14 Il re Erode sentì parlare di Gesù, poiché intanto il suo nome era diventato famoso. Si diceva: “Giovanni il Battista è risuscitato dai morti e per questo il potere dei miracoli opera in lui”. 15 Altri invece dicevano: “E’ Elia”; altri dicevano ancora: “E’ un profeta, come uno dei profeti”. 16 Ma Erode, al sentirne parlare, diceva: “Quel Giovanni che io ho fatto decapitare è risuscitato!”.
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La forte relazione tra il Battista e Gesù ci ha presi per mano all’inizio del Vangelo secondo Marco, al cap.1, sino alla memoria del Battesimo del Signore. Abbiamo poi ritrovato Giovanni attraverso i suoi discepoli quando in Mc.2,18-22 è stato posto da loro e dai farisei il tema del digiuno e Gesù ha risposto con il grande annuncio della festa nuziale per lo Sposo, e quindi l’impossibilità di digiunare in tali circostanze, appoggiando l’argomento con l’immagine del rattoppo di vecchio e nuovo, e della necessità di otri nuovi per il vino nuovo. Questo ci porta a considerare da una parte la relazione importante e irrinunciabile tra Gesù e l’ultimo profeta che ne prepara la venuta, e dall’altra lo stacco radicale tra le due figure, la novità assoluta che con Gesù Cristo si presenta alla storia di Israele e dell’umanità.
Nel nostro testo, l’incrocio tra le opinioni della gente e i pensieri di Erode – e forse la sua impaurita coscienza – mettono in risalto il tema della risurrezione:”Giovanni Battista è risuscitato dai morti…”(ver.14);”Quel Giovanni che io ho fatto decapitare è risuscitato”(ver.16). L’andamento del testo ci ha fatto ben comprendere che questi pensieri sono sbagliati, perchè colui che ora opera potentemente è proprio Gesù e non il Battista. E tuttavia ci invita a considerare la testimonianza del Battista – che nel testo successivo sarà accuratamente descritta – come potente sino a profetizzare la Pasqua di morte e risurrezione del nostro Signore. Giovanni dunque profeta, ma appunto attraverso anche la sua “celebrazione” della suprema opera del salvatore, la sua morte e risurrezione.
In questo modo Giovanni inaugura la “santità cristiana”, grande dono di Dio, come “presenza” della persona e dell’opera del Signore in coloro che con umile pienezza ne accolgono la Parola e lo Spirito.
Nello stesso tempo, la vicenda di Giovanni è glorificazione della storia della salvezza accolta, custodita e tramandata dai padri ebrei. Mi viene in mente quello che alla fine di Giovanni 10 la gente dice di Giovanni:”Giovanni non ha fatto nessun segno, ma tutto quello che Giovanni ha detto di costui (cioè di Gesù!) era vero”.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Da una parte, Erode sembra aver capito che c’è collegamento tra Giovanni Battista e Gesù, come anche la gente ha capito. Inoltre Erode capisce che la violenza non è l’ultima parola nella storia degli uomini (come la forza del drago dell’Apoc non è l’ultima parola): ha fatto decapitare Giovanni, ma ciò non ha messo fine alla sua testimonianza: “E’ risorto!”. Però Erode non può entrare nel mistero di Dio, così come viene rivelato in Gesù. Possiamo ricordare il Vangelo di domenica prossima (Mt 11:25-30): “Ti ringrazio Padre perchè hai nascosto il mistero della salvezza ai sapienti, e lo hai svelato ai piccoli”. Erode non può, almeno per ora, entrare in questo mistero. ,Leggeremo nel cap. 8 che Gesù chiede ai suoi discepoli: “Chi sono io?”. E lì Pietro risponderà: “Tu sei il Cristo”. Da quel momento, allora, Gesù comincia a parlare apertamente a loro della sua Pasqua (anche se i discepoli non capiranno). E al cap. 9, dopo la trasfigurazione, Gesù riprende il discorso su Giovanni. Alla domanda: “Perchè dicono che deve venire prima Elia?” Gesù risponde: “Si, è vero. E cosa è scritto del Figlio dell’uomo? Che deve patire molto e venire ucciso! Ma io vi dico che Elia è già venuto. Perciò Gesù mostrerà ai suoi discepoli che c’è un legame tra sè, Elia e Giovanni Battista; è un legame, una relazione, una somiglianza che Erode non può affatto capire. Non è una forza che viene mostrata, ma la passione e morte: Elia-Giovanni Battista ha mostrato che il Figlio dell’Uomo patirà e sarà disprezzato. Erode che si chiede, insieme alla gente, chi sia Gesù, e non riceve risposte esatte perchè non si pone in ascolto diretto di Lui, ci mostra come sia anche importante che facciamo silenzio e non diamo risposte precipitose a chi si pone domande su Gesù, e così, a partire dal Suo insegnamento, ascoltandolo, possano riconoscere che è Lui che li salva con la sua Pasqua.
L’Erode Antipa di cui si parla, è figlio di quell’Erode il Grande che regnava alla nascita di Gesù. Era tetrarca della Perea e della Galilea; Marco lo chiama re forse perché la gente attribuiva anche a lui questo titolo. – Chi è questo Gesù? Come si spiegano le sue opere potenti? Questo è l’interrogativo che qui sta a cuore a Marco. La risposta di Erode è il risultato della sua cattiva coscienza; le risposte del popolo attingono alla tradizione religiosa di Israele (Elia, il profeta atteso…). Nessuno prende in considerazione – nota un commentatore – che Dio stia intervenendo in maniera unica, che stia facendo in Gesù qualcosa di assolutamente nuovo.