33 Avete anche inteso che fu detto agli antichi: “Non giurerai il falso, ma adempirai verso il Signore i tuoi giuramenti”. 34 Ma io vi dico: non giurate affatto, né per il cielo, perché è il trono di Dio, 35 né per la terra, perché è lo sgabello dei suoi piedi, né per Gerusalemme, perché è la città del grande Re. 36 Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. 37 Sia invece il vostro parlare: “Sì, sì”, “No, no”; il di più viene dal Maligno.
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Il “giuramento” di cui ci parla oggi il Signore è quella “garanzia di verità” che si realizza e si ottiene quando un pensiero, o un’impresa o un’affermazione … vengono garantite da una parola, o da un fatto, o da una persona che ne sia garanzia, testimonianza autorevole …
Qui possiamo cogliere il significato di questi “giuramenti” che erano previsti dalla norma giuridica della Legge antica, e che ora Gesù giudica negativamente! Perché?
Io vi do la mia risposta, pur con molti dubbi, perché vedo e ascolto interpretazioni e spiegazioni diverse e lontane da quella che mi è nata nella testa e nel cuore!
D’altronde, non posso darvi che questo! Quello che ho! Come sempre, non fidatevi di me!
A me sembra che il Signore chieda di non prendere questa strada e di semplificare le nostre parole e i nostri pensieri tutto portando a quel “sì,sì” “no,no” del ver.37 perché in Gesù, nella sua parola e nel suo esempio, la verità di Dio visita e riempie di sé ogni realtà!
Non c’è più una parola che ne garantisca un’altra, perché adesso il Vangelo del Signore risplende in ogni realtà illuminandone la verità o evidenziandone la lontananza dalla luce del Risorto!
Il Vangelo accompagna tutto e tutti, e dunque la verità del Signore ormai supera e trascende ogni presunta nostra garanzia di verità!
Il ver.37 arriva a dire che muovendoci con le antiche verifiche di verità ci esporremmo alle manovre del Maligno!
La verità e il bene sono nel Vangelo che tutto visita e tutto discerne.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Sono colpito dalle immagini che Gesù usa in queste parole. “Il cielo… è il trono di Dio” e “la terra… è lo sgabello dei suoi piedi”: immagine che ci dà il senso della “grandezza” di Dio, installato – se così si può dire – in tutta la sua creazione. (Gesù riprende qui le parole di Isaia 66,1). Gerusalemme, poi, è “la città del gran re”: ecco la regalità divina, che si va affermando ed estendendo, con la parola e l’opera di Gesù, a partire dalla città santa. Infine, l’immagine successiva ci ricorda la nostra piccolezza: “… non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello”. Eppure noi, piccoli e limitati come siamo, abbiamo il privilegio di essere la dimora di Dio a lui più cara, per lui la più preziosa.