21 Avete inteso che fu detto agli antichi: Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. 22 Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna. 23 Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, 24 lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono. 25 Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. 26 In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo!
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Mi meraviglia e mi affascina nel nostro brano l’invasione prepotente del termine “fratello”!
L’essere “fratello” ogni persona, che ho davanti e accanto a me, vuole in ogni modo rivelare e illuminare la relazione preziosa che definisce l’orizzonte di tutto quello che viene detto e chiesto dalla Parola che oggi riceviamo dalla bontà del Signore!
La persona con la quale sono in relazione è mio fratello!
Questo mi sembra escludere a priori, anche secondo la Legge che ora la Parola di Dio ci ricorda, l’eventualità di “uccidere”.
Quello che è concesso e addirittura talvolta richiesto dalla Legge antica (“fu detto agli antichi” ascoltiamo al ver.21, e fu detto da Dio!) ora è da riconsiderare, perché ora, con Gesù e il suo Vangelo, chiunque mi sta davanti e accanto è un mio fratello!
Quattro volte il termine “fratello” è citato ai vers.22-24!
E quando al ver.25 si cita non il fratello, ma “l’avversario”, certamente, e con intenzione precisa, si parla ancora di un “fratello”, che tale è, anche se dominato dalla sua inimicizia nei miei confronti!
Io stesso, e non solo lui, posso essere provato da un sentimento di inimicizia, ma quell’avversario resta sempre un mio fratello!
Il ragionamento diventa allora ancor più stringente e cogente ai vers.25-26, dove l’ipotesi è che io stesso sia esposto all’eventualità di una condanna!
E in ogni caso io sarei “consegnato” al giudice e alla guardia per non essermi comportato “fraternamente”!
Ci viene chiesto dunque un atteggiamento di perdono senza limiti!
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni (che spera ed è contento che tu lo perdoni!).