsiasi” il loro viaggio! Stanno andando a Gerusalemme per la Pasqua di morte e di gloria del Signore Gesù! Gesù ha appena annunciato tutto questo per la seconda volta. Ebbene, proprio in questa situazione, proprio per questa “strada”, essi “avevano discusso tra loro chi fosse più grande”!(ver.34). Credo opportuno qui affermare che non si tratta tanto e solo di un problema morale (sono superbi, rifiutano l’insegnamento e l’esempio di Gesù, non hanno capito niente…), ma di un dato molto più grave e profondo della condizione umana. Non va dimenticato che per la nostra fede ebraico-cristiana la sete del potere è il “peccato originale”, è la fonte, il principio di ogni peccato. Annunciando la sua passione e morte Gesù ha capovolto tutto questo! Dunque, in certo senso è “naturale” che “per la strada”, cioè nel cammnino dell’esistenza, si discuta su chi sia il più grande! Il Dio di Israele, il Padre di Gesù, è un “Dio” capovolto rispetto a tutte le concezioni religiose. Per questo anche noi siamo così esposti a ri-capovolgerlo, e a ricostruire un rigoroso sistema di potere mondano.
Quando al ver.35 Gesù dice: “Se uno vuol essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti”, ribadisce in modo diretto quello che ha annunciato di Sè. Di ciò, al ver.32, si diceva che i discepoli “non capivano queste parole”. Sono parole paradossali, e quanto più se dette da chi è stato riconosciuto come il Messia, il Cristo di Dio. Siamo sempre dentro al rifiuto di Pietro di Marco 8,31-33! Ora Gesù questo lo dilata da Sè a tutti: “Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo..”. E non ci si deve illudere nell’ipotesi di ritenere di non voler essere il primo! Il problema si porrà in ogni modo! La Pasqua di Gesù diventa allora, come pienezza della profezia ebraica, il volto nuovo della vita! Il fondamento di un’interpretazione radicalmente alternativa.
Ed ecco un segno prezioso che sarà ancora ripreso nel cammino verso Gerusalemme: un bambino. Gesù lo pone in mezzo a loro e lo abbraccia. Questo bambino è il segno di Lui, ed è il segno del Padre che lo ha mandato! Il bambino è il segno della piccolezza di Dio! Del suo farsi piccolo sino a Gesù, e a Gesù crocifisso tra i malfattori. Ma il verbo “accogliere” è di decisiva importanza. Dice esplicitamente un regalo offerto e ricevuto. Un dono. Non è qualcosa o qualcuno di cui ci si possa impadronire. E’ un piccolo bambino, ma è pur Lui che viene! Viene da Dio. Ed è Dio stesso! Questo esige quindi una ancor maggiore piccolezza da parte di chi lo accoglie. Tutto quello che ascolteremo nel seguito del Vangelo sarà illuminazione e dilatazione di questo.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni