11 Il significato della parabola è questo: il seme è la parola di Dio. 12 I semi caduti lungo la strada sono coloro che l’hanno ascoltata, ma poi viene il diavolo e porta via la Parola dal loro cuore, perché non avvenga che, credendo, siano salvati. 13 Quelli sulla pietra sono coloro che, quando ascoltano, ricevono la Parola con gioia, ma non hanno radici; credono per un certo tempo, ma nel tempo della prova vengono meno. 14 Quello caduto in mezzo ai rovi sono coloro che, dopo aver ascoltato, strada facendo si lasciano soffocare da preoccupazioni, ricchezze e piaceri della vita e non giungono a maturazione. 15 Quello sul terreno buono sono coloro che, dopo aver ascoltato la Parola con cuore integro e buono, la custodiscono e producono frutto con perseveranza.
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Mi sembra molto più bella e appropriata la traduzione letterale del ver.11 che dice: “Questa è la parabola: il seme è la Parola di Dio”.
In realtà il testo ci vuole offrire la vicenda di tale Parola, e per questo ci parla dei “seminati”, e cioè di coloro che ricevono la Parola nelle diverse condizioni delle persone e della loro storia.
La sorte del “seme-Parola” è legata a chi la riceve.
A questa mia età, e a questo punto della mia esperienza spirituale, mi sento orientato ad una lettura non rigida del testo, perché mi sembra di conoscere e riconoscere nella mia storia tutte le situazioni-condizioni citate.
Anche l’ultima, quella del “terreno buono”, che non trovo in me, ma che amo in persone come S. Francesco d’Assisi e Santa Teresa di Gesù Bambino!
Credo che questo lo possano dire tutte le persone che ascoltano questa parabola.
Lo dico perché il “genere letterario” dell’insegnamento di Gesù ha come suo scopo la salvezza di tutti!
Dunque, ognuno di noi oggi riceve questa Parola come esortazione del Signore che incessantemente ci invita alla conversione.
L’essere discepoli è una strada che sino alla fine ci chiede di convertirci a Lui, che viene a salvarci!
Se penso alla mia vita, dal principio fino a questo momento vedo come appunto Gesù ci riveli sempre il cammino della nostra conversione a Lui!
E questo è possibile perché Lui – la sua Parola! – è incessantemente seminato in noi dalla bontà e dall’amore del Padre!
Faccio un’ultima considerazione: sul tema di “preoccupazioni, ricchezze e piaceri della vita” che troviamo al ver.14!
La struttura profonda della fede ebraica e cristiana ha come nota essenziale la povertà!
Il credente è essenzialmente un povero, sul quale Dio si china per donargli la salvezza e l’amore!
L’istinto, anche filosofico e teologico, è quello di una crescita nostra più che quello di un diminuire e farsi povero di Dio verso di noi, fino alla Croce del Signore Gesù.
Ma la fede non può essere che salvezza, e dunque pura grazia, puro dono di Dio!
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Se la Parola seminata è pura grazia, puro dono di Dio, abbiamo però il grande privilegio e la responsabilità di accoglierla o non accoglierla. Come essere terreno buono? Ce lo dice il v.15: avere un cuore integro e buono, ascoltare la Parola e custodirla, cioè farla, praticarla concretamente e con perseverante pazienza… Il frutto non mancherà.