1 Il Signore aggiunse a Mosè: 2 “Questa è la legge da applicare per il lebbroso per il giorno della sua purificazione. Egli sarà condotto al sacerdote. 3 Il sacerdote uscirà dall’accampamento e lo esaminerà; se riscontrerà che la piaga della lebbra è guarita nel lebbroso, 4 ordinerà che si prendano, per la persona da purificare, due uccelli vivi, mondi, legno di cedro, panno scarlatto e issòpo. 5 Il sacerdote ordinerà di immolare uno degli uccelli in un vaso di terracotta con acqua viva. 6 Poi prenderà l’uccello vivo, il legno di cedro, il panno scarlatto e l’issòpo e li immergerà, con l’uccello vivo, nel sangue dell’uccello sgozzato sopra l’acqua viva. 7 Ne aspergerà sette volte colui che deve essere purificato dalla lebbra; lo dichiarerà mondo e lascerà andare libero per i campi l’uccello vivo. 8 Colui che è purificato, si laverà le vesti, si raderà tutti i peli, si laverà nell’acqua e sarà mondo. Dopo questo potrà entrare nell’accampamento, ma resterà per sette giorni fuori della sua tenda.

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Nel “giorno della sua purificazione”(ver.2), in realtà il lebbroso sarà già guarito. Ma il senso profondo del rito della “purificazione” è riconoscere ed evidenziare che tale guarigione-purificazione viene da Dio. Questo diventa molto chiaro nel testo di Luca 17,11-19 dove Gesù stesso dirà al lebbroso samaritano guarito e ritornato da Lui a lodare Dio e ad adorarlo nel Figlio, che in questo gesto di riconoscenza egli ha celebrato l’opera di Dio e quindi la salvezza. La fede e la preghiera sono la “rivelazione” del segreto divino della storia. Quindi anche in questa memoria dell’antica economia della preparazione e della profezia, si celebra la sostanza del mistero, anche se potremmo dire che il sacerdote nulla può fare se non constatare una guarigione che con Gesù si rivelerà pienamente come opera di Dio. Mi sembra che questa precisazione sia importante per ricordare dunque che l’opera di Dio sempre si compie, e che la “salvezza” è il dono e la possibilità di riconoscerla!
E’ molto bella la descrizione del duplice “movimento” del lebbroso e del sacerdote. Il lebbroso viene “condotto al sacerdote”(ver.2). Il sacerdote “uscirà dall’accampamento”(ver.3) per esaminarlo e constatarne la guarigione. Il movimento del lebbroso esprime la possibilità per lui di rientrare nella comunità, e l’uscita del sacerdote dall’accampamento dice il movimento di Dio che si muove verso l’uomo per salvarlo.
Il commento patristico vede una relazione tra i due animali del sacrificio del lebbroso purificato e i due animali del sacrificio per il peccato, uno come olocausto e l’altro come oblazione. Mi pare che si possa cogliere nella diversa destinazione dei due uccelli una profezia di morte-risurrezione. Il commento di Origene sottolinea il fatto che, compiuto il rito della purificazione, al ver.8 si parla di un altro rito di purificazione, e ne trae il pensiero che la purificazione è incessante e progressiva.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
E’ importante che dopo il cap. 13, che presenta la malattia della lebbra e le prescrizioni che riguardano l’isolamento del malato, segua questo cap. 14: oggi vediamo con stupore che questa malattia può guarire!!
Oggi è raccontata la celebrazione della purificazione del lebbroso, perchè la sua malattia è guarita. Non viene detto come si guarisce, però viene detto che l’uomo può guarire, può venire guarito.
La storia dell’uomo dall’inizio è la storia di una malattia, del peccato dell’uomo, che va verso l’ottenimento del perdono e della vita nuova.
E’ quello che Gesù esplicita quando, a proposito della malattia mortale di Lazzaro dichiara: “Questa malattia non è per la morte, ma per la gloria di Dio, perchè per essa il Figlio di Dio venga glorificato” (Giov 11:4).
E’ rilevante la notazione del v. 3 che sia il sacerdote ad uscire incontro al lebbroso: segno profetico della misericordia di Dio che non aspetta il ritorno, sempre difficile e quasi impossibile, del peccatore, ma gli si fa incontro nell’amore divino di Gesù. Allora anche il v.2 ha una sua bellezza di carità: “Egli, il malato, sarà condotto al sacerdote”: è forse segno della preghiera fraterna di intercessione, che porta il fratello nell’attenzione di Gesù.
Anche se non cambia il linguaggio, che illustra norme e riti, di fatto qui si celebra la guarigione: per il lebbroso, il ritorno alla vita e alla comunità. Era come un cadavere, ma ora risorge (come l’uccello vivo che, immerso nel sangue dell’altro, se ne vola poi “libero per i campi”). Forte è la presenza dell’acqua: è acqua viva, cioè di fonte o di torrente; viene aspersa con l’issopo sette volte, e questo vuol dire che la guarigione è completa. Egli stesso si laverà le vesti, si raderà (anche questo è un segno di rinnovamento), si laverà tutto “e sarà puro”. E’ il momento del ringraziamento a Dio e della relazione con Lui, che era stata resa impossibile dallo stato di “impurità”. Seguono i sacrifici… – Si trovano insieme, in questo testo, “il legno di cedro, lo scarlatto e l’issopo”: l’issopo (un piccolo arbusto) veniva legato al forte ramo di cedro con un nastro color scarlatto, per eseguire le aspersioni… Il pensiero va anche alla passione del Signore, in cui questi tre elementi sono presenti e sono simboli importanti.
E’ molto bella l’immagine dell’uccello vivo, che, dopo essere stato immerso nel sangue dell’uccello sgozzato sopra l’acqua viva, viene lasciato andare libero per i campi. E’ figura del lebbroso che, asperso con il sangue dell’uccello sgozzato, viene dichiarato mondo. Mi ricorda il battesimo. La vita nuova che nasce dall’immersione nel mistero della morte e risurrezione di Gesù. Mi piace anche il contrasto tra la vita nuova dell’uccello vivo, che consiste nell’andare libero per i campi, e la vita nuova del lebbroso dichiarato mondo, che è entrare nell’accampamento, rientrare nella comunità. La nostra libertà è essere accolti nella comunità. Non è essere sciolti dai legami, ma legarsi agli altri. Come dice Paolo nella lettera ai Galati, essere chiamati alla libertà è essere al servizio gli uni degli altri mediante la carità. (Gal 5,13)