44 Era verso mezzogiorno, quando il sole si eclissò e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. 45 Il velo del tempio si squarciò nel mezzo. 46 Gesù, gridando a gran voce, disse: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Detto questo spirò.
47 Visto ciò che era accaduto, il centurione glorificava Dio: «Veramente quest’uomo era giusto». 48 Anche tutte le folle che erano accorse a questo spettacolo, ripensando a quanto era accaduto, se ne tornavano percuotendosi il petto. 49 Tutti i suoi conoscenti assistevano da lontano e così le donne che lo avevano seguito fin dalla Galilea, osservando questi avvenimenti.

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Propongo un’interpretazione dei vers.44-45, che come il solito vi chiedo di considerare con molta cautela. Sono attirato, in riferimento a queste parole, dai versetti dell’Apocalisse che dicono la fine dei tempi e l’instaurazione della gloria finale e l’abitazione di Dio con gli uomini,e in particolare Ap.21,23-26. Ho ben in mente anche quello che abbiamo ascoltato circa la fine del mondo e il legame di ciò con la distruzione del tempio. Per questo sono portato a considerare questa “scena” della morte del Signore nella prospettiva finale: finisce tutto il mondo di prima e s’instaura il regno nuovo. Nella città della fine non c’è bisogno della luce del sole, e non c’è più il tempio, perchè i segni ormai cedono a Colui che significano, cioè la presenza di Dio tra gli uomini, presenza che si compie e si attua in Gesù Cristo e centralmente nella sua Pasqua: Lui è la luce, Lui è il Tempio nuovo, il luogo dell’abitazione di Dio con gli uomini. In Lui e con Lui muore la vecchia creazione e termina la vecchia economia di preparazione e di profezia. In particolare, lo squarcio del velo del tempio indica contemporaneamente la fine della vecchia economia con l’accesso a Dio, in Gesù; e l’accesso alla salvezza di tutte le genti che prima non potevano entrare nel tempio.
In questa prospettiva, la citazione del Sal.30(31),6 dice la direzione nuova della vicenda dell’uomo, e con lui , del cosmo, non più verso la morte ma verso Dio Padre. Tale mi sembra il senso della preghiera, “Padre, nelle tue mani affido-consegno il mio spirito”; per questo io terrei molto accostati i due verbi, quello che dice di questa consegna e quello che in italiano è reso con “spirò”, che non penso voglia più dire “morire”, o perlomeno non voglia dire solo e soprattutto questo, dato che la morte è diventata grembo della pienezza dell’incontro con Dio Padre.
La seconda parte del nostro testo, i vers.47-49, è dominata dalla presenza del verbo “vedere”, che compare in tutti i tre versetti, anche se la versione italiana attenua la forza delle parole sia al ver.48, dove si dice “ripensando” invece che “vedendo” le cose avvenute, sia al ver.49 dove sostituisce il verbo vedere con il verbo osservare. Insisto sull’importanza di questo “vedere”, perchè secondo me è la fonte e la conferma del nostro quotidiano raccoglierci insieme, o meglio del nostro quotidiano essere raccolti insieme dallo Spirito di Dio, per “vedere”: vedere la Pasqua di Gesù, vederla nella celebrazione della divina Liturgia attraverso i suoi segni e le sue parole.
E notiamo la potenza di questo “vedere”: è il vedere nuovo, secondo la fede, del centurione, al ver.47; è il vedere delle folle che si allontanano poi, per una vita di conversione (“percuotendosi il petto”); e infine il “vedere” queste cose come l’atto centrale e sostanziale di tutti coloro che gli sono vicini (alla lettera, gli sono noti) e che l’hanno seguito (come le donne della Galilea).
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
“Era mezzogiorno”: sappiamo che proprio in quel momento venivano sacrificati nel tempio gli agnelli della Pasqua ebraica. Si allude quindi al fatto che Gesù è il nuovo agnello pasquale, salvezza degli uomini, cibo per il viaggio… E infatti, nei versetti successivi, ci sono allusioni all’antico esodo (il sole che si eclissa, il buio che avvolge tutto): siamo quindi al nuovo e definitivo esodo che possiamo compiere con Gesù. – Citando il Sal. 30 (invece del drammatico “Dio mio, perché mi hai abbandonato”), Gesù “affida il suo spirito” al Padre amoroso; poi “emette il suo spirito” per noi, quello Spirito vivificante che zampilla nei credenti per una vita eterna. – Il riconoscimento del centurione, il pentimento della folla, la meditazione-visione dei seguaci sembrano i frutti immediati, i segni del capovolgimento avvenuto con il dono della vita da parte del Signore.
Le parole di Gesù secondo il Vangelo di Luca sono una sintesi della preghiera del Padre nostro che egli stesso aveva insegnato agli apostoli. Gesù è totalmente affidato al Padre, e a lui consegna tutto, come più in ampio mostrano i cap.13-17 di Giovanni, compreso il suo spirito. Proprio perchè completamente consegnato al Padre, lo spirito sarà effuso su tutti gli uomini.
Le parole dette dal centurione, secondo il Vangelo di Luca “veramente quest’uomo era giusto”, sembrano meno forti che quelle riportate da Mt. e Mc., “figlio di Dio”. Però sono in continuità con quanto il ladrone concrocifisso scopre. 1 Pt. annuncia che “Cristo è morto..giusto per gli ingiusti”. Il centurione, collegandola alla visione della morte in croce di Gesù, intuisce di essere di fronte a una giustizia nuova, radicalmente diversa da quella giustizia che i farisei si arrogano di avere, disprezzando gli altri. Si trova di fronte alla giustizia di Dio che si manifesta nel suo Cristo e giustifica gli uomini, perdonandoli e salvandoli, e che è una cosa sola con l’amore di cui leggiamo in 1 Giovanni.
Molti elementi riportano al battesimo del Signore. Qui si squarcia il velo, là i cieli; là lo Spirito scende su Gesù e qui Gesù lo consegna al Padre; là il Padre dice tu sei il mio figlio prediletto, qui Gesù grida Padre; inoltre secondo gli altri evangelisti c’è l’ordine “ascoltatelo” e qui c’è la confessione di fede del centurione. Il velo squarciato, come pure nel battesimo i cieli aperti, rivelano la grande opera di Gesù di annullamento della distanza, annullamento proclamato dalla 1 gv. di oggi, nel rimanere reciproco di noi in Dio e di Dio in noi, nel mistero dell’amore che è Dio stesso.
Nel testo di oggi è messo in grande evidenza il vedere, che con verbi differenti è di tutti; del centurione, delle folle e dei conoscenti e delle donne.