23 Gesù quando incominciò il suo ministero aveva circa trent’anni ed era figlio, come si credeva, di Giuseppe, figlio di Eli, 24 figlio di Mattàt, figlio di Levi, figlio di Melchi, figlio di Innài, figlio di Giuseppe, 25 figlio di Mattatìa, figlio di Amos, figlio di Naum, figlio di Esli, figlio di Naggài, 26 figlio di Maat, figlio di Mattatìa, figlio di Semèin, figlio di Iosek, figlio di Ioda, 27 figlio di Ioanan, figlio di Resa, figlio di Zorobabèle, figlio di Salatiel, figlio di Neri, 28 figlio di Melchi, figlio di Addi, figlio di Cosam, figlio di Elmadàm, figlio di Er, 29 figlio di Gesù, figlio di Elièzer, figlio di Iorim, figlio di Mattàt, figlio di Levi, 30 figlio di Simeone, figlio di Giuda, figlio di Giuseppe, figlio di Ionam, figlio di Eliacim, 31 figlio di Melèa, figlio di Menna, figlio di Mattatà, figlio di Natàm, figlio di Davide, 32 figlio di Iesse, figlio di Obed, figlio di Booz, figlio di Sala, figlio di Naàsson, 33 figlio di Aminadàb, figlio di Admin, figlio di Arni, figlio di Esrom, figlio di Fares, figlio di Giuda, 34 figlio di Giacobbe, figlio di Isacco, figlio di Abramo, figlio di Tare, figlio di Nacor, 35 figlio di Seruk, figlio di Ragau, figlio di Falek, figlio di Eber, figlio di Sala, 36 figlio di Cainam, figlio di Arfàcsad, figlio di Sem, figlio di Noè, figlio di Lamech, 37 figlio di Matusalemme, figlio di Enoch, figlio di Iaret, figlio di Malleèl, figlio di Cainam, 38 figlio di Enos, figlio di Set, figlio di Adamo, figlio di Dio.
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Mi accosto tremante ad un testo che in altri tempi – ma certamente anche oggi! – ho considerato con molta superficialità. Oggi tutto mi sembra, e sempre più, troppo grande per me, e ogni volta che questo pensiero mi domina, mi sento esposto all’immensità della “Parola”, quella di Dio, s’intende, ma in certo modo anche alla nostra parola, così povera eppure così irrimediabilmente costretta a riflettere il peso, il mistero, della Parola. Quello che di supremo ha Dio stesso! E’ Dio stesso! Per questo mi piace oggi lasciarmi avvicinare dalla Parola nella sua ricchezza-povertà enigmatiche, senza “aggiustarla”. Mi piace l’umiltà della versione latina che la trasmette così, senza tentare di adeguarne il mistero ai limiti della nostra piccola mente, e con questo consentendo, e ingiungendo, alla nostra piccola mente di non cessare di peregrinare, senza mai giungere, nella Parola stessa.
Dunque dice: “Ed Egli stesso Gesù era iniziante quasi di trent’anni,come si riteneva, figlio di Giuseppe…”. Ma qui la stessa versione latina non resiste, e introduce un piccolo elemento – ma quanto determinante! – che accompagna tutta la memoria dell’ascendenza del Signore, e dice quello che il greco non ha: “che fu di..”. Il testo originale ha solo uno scarnissimo “di..”. Quindi “…essendo figlio, come si riteneva, di Giuseppe, di Eli, di Mattàt, di Levi, di Melchi…”. Quindi, non “figlio di Giuseppe” e nipote di Eli, e quindi bisnipote di Mattàt…Ma sempre tutto legato a quel “figlio di…”. Sempre “figlio di”. Sempre figlio!
Quindi questa “genealogia” che cammina all’indietro – diversamente da quella di Matteo 1,1ss – è collocata dentro a questo “inizio, principio” che la recupera tutta, sino ad Adamo. Diventa quindi sciocca la preoccupazione di verificare la plausibilità storica – che certamente non c’è! – di queste ascendenze di Gesù di Nazaret, di fronte all’immensità dell’intenzione evangelica che proprio in questo vuole mostrarci il senso recondito della persona e dell’opera del Signore, che è quello di recuperare alla salvezza e alla piena famigliarità con Dio tutta la famiglia umana, così come la fede di Israele l’ha custodita per tutto il mondo e per tutte le generazioni. E’ Gesù che si fa “Figlio dell’Uomo”, figlio di ogni uomo e di ogni donna, per ricuperare ogni uomo e ogni donna di tutte le generazioni e di tutti i luoghi della storia, per portare tutti e tutte nell’unica famiglia di Dio. Così appunto il ver. 38: “…di Enos, di Set, di Adamo, di Dio”!!!
Il confronto oggi opportuno, anzi necessario, tra la genealogia del nostro testo lucano e la genealogia di Matteo, grida lo spezzarsi del limite “giudaico”, perché il Signore del Vangelo è il Messia di tutte le genti, è il principio di tutto, e quindi non solo “i tutti”, ma anche “il tutto” devono essere guadagnati da Gesù e dalla sua Pasqua alla figliolanza verso l’unico Padre di Gesù Cristo, ormai Padre Nostro! Scusate queste banalità di cui arrossisco.
Il nostro commento è piuttosto un balbettio, specie in relazione all’ultimo versetto.
Si è naturalmente messo in rapporto il testo di oggi con l’annuncio dell’Angelo di un concepimento da Spirito Santo e con la dichiarazione del Padre che precede immediatamente il testo di oggi, “Tu sei il mio Figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto”. Questa generazione da Spirito e l’elezione diretta del Padre affermata nel testo di ieri, sono in qualche modo ripresi dalle parole “come si credeva”. Queste però mettono ancora più in evidenza la forza della fine del testo: anche questa lunga sequenza di figliolanze arriva a Dio. Il “come si credeva” non appare dunque come una relativizzazione del fatto che Gesù ne diventi partecipe, ma come una sottolineatura della bellezza della congiunzione delle due linee.
“Cominciò”: alcuni passi degli Atti degli Apostoli si collegano a questo sottolineando il periodo che appunto comincia col Battesimo di Giovanni e che arriva fino all’Ascensione; ad es riguardo al criterio relativo alla scelta di chi deve sostituire Giuda. Accanto all’inizio eterno del Verbo, e all’inizio della storia della salvezza narrata nei primi capitoli di Luca, c’è questo inizio di un tempo per sé molto breve, ma che è il centro di tutta la storia, “l’ombelico” di tutto il tempo.
Questo testo ci insegna come comporre correttamente le nostre linee genealogiche, senza fermarci troppo presto. In questo è ammirevole lo sforzo del popolo ebraico, che ha dei riflessi in tanti passi della Scrittura, di non perdere “le tracce”, di ricostruire e tenere nella memoria una sequenza su cui il Vangelo possa dichiarare “di Dio”.