21 In quella stessa ora Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo e disse: «Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. 22 Tutto è stato dato a me dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo». 23 E, rivolto ai discepoli, in disparte, disse: «Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete. 24 Io vi dico che molti profeti e re hanno voluto vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono».
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COMMENTO
Il tema dominante di questo testo è la gioia grande, semplice e sincera di Gesù.
Il regalo di Dio esige di essere accolto e custodito con grande cura. Questo è il motivo della adesione di Gesù al carattere anche “nascosto” di tale evento. Ci sembra molto importante l’esigenza di tale riservatezza, soprattutto nei confronti dei “sapienti” e dei “dotti”.
L’attenzione particolare e il favore riservato ai “piccoli” dice forse che il pericolo sarebbe un inevitabile consegna alla “mondanità”. Per questo, devono essere favoriti i più piccoli e bisogna essere prudenti con i “grandi” della realtà mondana.
Non si tratta di voler escludere qualcuno, ma è evidente che solo i piccoli e i poveri possono accogliere e vivere l’orizzonte umile di chi ha bisogno di essere accolto e salvato.
Non può essere mondanizzata una relazione tanto preziosa: come Gesù ha ricevuto il dono dal Padre, così potrà esserne partecipe solo “colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo”. A questi piccoli il dono è consegnato: “Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete”. Vangelo e povertà sono realtà inseparabili. I “profeti” e i “re” del mondo non possono né vedere, né ascoltare.
Solo coloro che si convertono alla povertà e alla croce del Figlio di Dio possono essere partecipi di questo meraviglioso Regno dei piccoli e dei poveri.
Dio ti benedica e tu prega per noi. Giovanni e Francesco