1 Allora Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli 2 dicendo: «Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. 3 Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. 4 Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito. 5 Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; 6 si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, 7 dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente. 8 Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. 9 E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. 10 E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo. 11 Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; 12 chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato.
Matteo 23,1-12

Questa osservazione “critica” del Signore mi sembra particolarmente preziosa perché riferendosi alle modalità della preghiera e dell’osservanza degli scribi e dei farisei, coinvolge profondamente anche la nostra personale osservanza e preghiera!
Per questo, l’osservazione del ver.3 è già tutta per noi, esposti ad essere come gli scribi e i farisei, i quali “dicono e non fanno”!
Mi sembra che la severità dell’osservazione non significhi soltanto la mancanza di un “fare”, ma alluda anche ad un “fare” che resta sempre come “esterno” e non sia quindi segno ed evento di una vera conversione del cuore e della vita!
In questa direzione mi sembra vadano colti i vers.4-7, dove una certa “osservanza” sembra piuttosto attenta solo al riconoscimento e alla buona fama presso “la gente” più che alla verità e all’autenticità interiori!
Molte volte mi attraversa su me stesso il sospetto che la vita possa essere degradata in me ad uno “spettacolo”: “per essere ammirati dalla gente” (ver.5).
Ancor di più quando la nostra parte e la nostra responsabilità la identificassimo con il voler “essere ammirati dalla gente”, in una “visibilità” non vera!
Per questo, è splendida l’indicazione del Signore che ci ricorda che siamo tutti “fratelli” intorno all’unico “Maestro” (ver.8)!
E nessuno deve essere chiamato “padre” sulla terra, “perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste” (ver.9)!
Questa indicazione è preziosa perché “critica” anche un atteggiamento che è servile e inopportuno!
La figura forte di questa vita nuova è quella del “servo”, con un evidente riferimento al Signore Gesù e al suo sacrificio d’amore!
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Nel capitolo precedente Matteo ci ha fatto vedere bene come si svolgevano le discussioni, i confronti di opinioni tra i dottori della legge, gli autorevoli scribi. Ma ora Gesù ne fa una critica spietata poiché si sono installati sulla cattedra di Mosè, cioè dell’autorità di insegnamento, con due gravi limiti: “dicono e non fanno”; operano solo per essere ammirati e conservare i loro privilegi. In tutte le religioni – credo – c’è questo rischio e questa tendenza: si crea un sistema che attribuisce potere e privilegi alla classe sacerdotale, mentre si impongono “fardelli pesanti e difficili da portare… sulle spalle della gente”. I versetti più preziosi per noi sono quelli finali: Non fatevi chiamare maestro o padre o guida, poiché uno solo è il vostro maestro e guida, il Signore, e uno solo è il Padre di tutti, quello del cielo! Tutti dediti a un reciproco servizio fraterno, servizio di aiuto e di condivisione…