39 Uscì e andò, come al solito, al monte degli Ulivi; anche i discepoli lo seguirono. 40 Giunto sul luogo, disse loro: «Pregate, per non entrare in tentazione». 41 Poi si allontanò da loro circa un tiro di sasso, cadde in ginocchio e pregava dicendo: 42 «Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà». 43 Gli apparve allora un angelo dal cielo per confortarlo. 44 Entrato nella lotta, pregava più intensamente, e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadono a terra. 45 Poi, rialzatosi dalla preghiera, andò dai discepoli e li trovò che dormivano per la tristezza. 46 E disse loro: «Perché dormite? Alzatevi e pregate, per non entrare in tentazione».
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“Perché la morte violenta? Può essere questo il programma di Dio? Come è possibile che il disegno di Dio, il suo amore, la sua presenza si trovino nel dolore e nell’assurdo della morte?”: così si chiede un vecchio amico a proposito di questi versetti, e ci poniamo anche noi queste domande. La posizione stessa di Gesù in preghiera ci dice quanto egli fosse angosciato e sofferente: “cadde in ginocchio e pregava”. Ma egli non cede alla tentazione, alla prova: si rivolge a Dio chiamandolo “Padre”; secondo Marco, lo chiama “Abbà”, papà caro, e si abbandona alla sua volontà. Non è una volontà di morte, ma una volontà di salvezza e di vita per il Figlio e per tutti noi. Il Padre manda anche un conforto, anzi, un rafforzamento per affrontare l'”agonia”, la lotta in corso. I discepoli non lo aiutano, stanno dormendo, come facciamo noi talvolta, quando ci sentiamo “giù di corda” per le vicende della vita.
Riceviamo oggi una notizia molto interessante che peraltro abbiamo attraversato anche nel brano precedente dove abbiamo ascoltato la piccola conversazione tra Gesù e Simon Pietro. Allora ci ha commossi e rallegrati per questo “io ho pregato per te”: potevamo supporlo ma diventa profonda e feconda rivelazione se e quando lo ricordiamo. Oggi questo tema della preghiera si dilata ma proprio per questo è importante trattenere nella mente e nel cuore quel “io ho pregato per te”. Scusate la piega banale: io ho sperimentato in passaggi della mia vita di povero prete peccatore il valore assoluto di questa sua preghiera per me. Al v.40 ascoltiamo: ”pregate, per non entrare in tentazione”. Queste parole potrebbero essere osservate nei tentativi, finora infruttuosi, di correggere il passaggio del Padre nostro: “ e non indurci in tentazione”. Questo “non entrare in tentazione” potrebbe voler dire che nella inevitabile prova della tentazione la preghiera di Dio ci aiutasse a “non entrare”. Al v.41 seguiamo Gesù che si allontana, si inginocchia e ancora prega il Padre: “Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà!” (v.42). Qui Luca, e il solo Luca, fa memoria di una visita angelica per confortarlo. Questo verbo “confortare” è molto forte e adesso l’evangelista Luca aggiunge l’espressione “entrato nella lotta”. Gesù è il soggetto di questa lotta: mi sembra importante ricordare che il termine è uguale ad un termine italiano: “agonia”. L’agonia è questa lotta, e nell’uso in italiano dice l’ultimo tratto verso la Pasqua. Qui l’evangelista Luca aggiunge una annotazione fissata come esperienza psico-fisica: “Gesù pregava più intensamente e il suo sudore diventò come gocce di sangue”. Il v.45 ci mostra Gesù di ritorno dai suoi discepoli e dice che questi dormivano per la tristezza.
Dio ti benedica e tu benedicimi.
Tuo. Giovanni