16 Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. 17 Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. 18 Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. 19 Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, 20 insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».
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Abbiamo già colto l’importanza di questo “appuntamento” in Galilea: dalla Galilea Gesù ha cominciato a predicare il Vangelo. Anche per noi è un inizio importante, anche per la nostra comunione con la fanciulla di Nazaret con la quale e nella quale il Verbo divenne carne: una “maternità” che ci hanno regalato le donne che ieri correvano dal sepolcro ai discepoli per annunciare loro la Pasqua del Signore.
La loro prostrazione esprime la consapevolezza dei discepoli sulla Persona del Signore Gesù.
“Essi però dubitavano” (ver.17): è stato un grande passo quello di andar oltre la versione latina che diceva “alcuni però dubitarono”: “quidam autem dubitaverunt”. Dell’attuale versione – “essi però dubitavano”- si potrebbe riflettere su quel “però”: si tratta veramente di un “limite”, di un difetto della loro fede? Oppure, ed è quello per cui ritengo più probabile rendere con “essi pertanto dubitavano” oppure “ed essi dubitavano”.
La domanda che mi sto ponendo da anni è infatti questa: il dubbio non è forse necessariamente connesso con la fede? Questo “dubbio” non è forse molto importante per sottolineare come la fede sia assolutamente e rigorosamente “dono”? E dico ancora: il verbo reso in italiano con “dubitare” è presente nel Nuovo Testamento solo qui e in Matteo 14 nel rimprovero che Gesù rivolge a Pietro che sta affondando nel mare. Nel Vecchio Testamento non compare! Questo verbo porta in sé una particella che indica il “due”, il “doppio”. Mi chiedo se non sia prezioso pensare che l’atto di fede non può non essere “due”, cioè accompagnato sempre dal pensiero che è evento che non mi appartiene, che non è per niente “naturale”, né tanto meno “razionale”. La fede, che è il dono di “fidarsi” del Signore, è il dono per il quale posso vedere con gli occhi di Dio, pensare come Lui, oso dire, “vivere come Lui e con Lui”! Temo sempre la riduzione della “fede” ad un atto dovuto, per cui il non avere la fede è accompagnato da un sospetto di rimprovero: penso invece che dobbiamo sempre “stupirci” quando “crediamo”. Meravigliarci di questa meraviglia divina! Di questo essere, noi senza fede, dentro il dono della fede!
Ed è questo dono che consente di non fuggire e di accogliere il mandato che li spedisce sino ai confini della terra a fare discepole tutte le genti! E’ assolutamente bene che Egli concluda con quel “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”(ver.20)! Lui deve essere sempre con noi a regalarci quell’ “altro di noi”, che è Lui!
E adesso, grazie a voi per la vostra compagnia preziosa in questi mesi di camminata nel Vangelo secondo Matteo. Quando a giugno siamo partiti ero pieno di timori. Ma voi mi siete stati vicini e mi avete portato fino ad oggi. Se Dio vuole, lunedì entreremo nella Seconda Lettera di Paolo a Timoteo. Intanto dico a ciascuno di voi con amore: Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Che bello tornare con i discepoli in Galilea, là dove tutto era iniziato! Era “la Galilea delle genti”: il messaggio della Risurrezione va verso i pagani e nessuno ne è escluso. Quale sarà il monte dell’appuntamento? Ogni nota delle Bibbie fa la sua ipotesi; lo studio dei termini usati dall’evangelista fa pensare al monte delle beatitudini: in effetti, è vivendo la povertà-condivisione, diventando operatori di pace e di giustizia, impegnandosi in favore dei “fratelli”, perdonando chi ci fa torto… che si incontra il Signore risorto e si fa l’esperienza della risurrezione. E’ un programma arduo: che sia questo il motivo del dubbio che attanaglia i discepoli? Ma Gesù non si ferma davanti alle nostre paure: invia a battezzare, a immergere tutti nell’amore del Padre, del Figlio e dello Spirito. E’ la promessa di una vita, di una comunione, che si svilupperanno fino a una pienezza inimmaginabile. E c’è la preziosa garanzia finale: “Io sono con voi tutti i giorni…”