28 Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? 29 Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, 30 dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”. 31 Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? 32 Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace. 33 Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo.
34 Buona cosa è il sale, ma se anche il sale perde il sapore, con che cosa verrà salato? 35 Non serve né per la terra né per il concime e così lo buttano via. Chi ha orecchi per ascoltare, ascolti».
Le due parabole che Gesù racconta sono ricordate solamente da Luca tra gli evangelisti, e sono di forza straordinaria per come esaltano un’ “impresa” – la rinuncia a tutti i propri averi! – con immagini di potenza, di possesso e di conquista!!. Per costruire una torre ci vogliono molti mezzi. Chi si è messo in un’impresa come questa si espone alla derisione di tutti quelli che vedessero interrotta l’opera per non aver lui calcolato la spesa che si sarebbe dovuta sostenere. E’ un’immagine del tutto “mondana”, sia come impresa di grandezza, sia come spietatezza dei sentimenti del mondo. Forse ancor più forte è l’immagine del re che deve affrontare un nemico molto più forte di lui: deve ben calcolare la sua possibilità di vincere; altrimenti gli conviene rinunciare al conflitto cercando vie di pace nelle quali dovrà rassegnarsi a vedersi perdente. Così i vers.28-32.
Ed ecco, al ver.33, la sorprendente spiegazione delle due immagini. La grande impresa per la quale occorrono molti mezzi, e la grande battaglia nella quale impiegare forze che sono a priori poche per vincere sono l’immagine di chi, per essere discepolo di Gesù, deve rinunciare a tutti i suoi averi! L’efficacia dell’argomento viene dunque dal descrivere in termini di potenza e di forza l’esigenza di mollare tutto per seguire Gesù. E’ molto interessante notare come questo esprima in modo eloquente la sostanza della vita cristiana: un’impresa che non può certamente puntare su doti e mezzi mondani, ma che trova la sua vera forza nel pieno abbandono di fede alla potenza di Dio. Letteralmente la “rinuncia a tutti gli averi” è il separarsi e l’allontanarsi da tutto quello che si possiede. L’essere discepolo non è possibilità e capacità umana , ma dono di Dio. Ogni azione, o impegno, o condizione, o percorso, della vita cristiana, è possibile solamente con la consegna totale alla volontà e alla potenza misericordiosa del Signore. Il tentativo che spesso si fa di mostrare che il cristianesimo è semplicemente l’apice della razionalità, mi sembra ridicolo e offensivo. Si è discepoli non per quello che noi sappiamo e possiamo, ma per come Lui viene a salvarci e a condurci nella nuova vita secondo lo Spirito. Credo che ci siamo capiti!
Così è di grande forza anche l’immagine del sale ai vers.34-35. Il Vangelo di Gesù è il sale della terra. E’ quello che dà a tutto e a tutti il sapore della vita nuova. E’ dono per il quale è bello e necessario “giocarsi la vita”. Qui non è questione di salvezza o di condanna. Anche se certamente quel non servire a niente “e così lo buttano via” è molto severo. Ma il bello è che la forza del sale non è potenza nostra ma appunto misericordia divina. E’ la croce di Gesù. E’ il dono di potersi interamente consegnare e dedicare all’amore di Dio che Gesù ci ha rivelato e che per noi ha compiuto con la sua Pasqua.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Il commento 2007 (Lc 14,25-35):
https://www.famigliedellavisitazione.it/lc-14-25-35.html
La prima parte del testo di oggi non ha paralleli negli altri Vangeli, ma mi è sembrato che un bel parallelo fosse il testo di Gdc 7, che racconta la battaglia tra Gedeone e Madian. Gedeone aveva con se trentaduemila uomini ma il Signore gli dice “La gente che è con te è troppo numerosa, perché io consegni Madian nelle sue mani; Israele potrebbe vantarsi dinanzi a me e dire: “La mia mano mi ha salvato” (Gdc 7,2). E così lo porta via via a ridurne il numero prima a diecimila (Gdc 7,3), come nel testo di oggi (!!!), poi ancora fino ad arrivare a trecento (Gdc 7,8). Invece “I Madianiti, gli Amaleciti e tutti i figli dell’oriente erano sparsi nella pianura, numerosi come le cavallette, e i loro cammelli erano senza numero, come la sabbia che è sul lido del mare.” (Gdc 7,12). Significative sono anche le armi consegnate a Israele “corni e brocche vuote con dentro fiaccole” (Gdc 7,16). La battaglia è vinta dal Signore mentre loro suonano i trecento corni.
Ho avuto l’impressione che ieri e oggi il Signore approfondisca il tema dell’invito al banchetto e degli invitati distratti.
Mi è venuto da pensare che forse il problema non è tanto il lavoro,odiare la famiglia,gli averi,la propria vita..quanto il rapporto,la disposizione del cuore verso queste cose.
Il Vangelo non è accessorio prezioso di una struttura già esistente di legami e affetti,ma ‘la fonte e il culmine’ di tutta la vita cristiana.
Come se il Signore ci abbia voluto ricordare che senza di Lui,la nostra stessa vita..non lo so..tutto viene da lì!
Attraverso Gesù poi penso si arrivi e si debba arrivare al lavoro,alla famiglia,gli amici.Con un ordine del cuore però orientato a Lui.
Sembra uno sposo geloso che vuole la sposa intimamente e radicalmente rivolta a sè.
Mi ha molto incoraggiato il fatto che nei prossimi giorni saremo pecore e monete perdute,figlioli persi venuti a cercare.
Come sono forti ed efficaci le immagini del testo odierno, pur nella loro logica semplicità, attinte come sono dalla realtà quotidiana: la costruzione di una torre, i passanti che se la ridono, la guerra contro un nemico più numeroso o meglio armato, i messaggeri di pace che si affrettano… Ad una prima impressione, sembrerebbe che la conclusione … non c’entri niente! “Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo”. E invece ci dà una perfetta idea di come sia grande l’opera che Dio va compiendo in noi: un’impresa come la costruzione della torre o la lotta contro forze ostili potenti. L’opera la fa il Signore, come don Giovanni ha spiegato; a noi è chiesto di liberarci dai tanti vincoli, materiali, psicologici e anche “religiosi”, cui siamo tanto attaccati… per orientarci decisamente dietro di Lui.