13 Mandarono da lui alcuni farisei ed erodiani, per coglierlo in fallo nel discorso. 14 Vennero e gli dissero: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno, ma insegni la via di Dio secondo verità. È lecito o no pagare il tributo a Cesare? Lo dobbiamo dare, o no?». 15 Ma egli, conoscendo la loro ipocrisia, disse loro: «Perché volete mettermi alla prova? Portatemi un denaro: voglio vederlo». 16 Ed essi glielo portarono. Allora disse loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare». 17 Gesù disse loro: «Quello che è di Cesare rendetelo a Cesare, e quello che è di Dio, a Dio». E rimasero ammirati di lui.
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Vi faccio notare il legame e la tensione tra due “coppie” di termini. Su questo non ho il tempo e la capacità di fermami e di considerare, ma forse può essere possibile e utile per voi. Dunque consideriamo il richiamo tra “dare” (pagare) al ver.14, per ben tre volte nel testo originale, e “rendere” al ver.17. E consideriamo il richiamo tra “faccia” al ver.14, e “immagine” al ver.16. Forse da queste attenzioni si possono trarre conseguenze di rilievo.
Al Signore viene detto che Egli non guarda in faccia a nessuno. Ma in certo senso Egli guarda in faccia e a questo ci invita quando appunto domanda di chi sono ”l’immagine” e l’iscrizione della moneta. Per questo anche l’osservazione degli avversari che appunto dicono che Gesù non guarda in faccia a nessuno trova un suo inveramento. Ci possiamo domandare qual è l’immagine che esprime e rivela quello che non deve essere dato a Cesare ma a Dio. E viene avanti l’ipotesi che questa “immagine” sia l’umanità stessa, ogni uomo e donna della terra, perché nella creazione sono stati fatti “a immagine di Dio” (Genesi 1,27)!
Per il richiamo che abbiamo sottolineato prima tra “dare” e “rendere, restituire”, si può forse riflettere sulla differenza tra “dare-pagare” e “rendere-restituire”. La scelta del “restituire” rispetto al “dare-pagare” sembra affermare in ogni modo un intreccio importante tra povertà e libertà. L’uomo deve “restituire” quello che ha e quello che è a chi ne è il Signore! Cesare è il Signore della moneta. Dio è il Signore dell’uomo. A Cesare non si può dare-pagare-restituire la creatura umana perché quella assolutamente non è sua!! Diamogli la moneta, ma opponiamoci assolutamente a che egli pretenda di essere il “signore” dell’umanità.
Intendiamoci: sappiamo bene che la faccenda non è facile e spesso le cose si complicano e si fanno delicate. Tuttavia non dobbiamo stancarci di ribadire prima di tutto a noi stessi chi sia il nostro Signore. Questo non ci esime dal conoscere e dal praticare il nostro dovere laico e civile. Ma sempre tenendo alta la guardia, perché in nessun modo venga compromesso o soffocato il legame assoluto che unisce l’umanità a Dio. E in questo può darsi che anche la moneta abbia un rilievo non piccolo. Faccio un esempio: quando quella moneta servisse a tenere in vita una persona, e il tributo a Cesare provocasse catastrofi e morte. E resta anche l’avvertimento ad una grande prudenza spirituale nei confronti della moneta, affinchè non capiti che certi presunti “diritti-doveri” sul piano dei soldi non siano veramente per il Signore, ma per qualche idolo di mondanità e di ricchezza.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni
Farisei ed erodiani, pur nella loro ipocrisia, danno una bella immagine di Gesù: è veritiero, non si fa intimidire da nessuno, fosse la massima autorità, insegna la via di Dio secondo verità. E’ a loro, prima di tutto, che Gesù dice di “restituire a Dio quel che è di Dio”. E ciò di cui si sono appropriati e che tengono sottomesso è il popolo stesso di Dio. E’ in funzione dei loro interessi che essi guidano la gente, imponendo regole e pesi. – Forse questo modo di condurre il popolo di Dio non è esclusivo degli scribi e farisei del tempo di Gesù. Che ne dite? – Mi piace infine l’idea che “apparteniamo a Dio” e che le nostre persone, le nostre vite hanno questa bella destinazione: essere restituite a Lui.