25 Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e timorato di Dio, che aspettava il conforto d’Israele; 26 lo Spirito Santo che era sopra di lui, gli aveva preannunziato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Messia del Signore. 27 Mosso dunque dallo Spirito, si recò al tempio; e mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per adempiere la Legge, 28 lo prese tra le braccia e benedisse Dio:
29 «Ora lascia, o Signore, che il tuo servo
vada in pace secondo la tua parola;
30 perché i miei occhi han visto la tua salvezza,
31 preparata da te davanti a tutti i popoli,
32 luce per illuminare le genti
e gloria del tuo popolo Israele».
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Israele non solo attende, ma anche accoglie il Messia di Dio. Per completare il grande affresco di questo incontro del popolo della Prima Alleanza con il Cristo, la memoria evangelica secondo Luca, che ci ha preso per mano con le figure della famiglia sacerdotale e profetica di Giovanni Battista, ora ci fa conoscere le figure del giusto Simeone e della profetessa Anna, per annunciare a noi e a tutte le generazioni cristiane il grande incontro e la piena accoglienza del Figlio di Dio da parte dei padri ebrei, mirabilmente rappresentati da questi due “anziani” del popolo.
Simone non è né sacerdote né profeta, ed è la figura tipica dell’ebreo giusto e devoto che vive nella Parola di Dio, e quindi attende con speranza il compiersi delle promesse divine. La versione italiana omette una delle tre (!) esplicite affermazioni riguardo alla presenza e all’azione dello Spirito Santo in questo uomo santo. Anche di lui mi sembra bisogna dire che egli rappresenta tutto un Israele umile e fedele che è pronto ad accogliere senza resistenze il mistero del Messia che viene nella nostra carne, piccolo e povero, Lui, il Figlio di Dio e Figlio dell’Uomo. Simeone – come vedremo anche per Anna – è dunque la felice affermazione del Vangelo secondo Luca, che descrive il compiersi perfettamente positivo dell’attesa d’Israele. E proprio per questa umile fedeltà è in grado di assolvere anche il suo compito universale, come cogliamo dalle parole di Simeone che vedrà in Gesù “la salvezza preparata davanti a tutti i popoli, la luce per illuminare le genti” (vers.31-32).
La promessa divina che Simeone “non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Messia del Signore” (ver.26) si compie meravigliosamente, trasformando la morte nella liberazione da parte di Dio del suo servo, affinché possa “andare in pace secondo la tua parola” (ver.29). Infatti nella sua totale e mite apertura alla potenza e alla luce dello Spirito egli accoglie tra le sue braccia, con quieta certezza, il Bambino portato al Tempio dai suoi genitori. Anche di loro si deve peraltro sottolineare l’umile sottomissione alla tradizione dei padri. Ancora una volta possiamo ammirare lo sgorgare del nuovo dalla fedeltà umile all’antico.
La preghiera di supplica e lode che Simeone recita è di tale portata universale, da diventare la conclusione di pace di ogni esistenza credente. La vita viene radicalmente reinterpretata alla luce di questa attesa della salvezza, e quindi la morte diventa un congedo di pace e in pace per un transito verso la pienezza della pace. Tale è la grazia di Israele nel suo compito nei confronti di tutti i popoli della terra. Per questo Simeone regala la sua meravigliosa preghiera anche a tutte le genti che egli ricorda come destinatarie del dono universale di Dio, e gloria suprema di Israele. Come abbiamo potuto accettare che si perseguitassero i nostri padri ebrei? Come mai ancora il nostro duro cuore sopporta che si giustifichino tante negazioni del Signore che è la nostra Pace?
Simeone davvero raccoglie in sé tutto l’Israele fedele che attende il Messia. La promessa di non vedere la morte senza avere veduto il Messia del Signore e le successive parole di Simeone “Ora lascia…” hanno dei riferimenti nell’Antico Testamento in relazione al (ri)vedere il proprio figlio: Giacobbe e Giuseppe “Posso anche morire questa volta, dopo avere visto la tua faccia”; Anna e Tobi con il figlio Tobia “Ti vedo figlio, ora posso morire” e “Ti vedo figlio, luce dei miei occhi”.
Gesù assume nel testo di oggi diversi nomi: conforto di Israele, Messia del Signore, salvezza di Dio, luce, gloria; e tutto questo può essere riassunto nel nome pace: “ora lascia che il tuo servo vada in pace”; nella pace che proviene da Lui, dalla contemplazione di colui che è tutti i nomi sopra citati, nella pace che è Lui stesso. E’ un testo molto importante rispetto alla pace e alla sapienza del vivere e del morire.
Simeone attende e desidera contemplare il Messia del Signore per impulso dello Spirito Santo. Ci piace unire a lui e affidargli i tanti che qui nell’approssimarsi della morte chiedono il Battesimo.
Mi sono fermata sul versetto 26 e mi colpisce Simeone che vede il Cristo Signore (ossia la salvezza come è detto al versetto 30) prima di vedere la morte. Come anche Giovanni accennava mi sembra vero che questa prima “visione” (che mi pare qualcosa di più di un semplice guardare) modifichi radicalmente la seconda.
Mi viene in mente Gv 11,25: “Io sono la reserrezione e la vita, chi crede in me, anche se muore, vivrà”. Penso che la “vista” del Cristo Signore ci conduca a riconoscere che nulla può più separarci dall’Amore di Dio e a consegnarci in pace perfino al sonno della Morte come pure a quelle morti quotidiane che tutti (chi più e chi meno) sperimentiamo.
Signore, donaci la grazia di invecchiare come Simeone. Di invecchiare docili alla voce dello Spirito. Di accogliere la novità di Dio prendendo tra le braccia un bambino. Di avere occhi per vedere la salvezza, la gloria, in un bambino. Donaci la grazia di invecchiare guardando avanti, di vigilare in attesa del “conforto di Israele”. Di capire che non si va verso la morte, ma verso il dono della vita, che è pienezza di vita. Di non vedere “la morte senza aver prima veduto il Messia del Signore”.