24 Quando Gesù lo vide, disse: «Quant’è difficile, per coloro che possiedono ricchezze entrare nel regno di Dio. 25 È più facile per un cammello passare per la cruna di un ago che per un ricco entrare nel regno di Dio!». 26 Quelli che ascoltavano dissero: «Allora chi potrà essere salvato?». 27 Rispose: «Ciò che è impossibile agli uomini, è possibile a Dio».
28 Pietro allora disse: «Noi abbiamo lasciato tutte le nostre cose e ti abbiamo seguito». 29 Ed egli rispose: «In verità vi dico, non c’è nessuno che abbia lasciato casa o moglie o fratelli o genitori o figli per il regno di Dio, 30 che non riceva molto di più nel tempo presente e la vita eterna nel tempo che verrà».
Propongo una lettura rigorosa – e “severa” – delle parole che oggi il Signore ci regala, e nello stesso tempo – ma bisognerebbe dire “e quindi”! – ricca di speranza. La difficoltà per il ricco di entrare nel regno di Dio è di fatto un’impossibilità. E conviene appunto tenere il testo nella sua drammaticità, quella che scuote gli ascoltatori di Gesù e il porta verso la conclusione che nessuno “potrà essere salvato”(ver.26). E’ interessante questa reazione della gente che si tiene in ogni modo nell’orizzonte di una “salvezza” e non di un’opera virtuosa dell’uomo. Eppure, concretamente è proprio la persona, ogni persona, a venire coinvolta nel problema. Lasciando da parte tutte le rischiose aggiunte delle tradizioni che introducono concetti di “distacco” interiore del ricco dai suoi possessi, mi sembra più utile considerare con attenzione quello che Gesù dice al ver.27, dove si mette a confronto l’ “impossibile” per gli uomini con la potenza di Dio.
Pietro e i suoi amici entrano nella vicenda con la loro storia. Essi affermano – ma il tono delle parole sembra anche pieno di un certo stupore! – che questo passo “impossibile” essi lo hanno fatto. E il Signore conferma senza esitazione quanto Pietro dice, e lo fa dilatando il significato di quel “lasciare”, da un orizzonte di beni materiali, come si poteva supporre, a quello delle più preziose relazioni affettive. Che cosa concludere da queste parole? Che Dio può donare a tutti la povertà del lasciare tutto e tutti per seguirlo. E ancora, data questa precisazione sulla ricchezza come ricchezza di relazioni e di affetti, che in certo senso tutti gli uomini e le donne, più o meno,sono ricchi. E che tutti, quando lasciano tutto per essere discepoli del Signore, tutti ricevono il dono di questa possibilità! E tutto questo ci costringe a tenerci in questo orizzonte vasto della considerazione circa la ricchezza. Per arrivare infine a cogliere che ogni discepolo segue Gesù da povero! E quindi da “salvato”! La fede è sempre la fede dei salvati! E quindi la fede dei poveri, cioè di coloro che in ogni modo vivono di Lui!
Possiamo tornare un momento al nostro amico triste perchè molto ricco, per domandarci qualcosa sulla sua ricchezza. Non abbiamo motivi per non pensare innanzi tutto che egli fosse molto ricco di beni materiali! Ma forse non solo di quelli. Proprio per la sua osservanza dei precetti divini sin dalla giovinezza, forse anche di questo era ricco! Forse quindi quest’uomo ricco non è lontano dal fariseo che prega nel tempio ed è pieno di buone azioni e di meriti. Forse dietro e dentro a quest’uomo ricco c’è l’Israele che rischia di non riconoscere in Gesù il Messia Salvatore. Penso che in quest’uomo troppo ricco ci siamo sempre tutti noi, ciascuno e sempre, felicemente e incessantemente sollecitati dal Signore del Vangelo a lasciare tutto e tutti per seguirlo. E noi, come cammelli stupìti, a constatare che le tristezze di molte incapacità a seguire Gesù, sono intrecciate, nella nostra vita, a misteriosi eventi di “povertà” che ci conducono dietro a Lui, e come è detto nei versetti successivi a questi, con Lui!
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Dal commento di Gesù sulla difficoltà del notabile ho visto i versetti di oggi un approfondimento di quelli di ieri.
In particolare dall’intervento di Pietro ‘noi abbiamo lasciato tutte le nostre cose e ti abbiamo seguito’ mi ha colpito. Mi è sembrato che , oltre al discorso dei beni e degli affetti (che poi ritroveranno?), fosse importante l’abbandono della propria testa.
Idee, progetti, volontà, ribellioni e tutto quello che avevano per la testa messo da parte per lasciare posto al Vangelo. Dall’incontro con quel tale che veniva chiamato il Nazareno tutto,per i discepoli, viene lasciato per la sua Parola.
In questo ho visto la difficoltà di entrare nel Regno per chi è ricco di pensieri, di sé, del proprio gorgoglio interiore, di capricci.
Ho quindi legato molto il tutto al silenzio interiore che ‘è progressivo venir meno di ogni fantasia, di ogni programma, di ogni apprensione per il futuro, di ogni pensiero no richiesto dal dovere immediato, dono che va invocato, predisposto e custodito con la fedeltà al silenzio esteriore.’.
Nel fatto che sia un dono ho visto attuato i vv.26-27 sulla salvezza unicamente possibile a Dio.
Personalmente molto difficile ‘tacere’.
Mi è piaciuta l’esclamazione secca, decisa, stupita di Pietro perchè sottolinea che tra il lasciare tutto, il diventare poveri e l’entrare nel regno di Dio, l’essere salvati c’è di mezzo il seguire Gesù: “ti abbiamo seguito!”. Pietro ha lasciato tutto, la barca, la casa, la moglie, i fratelli, i genitori… per Lui, per Gesù. E’ questa compagnia unica che rende possibile, bello, appassionante il liberarsi delle nostre ricchezze qualunque esse siano.
Altrimenti è proprio assurdo, impossibile, contro natura.
E il seguirlo è un’azione quotidiana, continua, sempre nuova… un cammino, una progressione… e infatti “già al presente” si riceve moltiplicato tutto quello che si lascia e soprattutto non si riesce più a fare a meno di Lui.
Mi sono ricordato di Gv 6:66-68 Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui. Disse allora Gesù ai Dodici: “Forse anche voi volete andarvene?”. Gli rispose Simon Pietro: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna;
Mi piace molto questo Vangelo di Luca dove il ricco, contrariamente a quanto ci dicono Matteo e Marco, rimane, triste, ma rimane (versetto 23). Questo mi fa pensare quello sguardo di Gesù che oggi può ancora posarsi su di Lui (versetto 24). Ed è la vista di questo ricco nella sua tristezza che mi sembra susciti le bellissime Parole di oggi.
Qui mi pare l’inizio di quel cammino di spogliazione che Pietro riconosce intrapreso.
Mi colpisce quest’elenco di “beni” che il Signore riconosce lasciati (per Grazia – come veniva già sottolineato) dai discepoli; questo elenco ripercorre quello di Lc14,26: “Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo” (Lc. 14,26) Mi colpisce come oggi manchi quel “la propria vita” che il Signore mette alla fine dell’elenco facendola precedere da un perfino… Ancora Pietro ha da camminare fino a quando, vecchio, tenderà le sue mani, e un altro gli cingerà la veste e lo porterà dove lui non vuole (Gv. 21,18). Allora davvero sarà come quei lattanti presentati, offerti, al Signore dei quali è il Regno dei Cieli.
Il grande interrogativo “Chi potrà essere salvato?” si gioca nel quotidiano. Nel lasciare tutte le nostre cose (Gesù va oltre: lasciare, oltre le cose, gli affetti, i pensieri, i progetti)e seguire Gesù. L’abisso fra la terra e il cielo, l’impossibilità di salvarsi per l’uomo con le sue sole forze, viene colmato dal quotidiano seguire Gesù. Andare dietro di lui, fare le scelte che di momento in momento lo Spirito ci suggerisce, “lasciando” la “nostra” vita. E’ la logica dell’incarnazione: Dio si fa vicino, entra nella nostra vita, rende possibile l’impossibile. Il v.27 ricorda 1,37 “nulla è impossibile a Dio” dell’annuncio a Maria. Il “lasciare” che aveva riempito di tristezza l’uomo ricco, se vissuto quotidianamente nella sequela di Gesù, si trasforma in un “ricevere molto di più”, diventa la nostra gioia.