18 Mentre diceva loro queste cose, giunse uno dei capi, gli si prostrò dinanzi e disse: «Mia figlia è morta proprio ora; ma vieni, imponi la tua mano su di lei ed ella vivrà». 19 Gesù si alzò e lo seguì con i suoi discepoli. 20 Ed ecco, una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni, gli si avvicinò alle spalle e toccò il lembo del suo mantello. 21 Diceva infatti tra sé: «Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò salvata». 22 Gesù si voltò, la vide e disse: «Coraggio, figlia, la tua fede ti ha salvata». E da quell’istante la donna fu salvata.
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Lo stupore di tutto l’ambiente ebraico per tutto quello che Gesù, con i suoi discepoli, dice e opera, si dilata oggi nella domanda che rivolgono al Signore i discepoli di Giovanni. Essi sono meravigliati e forse anche perplessi, perché hanno visto i discepoli di Gesù e lui stesso a banchetto con i pubblicani e i peccatori, mentre loro e anche i farisei – e non è poca la distanza tra loro e questi “rigoristi”! – digiunano spesso. Questa domanda offre al Signore l’occasione per dire che la sua venuta e la sua presenza sono in realtà un festoso evento nuziale. La lunga profezia e la lunga attesa del Messia ora si sono compiute: la reazione e la storia, il popolo di Dio e, in prospettiva, l’intera umanità, tutto è visitato dall’amore nuziale del Figlio di Dio, che dona a tutti e a tutto la festa della presenza e dell’amore infinito di Dio! Per questo, non si può fare digiuno. Il v. 15 prevede un’eccezione in questo evento festoso. E sarà quando lo sposo verrà loro tolto. Possiamo pensare che tale evento negativo si verifichi quando qualche cosa di drammatico contraddice il dono di Dio. Allora, il digiuno può essere una forma di tristezza e di dolore per quello che respingesse e negasse la festa dell’amore di Dio. Del resto, non si può, in questo meraviglioso evento nuovo, conservare e reintrodurre segni e gesti ormai superati: per il vino nuovo occorrono otri nuovi. Altrimenti, si sciuperebbe una preziosa memoria antica e si creerebbe un equivoco all’evento nuovo e nuziale della presenza tra di noi e in noi del Cristo di Dio.
Al v. 18 sopraggiunge una personalità di grande rilievo del mondo ebraico, che chiede al Signore di andare a porre la mano sulla sua giovane figlia che è morta. Gesù si alza e insieme ai suoi discepoli segue questo papà. Mi ha particolarmente commosso che l’evangelista abbia scritto che “Gesù lo seguì”, facendo uso dello stesso termine “seguire” sempre usato per dire del cammino dei discepoli dietro al Signore. Ora è lui he si incammina dietro al dolore di questo padre per donare la vita alla sua figlioletta. Tale vicenda si arricchisce ai vv. 20-22 con l’incontro del Signore con una vicenda di tonalità e modalità quasi opposte. Verremo a sapere che la bambina morta ha dodici anni. Al v. 20 veniamo a sapere che da dodici anni questa donna è malata. E’ lei che segretamente si unisce al corteo che con Gesù segue il padre della giovane morta. L’anziana malata ritiene che per essere lei salvata, le basti toccare il lembo del mantello di Gesù. Sembra che solo Gesù si accorga a dirle e veda questa donna. Ed è lui, al v. 22, ad annunciarle e a donarle quella salvezza in cui ha umilmente e silenziosamente sperato.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
L’indicazione “dodici anni”, sia per la donna sofferente sia per la ragazza morta, suona come un campanello d’allarme: allora qui si tratta di Israele, di tutto il popolo di Dio. Su tutti incombe una minaccia di morte, come sulla donna malata e sulla famiglia di questo capo. Ma questi due personaggi sono accomunati da una grande certezza: solo attraverso Gesù possono avere salvezza! Non perché osservanti della Legge, che anzi viene trasgredita sia da loro sia da Gesù, ma come dono di Dio accolto nella fede. Notiamo, pur nella brevità del racconto, i caratteri di umanità di Gesù: si alza a va immediatamente, senza porre domande o obiezioni, alla casa della ragazza, e poi quelle stupende parole, “Coraggio, figlia…”. Né si attribuisce il merito della guarigione: “… la tua fede ti ha salvata”.