26 Ora, mentre mangiavano, Gesù prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e, mentre lo dava ai discepoli, disse: «Prendete, mangiate: questo è il mio corpo». 27 Poi prese il calice, rese grazie e lo diede loro, dicendo: «Bevetene tutti, 28 perché questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti per il perdono dei peccati. 29 Io vi dico che d’ora in poi non berrò di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi, nel regno del Padre mio». 30 Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.
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Nella semplicità e normalità di questa cena, Gesù compie un gesto inaspettato e dice parole sorprendenti: “Prendete, mangiate: questo è il mio corpo”. Il termine usato dall’evangelista, come sapete, è “soma”: indica la persona nella sua concretezza, nelle sue azioni e relazioni umane. Mangiare questo pane vuol dire assimilare la persona di Gesù, il suo insegnamento, la sua attività… Dando questo pane, Gesù simboleggia il dono della sua vita per amore. Chi lo riceve e se ne nutre condividendolo, si impegna a donarsi come il Signore. Il calice e il sangue, a loro volta, sono il segno della passione e della morte: chi ne beve è invitato ad assimilare la morte del Signore, completando così la sequela del discepolo. Di questo sangue si dice che viene “versato”, sparso, ed è il verbo con cui i profeti annunziano l’effusione dello Spirito. “Chi beve da questa coppa, accettando l’amore di Gesù fino alla morte e impegnandosi personalmente a questa qualità d’amore, riceve lo Spirito…”(J.Mateos).