1 Si mise a parlare loro con parabole: «Un uomo piantò una vigna, la circondò con una siepe, scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. 2 Al momento opportuno mandò un servo dai contadini a ritirare da loro la sua parte del raccolto della vigna. 3 Ma essi lo presero, lo bastonarono e lo mandarono via a mani vuote. 4 Mandò loro di nuovo un altro servo: anche quello lo picchiarono sulla testa e lo insultarono. 5 Ne mandò un altro, e questo lo uccisero; poi molti altri: alcuni li bastonarono, altri li uccisero. 6 Ne aveva ancora uno, un figlio amato; lo inviò loro per ultimo, dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. 7 Ma quei contadini dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e l’eredità sarà nostra!”. 8 Lo presero, lo uccisero e lo gettarono fuori della vigna. 9 Che cosa farà dunque il padrone della vigna? Verrà e farà morire i contadini e darà la vigna ad altri. 10 Non avete letto questa Scrittura:
La pietra che i costruttori hanno scartato
è diventata la pietra d’angolo;
11 questo è stato fatto dal Signore
ed è una meraviglia ai nostri occhi?».
12 E cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla; avevano capito infatti che aveva detto quella parabola contro di loro. Lo lasciarono e se ne andarono.
Teniamo presente che gli interlocutori di Gesù sono gli stessi del precedente dialogo concluso con il non rivelare Gesù con quale potenza Egli agisca (Mc.11,33). Tali interlocutori saranno quelli che al ver.12 “cercavano di catturarlo..”. Siamo dunque ormai affacciati sulla Pasqua del Signore.
La vigna del Signore è l’immagine della creazione stessa. Ma anche e soprattutto l’immagine della storia della salvezza di Israele, ed è anche il senso profondo della vita di ciascuno di noi. La meravigliosa opera di Dio nella creazione e nella storia, affidata al suo popolo, e per esso all’intera umanità. E anche a ciascuno di noi. Il senso profondo di questa opera e del suo affidamento all’umanità è quello di un rapporto di comunione tra Dio e l’uomo. E’ la consapevolezza che tutto viene da Dio e a Lui ritorna. E’ l’immagine forte del dono di Dio che diventa offerta a Lui e orizzonte di comunione d’amore.
Nella storia del Popolo della Prima Alleanza è contenuta l’immagine dell’invio nella vigna dei servi di Dio, i profeti e tutto quello che è presenza della Parola di Dio nella storia. E’ una storia di rifiuti e di violenza. Noi possiamo, per il dono della nostra Lettura continua del Vangelo, cogliere qui l’importanza del testo precedente, quando Gesù poneva se stesso e la sua opera in continuità con il battesimo di Giovanni Battista. Qui, infatti, l’invio del “figlio amato” si presenta in assoluta continuità con i precedenti invii: dopo l’ultimo profeta, viene mandato il figlio amato. Possiamo qui notare che l’attributo “amato” l’abbiamo ascoltato quando in Marco 1,11 Gesù è stato chiamato con questo attributo nel battesimo ricevuto da Giovanni Battista. Dunque, il Figlio amato è l’ultimo inviato nella vigna.
Riconosciuto come erede, viene ucciso e gettato fuori dalla vigna. Nel dramma della storia, il peccato si qualifica come l’aggressione del dono di Dio da parte dell’umanità, per trasformare il dono in possesso. Perché non sia celebrazione della comunione d’amore tra Dio e la sua creatura amata, ma eliminazione di Dio dall’orizzonte dell’umanità. Autodivinizzazione dell’uomo. Autoidolatria.
Ma l’uccisione dell’ultimo inviato, il Figlio amato, è il giudizio divino della storia. La citazione del Salmo 117(118),22-23 esprime tale giudizio. Indica anche la dilatazione del dono di Dio da Israele a tutta l’umanità. In particolare giudica gli interlocutori di Gesù, capi dei sacerdoti, scribi e anziani, che hanno aggredito la vigna del Signore per impossessarsene. La ”vigna ad altri” dice appunto il dono di Dio a tutte le genti. Ma la morte del Figlio amato sarà il principio della salvezza universale.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.