54 Dopo averlo preso, lo condussero via e lo fecero entrare nella casa del sommo sacerdote. Pietro lo seguiva da lontano. 55 Siccome avevano acceso un fuoco in mezzo al cortile e si erano seduti attorno, anche Pietro si sedette in mezzo a loro. 56 Vedutolo seduto presso la fiamma, una serva fissandolo disse: «Anche questi era con lui». 57 Ma egli negò dicendo: «Donna, non lo conosco!». 58 Poco dopo un altro lo vide e disse: «Anche tu sei di loro!». Ma Pietro rispose: «No, non lo sono!». 59 Passata circa un’ora, un altro insisteva: «In verità, anche questo era con lui; è anche lui un Galileo». 60 Ma Pietro disse: «O uomo, non so quello che dici». E in quell’istante, mentre ancora parlava, un gallo cantò. 61 Allora il Signore, voltatosi, guardò Pietro, e Pietro si ricordò delle parole che il Signore gli aveva detto: «Prima che il gallo canti, oggi mi rinnegherai tre volte». 62 E, uscito, pianse amaramente.
63 Frattanto gli uomini che avevano in custodia Gesù lo schernivano e lo percuotevano, 64 lo bendavano e gli dicevano: «Indovina: chi ti ha colpito?». 65 E molti altri insulti dicevano contro di lui.
I vers.54-55 hanno il soggetto delle frasi sottinteso. Se cerchiamo questo soggetto nei versetti precedenti siamo condotti verso i “sommi sacerdoti, capi delle guardie e anziani” cui Gesù si rivolgeva nel momento del suo arresto, arresto che sembrava appunto essere messo in atto da questi capi e non da loro subalterni. Dico questo perchè, se vale l’ipotesi, sono loro che accendono il fuoco e vi si siedono intorno al ver.55, e Pietro si siede con loro. Questo fuoco, la cui accensione non viene giustificata dal fatto che faceva freddo, assumerebbe un senso simbolico ancora più forte, quando al ver.56 si dice che la serva vede Pietro seduto non “presso la fiamma”, come dice la versione italiana, ma “presso il lume”, la luce. E la serva parla perchè lo ha “fissato”, così come, al ver.58, un altro lo interpella, perchè “lo vide”. Sembra quasi che Pietro sia riconosciuto perchè sta presso quella luce. E’ la luce della profezia di Israele di cui i capi del popolo sono custodi, anche se non fedeli? Tutto questo appesantirebbe la responsabilità di Pietro. Peraltro una nota della bibbia TOB fa giustamente osservare che rispetto ai testi paralleli di Matteo e Marco, qui Pietro non spergiura.
Mi impressiona il fatto che mentre Pietro rinnega Gesù, sembra insieme distruggere se stesso:”non conosco”, dice ai vers.57 e 60; “non sono” sembra dire al ver.58. Altro fatto notevole è che, per Luca, Gesù è presente a tutta la scena, diversamente dalle memorie di Matteo e Marco, dove Egli è dentro al palazzo dove viene interrogato, mentre Pietro è fuori nel cortile, in mezzo ai servi. Infatti, solo Luca riferisce quel passaggio rapido e terribile del ver.61:”Allora il Signore, voltatosi, guardò Pietro…”.
E’ difficile valutare la diversa gravità del tradimento di Pietro rispetto a quello di Giuda. In ogni modo, di Pietro viene detto quello che è decisivo per ogni peccatore, al ver.62:”E, uscito, pianse amaramente”. Alla gravità del peccato fa seguito o la pienezza del pentimento o l’esposizione ad una suicida disperazione.
I versetti che seguono sembrano sottolineare il contrasto tra quella che poteva essere la vicinanza fedele di Pietro e la violenza oltraggiosa e beffarda degli “uomini che avevano in custodia Gesù”(sono sempre quei “capi” che l’hanno arrestato nell’orto?). Ed è inevitabile ricordare il proposito di Pietro – “con te sono pronto ad andare in prigione e alla morte” del ver.33 – che Gesù aveva contestato preannunciandogli piuttosto quel ravvedimento, che ora vediamo compiersi.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Pietro è ben riconoscibile per essere stato con Gesù, per essere uno di quelli! E’ drammatico constatare come sia temerario l’esporsi a luci che non siano quelle del Signore, che mettono a nudo la nostra povertà, alla quale noi non sappiamo resistere, spesso sapendo bene a cosa andiamo incontro!
Pietro anche se non poteva negare, nega lo stesso, rinnega il suo Signore e in fondo se stesso!
Mi colpisce la rapidità con cui Pietro cade in questo abisso di lontananza e solitudine, e la rapidità (il tutto dura un po’ più di un’ora?) con cui ne comincia ad uscire piangendo pentito: “in quell’istante” in cui parlava rinnegando per la terza volta il gallo canta e viene guardato da Gesù e immediatamente si ricorda, capisce, piange…
Il suo legame con il Signore (dal quale non può sfuggire) e le parole depositate nel suo cuore nella cena gli danno la grazia del pentimento!
Mi è sembrato che le tre negazioni di Pietro possano riguardarci.
‘Non lo conosco’ , vedendo un po’ la prima lettera di Giovanni : ‘Chi dice ‘lo conosco’ e non osserva i suoi comandamenti è bugiardo e la verità non è in lui; ma chi osserva la sua parola, in lui l’amore di Dio è veramente perfetto.
‘Non lo sono’ (di loro) mi è sembrato il rifiuto di essere parte di una storia comune di salvezza in cui i fratelli sono compagni di misericordia ricevuta e segni reciproci del Suo amore.
‘è anche lui un Galileo’ ‘non so quello che dici’ ho visto la negazione della storia personale di salvezza. Della propria identità di uomo e peccatore e di coscienza dell’opera del Padre nella propria vita. Da quando era pescatore ed è stato chiamato e forse, per noi, dal battesimo.
Intanto che si consuma il rinnegamento Gesù viene percosso e schernito. Ho visto qui forte il legame tra il peccato dell’uomo e la Croce.
Mi sembra che oggi,il Signore, attraverso Pietro ci aiuti molto nel suggerirci come rimanere con Lui, con quali orientamenti del cuore.
Nel testo di oggi mi è sembrato che il tema dominante sia la paura. Una paura che continuerà ad accompagnare ancora i discepoli. Penso ai racconti che gli evangelisti fanno del giorno della risurrezione ed anche ai primi incontri con il Risorto. Questa paura mi sembra il motivo che porta Pietro a rinnegare il suo Signore. Mi sembra un atteggiamento molto umano e che sento molto presente nella mia vita e nel mondo oggi soprattutto rispetto all’incontro fra i differenti popoli che mi pare molto ostacolato da questo fatto. Riflettevo sulle risposte di Pietro e mi sembra che il suo rinnegare il Signore vada in tre differenti direzioni “… non lo conosco”, ” … non lo sono”, “… non so quello che dici”. MI sembra cioè che il rinnegare il Signore “… non lo conosco” porti inevitabilemente anche a rinnegare noi stessi “… non lo sono” in quanto figli amati di Dio e anche a rinnegare gli altri “… non so quello che dici”. Da qui mi sembra che derivi una situazione di grande solitudine e tristezza dalla quale soltanto il Signore ci tira fuori guardandoci e consegnandoci ancora la sua Parola “allora il Signore, voltatosi, guardò Pietro, e Pietro si ricordò delle parole che il Signore gli aveva detto”.
Leggendo ancora, questo fuoco attorno al quale sono raccolti ed il triplice rinnagamento di Pietro mi facevano venire in mente il racconto dell’incontro del Signore con i discepoli sul lago di Tiberiade. Mi incuriosiva il fatto che anche in Gv 21, 9 ci sia questo fuoco e che ci sia anche quella triplice domanda ai vv. 15-17 che il Signore rivolge a Pietro circa il suo amore per il Signore. Il dolore che Pietro sente di fronte al Signore che per la terza volta gli chiede “… Mi vuoi bene?” mi sembra lo stesso dolore che troviamo qui al v. 6.
Dopo le ricche osservazioni che leggo su Pietro, preferisco sottolineare qualcosa che riguardi il Signore Gesù. Intanto, l’indicazione che si deduce dal v. 59: Gesù e i suoi sono considerati e definiti dei “galilei”; questa non era solo una indicazione di carattere geografico, ma conteneva una connotazione di disprezzo e faceva riferimento anche al fatto che i galilei erano considerati “teste calde”, agitatori. – La seconda immagine è straordinaria: Gesù che si volta e fissa lo sguardo su Pietro. Com’è diverso questo sguardo da quello della serva che lo “guardò attentamente” o dagli altri che “lo videro” per accusarlo… – Infine, Gesù portato ad essere torturato, picchiato, offeso e messo a morte proprio nella casa del sommo sacerdote! Che amaro paradosso!