25 Una folla numerosa andava con lui. Egli si voltò e disse loro: 26 «Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. 27 Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo. 28 Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? 29 Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, 30 dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”. 31 Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? 32 Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace. 33 Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo. 34 Buona cosa è il sale, ma se anche il sale perde il sapore, con che cosa verrà salato? 35 Non serve né per la terra né per il concime e così lo buttano via. Chi ha orecchi per ascoltare, ascolti».
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La traduzione inevitabilmente “debole” del ver.26 mi sembra perda l’occasione per una precisazione molto preziosa! Dunque, alla lettera, il testo dice, non “Se… non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre … e perfino la propria vita …”, ma “Se uno viene a me e non odia suo padre, e la madre … e la sua stessa vita …”. Questo “odiare” mi sembra debba essere preso così com’è!
Infatti, questo “odio” è un elemento di grande liberazione spirituale e culturale.
Io non ho mai sperimentato che per andare dietro al Signore dovevo “odiare mio padre…”.
Ma certamente ho visto che non potevo “mitizzare” la sua paternità: mio padre era il mio preziosissimo “fratello” in Dio, che mi ha generato e mi ha condotto con la sua meravigliosa paternità nei miei confronti, lui stesso annunciandomi e testimoniandomi la signoria di Gesù!
Quando invece la relazione umana, anche la più preziosa, diventa un “mito”, diventa prigione e magari anche idolatria, e non è più quell’amore che nel mio papà mi ha mostrato un segno stupendo della paternità di Dio.
E mio papà non ha certo ostacolato la paternità di Dio, ma l’ha favorita e illuminata con la sua stessa vita di figlio di Dio!
Perciò io attribuisco un grande valore a questo violento verbo “odiare”, che, tanto per fare un altro esempio, impedisce che la patria sia considerata un “madre” per la quale offrire la vita andando in guerra! La patria la si serve facendo la pace e opponendosi ad ogni guerra!
Oggi noi onoriamo la nostra terra non se rifiutiamo e respingiamo i nostri fratelli che fuggono dalle loro terre di miseria o di oppressione e cercano rifugio da noi! Ma accogliendoli come fratelli perché figli dello stesso nostro Padre!
Mio papà dandomi il suo grande esempio di vita cristiana e incoraggiando la mia, mi ha profondamente illuminato! Dio lo benedica nella gioia eterna del suo regno!
Il ver.27 ribadisce che il discepolo è colui che prende la sua piccola croce come segno e fedeltà alla Croce di Gesù e lo segue.
Mi affascinano profondamente anche i due “esempi” dei vers.28-30 e 31-32!
E’ meraviglioso che questi due esempi sulla necessità di “avere risorse” (i soldi per costruire la torre e la forza militare per vincere la battaglia contro uno molto più forte di lui!) siano proposti per indicare ed esigere la volontà di rinunciare a tutto quello che si ha!
Per essere forti nella fede è necessario accogliere il supremo tesoro della fede di Gesù rinunciando ad ogni altra garanzia umana e mondana!
Il sale è l’immagine stupenda della fede.
Se il sale perde il sapore non può che essere buttato.
La fede è “il sale” che rende tutto saporito e buono!
Persino le prove della vita!
Fino a quella “sorella nostra morte corporale” per la quale S. Francesco di Assisi loda il Signore.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
In effetti, quel verbo “odiare” ci lascia un po’ interdetti e viene attenuato in vari modi nelle Bibbie. La TOB lo traduce con “preferire”, amare di meno. La Bibbia di Ger. lascia il verbo “odiare”, ma in nota dice che è un ebraismo. “Gesù non chiede l’odio – aggiunge -, ma il distacco completo e immediato”. – In realtà tante parole di Gesù e dei Vangeli sono state edulcorate o poco considerate: prese sul serio, cambierebbero il nostro modo di essere suoi discepoli. Altre parole, invece, sono state distorte o mal intese; ne derivano conseguenze nefaste tuttora anche per noi. Così per il v.27: “Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo”. La croce si deve prendere e portare, non è una sciagura mandata da Dio. Il nostro Padre non “distribuisce” croci e castighi, come a volte si sente dire. La croce per Gesù è stata l’ora dell’umiliazione, della derisione, dell’abbandono da parte di tutti… Così per il discepolo fedele.