35 Gli si avvicinarono Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedeo, dicendogli: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo». 36 Egli disse loro: «Che cosa volete che io faccia per voi?». 37 Gli risposero: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra». 38 Gesù disse loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?». 39 Gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse loro: «Il calice che io bevo anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. 40 Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato».
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Preferisco dire subito che non sono d’accordo con l’interpretazione che di questo testo si trova nelle note delle bibbie, interpretazione che tende a riflettere l’indignazione con la quale gli altri discepoli reagiranno alla richiesta dei due, e che mi pare Gesù stesso correggerà. Non mi pare che il significato profondo di questo episodio sia quello di ricordarci che, se vogliamo il premio, bisogna che umilmente ce lo sudiamo e ce lo meritiamo. Penso piuttosto che la grande bellezza della Parola che oggi riceviamo dal Signore sia quello di sottolineare quale sia il significato profondo della vita, significato, scopo e bellezza che in se stessi si attuano, senza il legame obbligato con il premio! Mi oriento quindi a pensare che quanto oggi ascoltiamo voglia rispondere alla domanda delicata e importante circa il senso della vita. Mi sembrerebbe alienante pensare che esso si trovi non nella vita stessa, ma in un “al di là” oltre la vita.
Gesù quindi “corregge” non tanto una loro presunta ambizione, quanto corregge un rischio di alienazione che trova il motivo delle cose al di fuori di esse. Quello che Gesù vuole regalare ai due fratelli e a tutti noi è il senso pieno della vita come vita donata, offerta, spesa. E questo è il segreto e lo splendore di una vita guidata dall’Amore. Perciò non riesco a vedere l’illegittimità della loro richiesta. Molto spesso qualcuno mi chiede se in paradiso ritroveremo e godremo i nostri affetti più importanti. Non possiamo pensare che i due siano mossi da un desiderio di condivisione piena e felice con la condizione del loro Signore?
Per questo, la risposta di Gesù – “Voi non sapete quello che chiedete”(ver.38) – è richiesta di accettare il “confine” di quello che possiamo capire e sperare. Il confine è la vita che Dio ci ha donato e che ha affidato alla nostra responsabilità. Anche per Giacomo e Giovanni deve diventare importante cogliere tutto il senso altissimo della loro vita, che tale è per ogni uomo e ogni donna del mondo, senza rischiare di riconoscerne la validità solo in riferimento al “premio” finale. Saremmo altrimenti vicinissimi a quella che Marx considerava l’invincibile alienazione del cristianesimo: patire di qua per meritare di là.
Il calice e il battesimo che sono immagini straordinarie della nostra partecipazione e della nostra celebrazione della Pasqua di Gesù dicono il senso profondo della nostra vita. E i due discepoli confermano la realtà del “talento” che hanno ricevuto e che in loro porterà frutto. E Gesù li rassicura su quello che li aspetta: “Il calice che io bevo anche voi lo berrete…”(ver.39), recedendo Lui stesso dal sapere quello che dal Padre è stato preparato. Il dono di oggi è dunque l’invito ad una conversione che ci renda lieti e appagati nel nostro cammino dietro a Gesù, condividendone il sacrificio d’amore.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Se avessi dovuto commentare il testo odierno, mi sarei attenuto alla linea tradizionale: i discepoli, anche i più vicini, non hanno capito molto dell’insegnamento di Gesù! Poco prima erano impauriti e angosciati davanti all’annuncio della passione, morte e risurrezione del Signore, e ora gli chiedono i primi posti: “primi ministri” erano quelli che sedevano a destra e a sinistra del sovrano… Sarei però arrivato alla stessa conclusione del bel commento di don Giovanni: la via d’uscita, che sarà indicata nel prossimo brano, è quella del servizio nell’amore: “il senso pieno della vita come vita donata, offerta, spesa…; lo splendore di una vita guidata dall’Amore… Questa (è la) vita che Dio ci ha donato e affidato alla nostra responsabilità”.