Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe (Anno B)
Le letture sono:
Gen 15,1-6; 21,1-3 Sal 104 Eb 11,8.11-12.17-19 Lc 2,22-40.
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– Nota: La redazione del foglietto è sospesa per le vacanze natalizie e riprenderà con il “foglietto” di domenica 18 Gennaio 2015. A tutti un cordiale e fraterno augurio di santo e sereno Natale e di buon inizio dell’anno nuovo.
Nota del 26 dicembre 2014
Anche in assenza del “foglietto domenicale”, Giovanni ha comunque inviato queste “spigolature antropologiche” in preparazione a questa domenica della santa Famiglia, che volentieri condividiamo con tutti voi assieme ai rinnovati auguri per questo periodo di festività.
Le feste implacabilmente “stringono” i tempi ed è ovvio che tra il Natale e la Domenica della Santa Famiglia quest’anno il tempo è veramente breve. Io approfitto di questa precarietà per cogliere nella Parola di questa Domenica la conferma, e anche una preziosa illuminazione, di quella che mi sembra considerata la fonte e la base della grande, straordinaria, riforma della nostra Chiesa, che io ritengo sia iniziata con il ministeri papale di Francesco l’Argentino. Una riforma che si può dedurre in questi suoi primissimi passi proprio riflettendo sulla linea di interpretazione che il Papa indica per il rapporto con la Parola di Dio. La tesi assolutamente fondamentale è che Dio parla sempre “nella storia” e non fuori di essa. Nelle poche righe di questo foglietto posso solo accennare alla grande rivoluzione che questo porta – o porterà, o porterebbe! – nel pensiero cristiano, ormai secolarmente fossilizzato nella sua dipendenza dal pensiero classico, al pounto che, per entrare nella teologia cristiana, bisognava che gli studenti passassero per la filosofia greca e quindi la “scolastica” e la “neo-scolastica”, e quindi la “teologia naturale”, e cioè un pensiero che dimostra tutto di Dio senza aver bisogno della Parola di Dio! Non vogliatemene se vi sembro spicciativo e quindi banale. Piuttosto, cominciamo a pensare e a conversare insieme su queste ipotesi! Nella Parola che oggi riceviamo dalla bontà di Dio emerge potente la tesi secondo la quale la fede non è una dottrina, ma piuttosto una storia! Una storia certamente fondamentale, ma proprio per questo incessantemente in cammino, perché Dio non lo si può “capire”, cioè non lo si può catturare conoscitivamente, ma deve essere incessantemente “ascoltato” nella sua Parola che è costituzionalmente antica e sempre nuova! In tale senso è meraviglioso il tributo che oggi la Parola di questa Liturgia rende alla fede ebraica e alla sua assoluta diversità e originalità rispetto a tutte le altre proposte “religiose” e “spirituali”: da Abramo, piuttosto “martirizzato” nel testo della Lettera agli Ebrei, fino alla Presentazione di Gesù al Tempio da parte dei suoi genitori, e alle parole meravigliose di Simeone e a quelle di lode della vecchia profetessa Anna, tutta la memoria della fede ebraica si raccoglie e si esalta nella memoria della storia della salvezza che Dio ha intessuto per il suo popolo e per ognuno dei suoi figli. Così è la fede per ognuno di noi! E’ la nostra personale e comunitaria “storia della salvezza” di cui la Parola biblica è la rivelazione e l’interpretazione. La Parola di Dio diviene “carne” in ciascuno di noi e in ogni chiesa. Penso al dolore che vivo quando qualcuno mi dice di non avere la fede. Il che può essere, ovviamente! Ma molte volte devo constatare che la non fede di qualcuno è non-fede nei confronti di un “dio” che non esiste, che non è quello che si rivela nella sua Parola e che si comunica alle persone e ai popoli. La fede è dunque l’incontro rea la Parola di Dio e la storia di ciascuno di noi, con i nostri peccati e con tutti i doni che riceviamo dal Signore. Oggi è dunque, l’occasione preziosa perché ognuno possa ripercorrere e riflettere sulla storia della sua vita come storia della sua salvezza. E possa fare memoria e possa confermare la sua comunione con il dono ricevuto da Dio. Tale dono è la Persona stessa di Gesù, così come fino ad oggi si è donato a ciascuno di noi.
Testi Liturgici:
Genesi 15,1-6; 21,1-3
In quei giorni, fu rivolta ad Abram, in visione, questa parola del Signore: «Non temere, Abram. Io sono il tuo scudo; la tua ricompensa sarà molto grande». Rispose Abram: «Signore Dio, che cosa mi darai? Io me ne vado senza figli e l’erede della mia casa è Elièzer di Damasco». Soggiunse Abram: «Ecco, a me non hai dato discendenza e un mio domestico sarà mio erede». Ed ecco, gli fu rivolta questa parola dal Signore: «Non sarà costui il tuo erede, ma uno nato da te sarà il tuo erede».
Poi lo condusse fuori e gli disse: «Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle» e soggiunse: «Tale sarà la tua discendenza».
Egli credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia.
Il Signore visitò Sara, come aveva detto, e fece a Sara come aveva promesso. Sara concepì e partorì ad Abramo un figlio nella vecchiaia, nel tempo che Dio aveva fissato. Abramo chiamò Isacco il figlio che gli era nato, che Sara gli aveva partorito.
Salmo 104(105)
TI BENEDICA IL SIGNOR E TI PROTEGGA, SU TE SPLENDA IL SUO VOLTO, TI DONI PACE
Rendete grazie al Signore e invocate il suo nome,
proclamate fra i popoli le sue opere.
A lui cantate, a lui inneggiate,
meditate tutte le sue meraviglie.
Gloriatevi del suo santo nome:
gioisca il cuore di chi cerca il Signore.
Cercate il Signore e la sua potenza,
ricercate sempre il suo volto.
Ricordate le meraviglie che ha compiuto,
i suoi prodigi e i giudizi della sua bocca,
voi, stirpe di Abramo, suo servo,
figli di Giacobbe, suo eletto.
Si è sempre ricordato della sua alleanza,
parola data per mille generazioni,
dell’alleanza stabilita con Abramo
e del suo giuramento a Isacco.
Ebrei 11,8.11-12.17-19
Fratelli, per fede, Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava.
Per fede, anche Sara, sebbene fuori dell’età, ricevette la possibilità di diventare madre, perché ritenne degno di fede colui che glielo aveva promesso. Per questo da un uomo solo, e inoltre già segnato dalla morte, nacque una discendenza numerosa come le stelle del cielo e come la sabbia che si trova lungo la spiaggia del mare e non si può contare.
Per fede, Abramo, messo alla prova, offrì Isacco, e proprio lui, che aveva ricevuto le promesse, offrì il suo unigenito figlio, del quale era stato detto: «Mediante Isacco avrai una tua discendenza». Egli pensava infatti che Dio è capace di far risorgere anche dai morti: per questo lo riebbe anche come simbolo.
Luca 2,22-40
Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, [Maria e Giuseppe] portarono il bambino [Gesù] a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.
Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:
«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo
vada in pace, secondo la tua parola,
perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,
preparata da te davanti a tutti i popoli:
luce per rivelarti alle genti
e gloria del tuo popolo, Israele».
Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».
C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.
Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.
CANTI PER LA LITURGIA DOMENICALE DELLA DOZZA (cliccare sul titolo per ascoltare l’audio)