1 Allora Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli 2 dicendo: «Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. 3 Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. 4 Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito. 5 Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; 6 si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, 7 dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente.
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Già le prime parole del nostro brano sono fortemente significative di quello che Gesù dona e chiede alla comunità che si raccoglie intorno a Lui. Al punto che separa i discepoli dagli scribi e dai farisei e piuttosto li unisce “alla folla” (ver.1).
Dunque , un giudizio molto severo nei confronti delle “gerarchie” del popolo! Nei confronti degli scribi e dei farisei che “si sono seduti sulla cattedra di Mosè”: una specie di profanazione e di usurpazione, perché nessuno si può sedere sulla cattedra della Parola di Dio affidata a Mosè. La comunità credente serve, ma non gestisce la Parola del Signore!
E qui Gesù stabilisce il criterio del rapporto con la Parola esprimendo il suo severo giudizio nei confronti di scribi e farisei: “Dicono e non fanno” (ver.3). L’ortodossia nei confronti della Parola esige che non si tratti di un semplice ribadire, ma esige quel “fare” che è il cammino incessante della conversione! La luce e la verità infinite della Parola esigono che alla Parola sempre ci si debba convertire! Per questo, Egli dice, “praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondi le loro opere”!
Questo ci mostra come sia vivo e vitale il rapporto con la Parola di Dio, antica e sempre nuova. Mai posseduta e “gestita”. Mai ridotta a pura “norma”, ma sempre nuovo annuncio e nuovo appello divino alla nostra conversione! Altrimenti, il Vangelo si riduce a legge, e non è più “lieto annuncio”, ma “fardelli pesanti e difficili da portare” (ver.4).
Il grande pericolo è che i responsabili della comunità “li pongono sulle spalle della gente”. Quando un giovane dei nostri tempi mi dice che non sente possibile per lui il matrimonio cristiano, perché “è indissolubile”, mi rendo tristemente conto che egli ha ricevuto solo una norma, ma non la buona notizia del Vangelo! Non la buona notizia della consacrazione della vita al dono e al mistero dell’Amore! Non l’aiuto divino che la sposa e lo sposo sono l’uno per l’altro!
Allora il pericolo è che la delicata responsabilità di chi guida si riduca a esteriorità e a potere mondano, “per essere ammirati dalla gente” (ver.5). Filatteri e frange, posti d’onore nei banchetti e primi seggi nelle sinagoghe, come i saluti nelle piazze e l’essere chiamati “rabbì” dalla gente… sono i miseri segni di una gloria e di un potere mondani, che non testimoniano l’amore di Dio per la sua gente, e sono all’opposto dell’autorità del Signore Gesù che pone nel suo sacrificio d’amore la potenza e la fecondità del suo insegnamento.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.