39 Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi!». 40 Ma l’altro lo rimproverava: «Neanche tu hai timore di Dio e sei dannato alla stessa pena? 41 Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni, egli invece non ha fatto nulla di male». 42 E aggiunse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». 43 Gli rispose: «In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso».
Seleziona Pagina
Rispetto alle frasi oltraggiose rivolte ieri a Gesù dai capi e dai soldati (vers.35-37), quello che gli dice il malfattore impenitente è già un grande passo ulteriore, sia perchè viene da un uomo immerso nel dramma della sua vita, sia perchè coglie in ogni modo la presenza-partecipazione del Cristo di Dio alla sua condanna a morte:”Salva te stesso e noi!”(ver.39). Da una parte quindi riconosce il mistero di questa presenza, ma dall’altra non ne coglie l’immensità. E soprattutto questo lo spinge verso l’oltraggio e non verso la penitenza del cuore.
E’ quello che invece mette in evidenza l’altro condannato che splende non solo per la profondità del suo umile pentimento, ma per la sua straordinaria intuizione teologica. L’affermazione del ver.40 è enorme! Ci aiuta innanzi tutto a tener presente il significato profondo del “timore di Dio”, come percezione stupefatta e attonita della presenza di Dio nella povera storia dell’umanità. E qui, quale storia, e quale coinvolgimento! Notiamo la forza drammatica che le parole assumono per il legame tra “timore di Dio” e il fatto della loro condanna alla “stessa pena”(!!) …di Dio: Dio che è entrato nella stessa “pena” del peccatore! Gesù è Dio che entra nella vicenda condannata e perduta dell’uomo! Lui, l’Innocente:”Egli non ha fatto nulla di male”. Il malfattore redento coglie tutto lo scandalo del farsi piccolo di Dio fin dentro al peccato dell’uomo. Mi torna alla mente l’espressione meravigliosa e tremenda di 2Corinti 5,21:”Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato,(ma qui, alla lettera, il testo dice “lo fece peccato”!) in nostro favore, perchè noi potessimo diventare per mezzo di Lui giustizia di Dio”.
A questa straordinaria luminosità sapienziale il malfattore pentito fa seguire il grande movimento di conversione che quella luce genera in lui: “Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno”(ver.42). E al ver.43 la pronta, stupefacente e stupenda risposta del Signore:”In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso”. Mi affascina sempre più il pensiero dei due primi grandi convertiti dalla Pasqua di Gesù:questo malfattore che diventa il primo salvato, accanto al Cristo primogenito dei risorti da morte; e, come troveremo al ver.47, il centurione che, davanti a quanto avviene, glorifica Dio dicendo: “Veramente quest’uomo era giusto”.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
La preghiera del malfattore “Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo Regno” mi sembra molto bella perchè, nel momento della morte, getta uno sguardo, una speranza, un ponte verso il futuro, verso il “dopo”, verso il Regno. E’ come se il ladrone, a motivo di Gesù crocifisso accanto a lui, trovi la forza di sperare. Chiede un semplice ricordo… e Gesù gli promette invece molto di più: “sarai con me!”.
L’altro invece sembra dominato dalla disperazione. La salvezza non può essere altro che scendere dalla croce, evitare la morte… Ma essendo impossibile si lascia andare allo scherno.
“La stessa pena”. Va proprio contro il nostro abituale modo di pensare, il Signore. Spesso, di fronte al mistero del male e alle domande in proposito che a noi credenti vengono poste, più che a tanti discorsi, la mente e il cuore vanno all’immagine di Cristo crocifisso, che ci sembra la risposta di Dio, una risposta viva e storica, più che concettuale e logica. Oggi leggiamo questa frase del “buon ladrone”, che dice questo fatto con parole esatte: “la stessa pena”. E’ davvero un amore implacabile quello di chi come Lui sceglie di esserci compagno fino in fondo. Un amore al quale, prima o poi, non potremo resistere.
Le frasi dei capi, dei soldati e del primo malfattore sottolineano l’impossibilità di salvarsi da parte di Gesù; e noi pensiamo a quella che appare, secondo i nostri canoni”, l'”impotenza di Dio” di fronte all’ingiustizia, alla malvagità, alla morte… Gesù, in verità, sta qui vivendo appieno la sua umanità, percorrendo quel passaggio ineludibile per ogni vero uomo, che è la morte. – Dopo la bella e semplice preghiera del secondo malfattore, veniamo consolati: la vita continua, la salvezza è immediata (importante quell'”OGGI” che Gesù dice al condannato), ci attende la vita con Lui, nel suo regno…
Ci piace credere che la Chiesa, il popolo dei credenti, sia rappresentato da quel ladrone che ad un certo punto intuisce che quell’uomo sulla croce di fianco a lui è il Signore, il Figlio di Dio.
Ancora più impressionante ipotizzare che il ladrone non fosse nè battezzato, nè comunque inserito nel ‘giro’ dei discepoli.
Tutti possono quindi riconoscere in Gesù il Signore.
Una storia comune di condanna e di grazia immeritata che continua a farci sperare e immergere sempre più grati nel Suo amore.