1 Allora il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. 2 Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; 3 le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; 4 le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l’olio in piccoli vasi. 5 Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono. 6 A mezzanotte si alzò un grido: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!”. 7 Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. 8 Le stolte dissero alle sagge: “Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono”. 9 Le sagge risposero: “No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene”. 10 Ora, mentre quelle andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. 11 Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: “Signore, signore, aprici!”. 12 Ma egli rispose: “In verità io vi dico: non vi conosco”. 13 Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora.
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Entriamo oggi nel cap.25 che con tre grandi ikone porta a compimento il discorso di Gesù sulla fine dei tempi: la parabola delle dieci vergini, quella dei talenti e la grande assemblea di tutti i popoli della terra ai vers.31-46.
La parabola che oggi ascoltiamo e celebriamo nella nostra preghiera è conferma suprema di quell’immagine nuziale che la grande profezia di Israele ha sempre indicato come l’immagine profonda e matura della comunione nuziale che unisce Dio al Popolo della Prima Alleanza e, in Gesù, all’intera umanità. La parabola non vuole essere una predizione del futuro, ma l’urgenza dell’oggi e il suo statuto sapienziale e morale.
Il cuore del nostro brano è l’arrivo dello Sposo, annunciato e proclamato con un grido nella notte: “Ecco lo Sposo! Andategli incontro!” (ver.6). La fine della storia e il fine della storia è questo incontro nuziale.
Consideriamo il rilievo che in questo supremo evento ha l’immagine delle lampade e dell’olio. Innanzi tutto l’incontro con lo Sposo avviene nel mezzo della notte: a mezzanotte! E’ molto importante considerare come il supremo evento della salvezza della creazione e della storia non avvenga in condizioni semplici e favorevoli. Si tratta di una notte squarciata, interrotta e illuminata da questo evento di luce. Ricordiamoci della nostra liturgia pasquale!
L’incontro esige e avviene per quelle lampade preparate e accese. Senza quello, l’incontro nuziale nozze non è possibile! Duplice è dunque il dono: l’evento d’amore dello Sposo, e le lampade accese per andargli incontro nella notte della storia. Si raccoglie qui tutto il “segreto” della storia e della profezia di Israele: senza il dono delle lampade e dell’olio non si potrebbe andare incontro al dono supremo dello Sposo e dell’unione con Lui. La grande tradizione di Israele stacca la sua vicenda dalle “religioni” del merito e della conquista: tutto è dono di Dio! Da soli, non si può! E’ dunque dono lo Sposo, ed è dono la possibilità di incontrarlo nel buio della notte.
La vita di fede si raccoglie tutta nel piccolo tratto di strada che porta le vergini allo Sposo, con le lampade accese. Senza la luce della fede, e senza l’olio della fede, non si danno le nozze. Fa pensare anche il fatto che le prime vergini citate sono le “stolte”. E’ significativo che nel Vangelo secondo Matteo abbiamo incontrato questo termine alla fine del discorso della montagna, in Mt.7,26, quando si dice stolto chi “ha costruito la sua casa sulla sabbia”, non mettendo in pratica le parole ascoltate da Gesù. E ancora l’abbiamo ascoltato dalle labbra del Signore Gesù che di questo accusa i Farisei in Mt.23,17-19. Qui lo si dice delle cinque vergini che “non prendono con sé l’olio” (ver.3). Senza l’olio del dono della fede non si può incontrare lo Sposo!
E d’altra parte la riserva di olio è strettamente personale, come si ascolta ai vers.8-9. Le cinque stolte perdono la grande occasione, e lo Sposo non le accoglie: “In verità io vi dico: non vi conosco” (ver.12). La conclusione della parabola è dunque quell’esigenza di “vegliare” che abbiamo già incontrato nel precedente capitolo nel servo fidato e prudente che il padrone troverà operoso. Come dicevo prima, non si tratta di una “predizione”, ma di una profezia, cioè ci un insegnamento, affinchè nessuno resti escluso dalla comunione nuziale con lo Sposo.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
“Con questa parabola Gesù insiste sul fatto che la morte del discepolo è il frutto della sua vita. La morte in se stessa non ha nulla di terribile né di decisivo; corona la vita che si è condotta… La venuta dello sposo è il momento della persecuzione e della morte, presentato nel suo aspetto di salvezza, di ingresso nel regno definitivo di Dio, raffigurato dal banchetto di nozze” (dal commento di Mateos-Camacho).