13 Salì poi sul monte, chiamò a sé quelli che voleva ed essi andarono da lui. 14 Ne costituì Dodici – che chiamò apostoli –, perché stessero con lui e per mandarli a predicare 15 con il potere di scacciare i demòni. 16 Costituì dunque i Dodici: Simone, al quale impose il nome di Pietro, 17 poi Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni fratello di Giacomo, ai quali diede il nome di Boanèrghes, cioè «figli del tuono»; 18 e Andrea, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo, figlio di Alfeo, Taddeo, Simone il Cananeo 19 e Giuda Iscariota, il quale poi lo tradì.

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PRIMA PARTE
La Parola che oggi il Signore regala alla nostra preghiera e alla nostra vita è molto importante perchè Marco, con più semplicità e più incisività degli altri Evangelisti delinea il cammino essenziale della fede e della missione del discepolo. Se il ver.13 possiamo attribuirlo ad ogni persona chiamata da Gesù, i vers.14-15 si riferiscono alla chiamata dei Dodici. Tuttavia, credo che nella sostanza questa sia la vicenda e sia la missione di ogni esistenza cristiana. Colgo l’occasione per ricordare con voi che ogni dono di Dio non è mai chiuso in se stesso, ma è dato dal Signore perchè sia in qualche modo partecipato a tutto il popolo. Questa è la condizione perchè la diversità dei doni e dei compiti non sia principio di conflitto, ma al contrario sia potenza di edificazione della comunione nella varietà dei doni stessi.
Amo molto l’espressione del ver.13 “chiamò a sè quelli che voleva”. Non bisogna oscurare e deviare il senso profondo dell’affermazione, con il pensare che quindi ci sono anche i “non chiamati”, quelli che Lui non vuole chiamare. E’ importante invece sottolineare che questa Parola è indirizzata e dedicata a chi l’ascolta in questo momento o in ogni altro tempo. Tu che l’ascolti e che ne sei reso partecipe devi essere consapevole che tale evento di salvezza della tua vita non è provocato da te o da te ottenuto per qualche tuo merito, ma è puro dono della volontà del Signore. Del tuo fratello non puoi sapere il cammino che il Signore sta facendo in lui e per lui. Nè quindi mai puoi dire che il Signore non vuole chiamarlo! Puoi invece cogliere con attenzione appassionata i segni della presenza e dell’azione divina nella sua vita! Constatassimo alla fine che tutti sono stati chiamati, dovremmo ugualmente pensare no na un “fenomeno generale”, ma alla preziosità di un dono strettamente personale che Dio ha voluto fare a tutti gli uomini e le donne della terra.
Il verbo “costituì” del ver.14 esprime l’elezione divina, che non si smentisce nel mistero della sua gratuità, anche quando, come per la vicenda di Giuda, sembrasse essere negata e tradita. In termini molto essenziali descrive il volto profondo e il senso di tale chiamata: “perchè stessero con Lui, e per mandarli a predicare con il potere di scacciare i demoni”. Dunque ecco le tre note forti dell’esperienza del discepolo – come dicevamo, a partire dal compito precipuo degli Apostoli – e quindi il volto essenziale della vocazione cristiana: stare con Gesù, predicare il Vangelo, scacciare i demoni.
SECONDA PARTE
Stare con Gesù. Se qualcuno vi chiedesse qual’è secondo voi il significato profondo della vita cristiana, rispondete con semplicità: è stare con Gesù! Da Lui generati alla vita nuova, guidati dal suo Spirito, nutriti dalla sua Parola, perdonati dalla sua misericordia, ammoniti dal suo insegnamento, consolati dalla sua speranza, in comunione con la sua morte e la sua risurrezione, chiamati a cogliere e a vivere il comandamento dell’amore e a riconoscere Lui nei nostri fratelli più piccoli, più poveri, più lontani…
Mandati a predicare. Anche questo è, a livelli diversi e con diversi doni e diverse responsabilità, compito e obbedienza di ogni discepolo di Gesù. Ogni vita cristiana è chiamata a proclamare il mistero di Gesù, la sua presenza e la sua potenza nella storia di ogni persona e di tutta l’umanità…Una predicazione attuata con la Parola, con il segno dell’amore, con l’offerta della nostra umile vita, con la gioia e la riconoscenza poer il dono ricevuto, con la partecipazione appassionata alla vicenda, al dolore e alla speranza di ogni esistenza e di ogni vicenda…
Il potere di scacciare i demoni. L’espressione potrebbe generare in noi qualche imbarazzo. Ma non è difficile accorgersi che ogni vita umana conosce la violenza e la tristezza della prigionìa del male. Non possiamo qui entrare in un tema immenso come quello del male. Basta tener fermo che ogni nostra “cattiveria” è provocata dalla cattiveria che ci tiene prigionieri. Ma Gesù è venuto a liberarci da tutto quello che ci impedisce di vivere il cammino buono della vita. Nella preghiera che ci ha insegnato ci chiede di domandare al Padre di liberarci dal male (o forse meglio bisognerebbe dire dal Maligno). L’annuncio e la testimonianza del Vangelo hanno appunto la potenza di scacciare i demoni cattivi che tengono prigioniera l’esistenza umana. L’amore di Dio vede il male che è nell’uomo, e non condanna l’uomo ma lo salva. Questa è la “buona notizia”. Vangelo è parola che vuol dire infatti buona notizia.
Tutto questo vale anche per Giuda! Là dove al ver.19 la versione italiana dice che “poi lo tradì”, alla lettera direbbe che “anche lo tradì”. Giuda ha quindi avuto il dono di tutti gli altri. E anche lo ha tradito. Il dono del Signore non è garanzia irresponsabile, ma è consegna ad una libertà immensa e troppo grande per noi. Tuttavia anche i misfatti più grandi Dio li recupera come passi della storia della salvezza. Sono grato a don Mazzolari che mi ha suggerito di considerare Giuda come “il mio fratello Giuda”.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
lectio 2008:
http://lectioquotidiana.blogspot.com/2008/06/mc-313-19.html
Gesù sale sul monte: è il luogo della presenza divina; vuol fare qualcosa di importante. Infatti, “chiamò quelli che voleva”…, poi “fece i dodici”, li ri-creò. Sono verbi molto più espressivi dei nostri (stabilì, costituì…) e indicano che il Signore è l’attore, il protagonista assoluto. Il nostro ruolo è minimo, anche se l’accoglienza della Parola, la risposta positiva sono importanti. – Perché “li fa”? Don Giovanni ha spiegato benissimo; voglio solo sottolineare quel “perché stessero con lui”: quasi che sia Lui ad averne bisogno! Vuole stare con noi: ha il bisogno e il piacere sommo di essere con noi, come nell’unione sponsale. Ancora una volta, è un Dio “inimmaginabile”.