23,1 Tutta l’assemblea si alzò, lo condussero da Pilato 2 e cominciarono ad accusarlo: «Abbiamo trovato costui che sobillava il nostro popolo, impediva di dare tributi a Cesare e affermava di essere il Cristo re». 3 Pilato lo interrogò: «Sei tu il re dei Giudei?». Ed egli rispose: «Tu lo dici». 4 Pilato disse ai sommi sacerdoti e alla folla: «Non trovo nessuna colpa in quest’uomo». 5 Ma essi insistevano: «Costui solleva il popolo, insegnando per tutta la Giudea, dopo aver cominciato dalla Galilea fino a qui».
Post correlati
5 Commenti
Lascia un commento
Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.
Le categorie
- Audio (963)
- Audio e Video (623)
- Dalla Chiesa e dal mondo (168)
- Giovanni scrive… (515)
- Giuseppe scrive… (2)
- Incontri e approfondimenti (444)
- La lectio quotidiana (4.567)
- Le nostre notizie (1.004)
- Letture domenicali e festività (818)
- Senza categoria (7)
- Video (149)
Telegram
Archivi
Gli ultimi articoli pubblicati
- Matteo 5,38-48
- Omelia di d. Giuseppe Scimè – Pentecoste (Anno A) – 28 maggio 2023
- Visitazione della Beata Vergine Maria – 31 maggio 2023
- Le Letture e i canti di domenica 4 giugno 2023 – SS. Trinità (Anno A)
- Omelia di d. Francesco Scimè – Solennità di Pentecoste (Anno A) – 28 maggio 2023
- Omelia di d. Andrea Bergamini – Solennità di Pentecoste (Anno A) – 28 maggio 2023
- Omelia di d. Andrea Bergamini– Liturgia nella vigilia di Pentecoste – 27 maggio 2023
- Omelia di d. Francesco Scimè – Liturgia nella vigilia di Pentecoste – 27 maggio 2023
- Matteo 5,33-37
- Omelia di d. Francesco Scimè e d. Giovanni Nicolini – Messa esequiale di Liana Calzecchi – 27 maggio 2023
Sono molto grato al Signore che ci regala questo testo evangelico, molto caratteristico di Luca, proprio in questi giorni nei quali si è riaccesa la polemica nei confronti di Giuseppe Dossetti. Mi perdoneranno quelli tra voi che meno conoscono don Giuseppe e sono quindi meno interessati a custodirne integra la memoria. A loro peraltro devo dire che è per l’opera e la testimonianza di fede di Dossetti che ricevono questo commentino quotidiano. Mi impressiona dunque come il nostro brano di oggi mostri con chiarezza una mistificazione palese. Gli accusatori di Gesù portano al governatore accuse che si riferiscono tutte alla dimensione politica. In realtà la loro opposizione a Gesù è teologica, spirituale e quindi etica. Così per don Giuseppe. Si dice che sono le tesi politiche, o addirittura la sua manìa politica, a destare più sospetti e opposizioni. E’ il Dossetti politico quello che ufficialmente viene contestato in quanto il suo pensiero politico condizionerebbe e devierebbe la sua riflessione spirituale. Ma è vero esattamente il contrario. Le sue tesi politiche sono tutte relative – e non obbligatoriamente accettabili – alla sua più profonda concezione della vita cristiana, ai suoi fondamenti, e alle sue conseguenze sulla storia dei singoli, della comunità ecclesiale e dell’intera comunità umana. Ed è questo che di Dossetti non viene accettato soprattutto da chi nello spazio ecclesiale non riesce a celare una preoccupata attenzione agli equilibri di potere pur ostentando linguaggi e proposizioni apparentemente spregiudicati, ma in realtà funzionali ad intese tra i vertici del potere. Quello che di Dossetti si respinge è in realtà la concezione cristologica, e quindi ecclesiologica, che in lui scaturiscono dal primato della signorìa di Gesù, il Cristo di Dio, il Signore!
Giustamente, per il nostro brano, si richiamano le parole già dette da Gesù al cap.20,20-26 quando si cercava di metterlo in difficoltà presso le autorità politiche per la questione del tributo. La sua affermazione, chiarissima, non consente di porre nessuna delle accuse che ora gli vengono fatte. Conviene oggi riprendere quelle parole, così luminose e nette! E, con un po’ di malizia, si può semmai sottolineare come anch’esse abbiano subìto fraintendimenti nella vicenda ecclesiale diventando argomento per tesi collaborative di divisione dei poteri, o tesi di guerra per rivendicare primati spiritualistici e sacrali.
E’ molto efficace il linguaggio che al ver.2 lo descrive come un messia politico: dottrine sovversive (“sobillava il nostro popolo”), incitamento allo “sciopero fiscale” (“impediva di dare tributi a Cesare”) e affermazione di un potere teocratico (“affermava di essere il Cristo re”). Tutto falso!
Il senso della risposta di Gesù alla domanda di Pilato al ver.3, è chiaramente negativa, e se mai spregiativa. Luca non concede a Pilato alcun atteggiamento di riconoscimento del Signore e di vera azione in suo favore. Tuttavia, al ver.4, come sarà, in modo molto più forte, ai vers.13-22, egli fa un tentativo di coerenza con il codice giuridico e politico da lui rappresentato. Tentativo che verrà fatto naufragare dalle logiche del potere. Dunque, anche in questa occasione, il Signore non cede al minimo coinvolgimento alle ragioni del potere mondano. Questo non vuol dire un atteggiamento spiritualista scollato dalla storia umana, ma afferma la radicale novità-diversità dell’evento cristiano nella storia e nella coscienza dell’umanità.
Il ver.5 ribadisce l’accusa di incitamento alla sommossa, evidenziando quella vastità geografica della sua azione con un riferimento alla Galilea che lo porterà davanti ad Erode.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
“trovare”. La moltitudine ha trovato un sobillatore di popolo, uno che impedisce di pagare i tributi e che bestemmia di essere il Messia. Forse ha scoperto e sa molte altre cose di Gesù, ma in questo momento non le ricorda, le nasconde, non sono utili allo scopo di presentarlo reo di morte al governatore pilato. Pilato da parte sua non “trova” nessun motivo di condanna (lo dirà ben tre volte in questo cap.23). Ma che indagine ha fatto? Sembra molto superficiale e distratto.
Mi sono venute in mente altri punti del Vangelo dove Gesù viene “trovato”: i pastori che lo trovano avvolto in fasce a Betlemme, i primi discepoli, secondo Gv 1,41: “Abbiamo trovato il Messia!”, Lc 24,3 le donne non trovano il corpo di Gesù nel sepolcro…
Qual è il nostro modo di trovare, di presentare, di pensare Gesù?
Mi ha colpito, come nei versetti precedenti, che le accuse rivolte a Gesù siano comunque trasformabili, da Lui, in parole di verità che riguardano il Signore.
Così il popolo ci ricorda che il Cristo è Re. Pilato afferma ‘non trovo nessuna colpa in quest’uomo’. Il popolo ancora afferma che Gesù ha ‘sollevato il popolo’, che ha ‘insegnato’ dalla Galilea ‘fino a qui’. Fino a noi, mi viene da pensare.
Quest’ottica negli altri paralleli, anche per la vicenda di Barabba, non mi sembra possa essere valida. Mi sembra una bella particolarità di Luca. Le accuse rivolte a Gesù dal popolo sono un mezzo per riassumere e riaffermare l’identità del Signore.
Suggerisce già un po’ l’idea di come il Signore riesca a convertire e a trasformare il peccato e a vincerlo, a trasformarlo. E’ la Pasqua che sta già iniziando, forse.
Mi accorgo ora di essermi scostato un po’ dai precedenti commenti. Se ho scritto delle scemenze perdonatemi.
Mi colpisce, nei versetti odierni, un duplice movimento: quello dei membri del sinedrio, che – con un’azione corale spropositata – si alzano e “conducono” Gesù da Pilato; in fondo al testo, invece, il movimento di Gesù stesso, che è andato insegnando “per tutta la Giudea, … dalla Galilea fino qui”. I primi per infliggere morte, il Signore per comunicare vita e il messaggio del Vangelo. Pochi versetti che ci illuminano sulla logica del potere, sulle deformazioni di chi lo detiene e lo esercita. – Per quel poco che ho conosciuto don G. Dossetti, lo vedo come uomo di silenzio, persona “da ultimo posto”, anche quando era il teologo del card. Lercaro al Concilio o suo stretto collaboratore nella guida della diocesi… Ma se necessario, era presente e operante, nella difesa ad esempio della Costituzione e dei suoi valori. Grazie a don Giovanni, che ci aiuta a capire…
Le accuse portate contro Gesù vengono giudicate false anche da Pilato, che non trova nessun motivo di colpa in lui. La prima accusa ricorda nei termini le parole di faraone a Mosè e Aronne “Perchè Mosè e Aronne distogliete il popolo..”. E come Mosè e Aronne erano stati inviati in realtà per la liberazione del popolo dalla schiavitù del faraone dell’Egitto, così Gesù è mandato per la liberazione dalla schiavitù del peccato e della morte e dalla schiavitù della legge.
L’accusa di impedire il tributo a Cesare è evidentemente in contraddizione con la risposta data da Gesù stesso in 20,20-26, dove Gesù non impediva il tributo e tutto ciò che concerneva Cesare, ma piuttosto richiamava all’esigenza assoluta di restituzione di ciò che è di Dio a Dio.
Abbiamo visto che Gesù ama definirsi “Figlio dell’uomo” e, almeno direttamente, non si autodefinisce “Cristo Re”. In più occasione mostra la distanza tra il suo essere e il suo agire e quelli dei re della terra, persino all’interno della cena prima della sua passione. La sua regalità è affermata da Dio sul suo essere il servo; così come il suo esser il Cristo è indissolubilmente legato al suo patire.
Globalmenmte le accuse sono formulate in senso “politico”, glissando le tematiche più propriamente religiose. Questa “astuzia” è per indurre Pilato a appoggiare le loro istanze, ma può anche essere visto come rivelatrice del fatto che in realtà i capi religiosi e del popolo sfuggono a quell’impegno di relazione con Dio sincera e profonda che invece sta alla base dell’insegnamento e dell’esempio portato da Gesù, e che si poggia sulla fede.