18 Un giorno Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui ed egli pose loro questa domanda: «Le folle, chi dicono che io sia?». 19 Essi risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elia; altri uno degli antichi profeti che è risorto». 20 Allora domandò loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro rispose: «Il Cristo di Dio». 21 Egli ordinò loro severamente di non riferirlo ad alcuno. 22 «Il Figlio dell’uomo – disse – deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».
Seleziona Pagina
COMMENTO Lc 9,10-22
MI piace molto l’assenza del termine “moltiplicazione” nel testo originale, che invece ci parla dello “spezzare” quei cinque pani! Questo ci aiuta a pensare alla solidarietà dei piccoli e dei poveri e quindi al grande miracolo della carità fraterna. Si tratta dunque del miracolo dell’amore, che è elemento privilegiato della vita cristiana. Il pane è poco, ma è molto l’amore che aiuta a custodire la fraternità anche nelle circostanze più difficili e delicate della vita personale e comunitaria. Anche la liturgia celebra questo “spezzare” del pane e incoraggia alla speranza anche nei passaggi più dolorosi e delicati della vita umana. Tutto questo illumina e nobilita ogni povertà ed è annuncio e testimonianza della splendida esperienza dei figli di Dio. Gesù non “congeda” la vicenda dei poveri, ma la visita e la fa sua, Lui, che per primo si fa povero per noi e ci incoraggia a trasformare il dono evangelico in una “sapienza” che nobilita il valore del pane e raccoglie tutti alla mensa comune. Tale è anche lo splendore della celebrazione liturgica, dove si raccolgono le esistenze e gli eventi di tutti, per farne un banchetto stupendo a cui sono invitati privilegiati i più piccoli e i più dimenticati. Mi piace molto l’invito del Signore a questa cena: “Voi stessi date loro da mangiare”. Non si può troppo sperare nella conversione dei ricchi e quindi è importantissimo preparare bene la mensa dei poveri.
Le 12 ceste avanzate alla fine della cena dicono il dono e la responsabilità di tutta la Chiesa: il numero 12 convoca soprattutto i responsabili delle comunità cristiane: ogni apostolo riceve una cesta con il compito di custodirla come sorgente perenne della famiglia dei figli di Dio.
Con queste dodici ceste si nutrono i figli e i figli dei figli dell’antica comunità apostolica ed è a questa comunità che il Signore pone una domanda che vuol essere un ulteriore dono di Colui che li guida in tutte le terre e tutti i tempi: “Voi, chi dite che io sia?”. E Lui stesso risponde alla domanda, o meglio, illumina la risposta dell’apostolo Pietro.
Perché il Signore chiede che questo rimanga segreto? Perché tale potenza si attua e si manifesta con la Pasqua di Gesù. La sua croce e la sua risurrezione sono il grande mistero e la grande luce della storia “ri-creata” dal suo sacrificio d’amore. Noi, figli di Dio, siamo chiamati e sorretti da questa sua potenza d’amore. Da Gesù in poi la morte diventa “il dono” e “l’offerta” della nostra vita. Tale è la vocazione cristiana.
Dio ti benedica e tu prega per noi. Giovanni e Francesco