10 Stava insegnando in una sinagoga in giorno di sabato. 11 C’era là una donna che uno spirito teneva inferma da diciotto anni; era curva e non riusciva in alcun modo a stare diritta. 12 Gesù la vide, la chiamò a sé e le disse: «Donna, sei liberata dalla tua malattia». 13 Impose le mani su di lei e subito quella si raddrizzò e glorificava Dio.
14 Ma il capo della sinagoga, sdegnato perché Gesù aveva operato quella guarigione di sabato, prese la parola e disse alla folla: «Ci sono sei giorni in cui si deve lavorare; in quelli dunque venite a farvi guarire e non in giorno di sabato». 15 Il Signore gli replicò: «Ipocriti, non è forse vero che, di sabato, ciascuno di voi slega il suo bue o l’asino dalla mangiatoia, per condurlo ad abbeverarsi? 16 E questa figlia di Abramo, che Satana ha tenuto prigioniera per ben diciotto anni, non doveva essere liberata da questo legame nel giorno di sabato?». 17 Quando egli diceva queste cose, tutti i suoi avversari si vergognavano, mentre la folla intera esultava per tutte le meraviglie da lui compiute.
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E’ bello oggi poter ascoltare questa Parola alla luce di quella che ieri veniva detta dal vignaiolo che chiedeva di potersi prender cura di quell’albero sterile. La fede è l’esperienza di questo essere amati da Dio che in Gesù si prende cura di noi! Perciò è così forte il contrasto tra la concezione legalistica e moralistica del sabato, come la esprime il capo della sinagoga, e l’insegnamento di Gesù che interpreta il giorno del sabato come il giorno che celebra e attua in modo privilegiato la volontà salvifica di Dio.
L’infermità della donna è l’evidente immagine di un male che impedisce di guardare in alto, di quello che ella può finalmente fare quando Gesù la libera dalla sua malattia: “..si raddrizzò e glorificava Dio”(ver.13). Il capo della sinagoga, che sgrida la folla, ma in realtà è sdegnato con Gesù che ha “operato quella guarigione di sabato”, esprime efficacemente lo “svuotamento” del sabato, ridotto a precetto morale senza la ricchezza del suo contenuto di salvezza e di lode al Salvatore.
La reazione severa del Signore che porta l’esempio umile e semplice degli animali condotti di sabato ad abbeverarsi, mostra quanto grottesco possa diventare un precetto quando viene ridotto ad adempimento formale, incapace di cogliere il mistero e la potenza dell’azione divina della salvezza verso le povertà della condizione umana. Per questo, il commento che Gesù propone di quanto è accaduto si arricchisce di “titoli alti”: la donna malata è “figlia di Abramo”, e la sua malattia è segno del male nel quale Satana “l’ha tenuta prigioniera per ben diciotto anni”(ver.16). Per questo, “doveva essere liberata da questo legame nel giorno di sabato”! Così si ribalta l’accusa del capo della sinagoga. Gesù mostra come veramente e pienamente debba essere inteso il giorno del Signore: non un arido precetto formale, ma la celebrazione del tempo e del giorno della salvezza che Gesù è venuto a portare: in Lui il “sabato” acquista e rivela il suo significato profondo.
Il ver.17 pone in evidenza le reazioni contrastanti per quanto è accaduto: “tutti i suoi avversari si vergognavano”, meno male(!), “mentre la folla intera esultava per tutte le meraviglie da Lui compiute”.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Mi sembra interessante confrontare quello che dice il capo della sinagoga con quello che dice Gesù a proposito del dovere, del tempo, e del sabato:
– v.14 “Ci sono sei giorni in cui si deve lavorare; in quelli dunque venite a farvi guarire e non in giorno di sabato”. Si deve lavorare durante la settimana! Così interpreta (e tradisce) il precetto importantissimo del sabato. E il sabato? Per lui è svuotato. Non è niente, è tutto sbilanciato sugli altri giorni.
– v.16 “E questa figlia di Abramo, che Satana ha tenuto prigioniera per ben diciotto anni, non doveva essere liberata da questo legame nel giorno di sabato?”. Il sabato, proprio il sabato, è il giorno della liberazione dal “legame di Satana”. Si “DEVE essere liberati”. 18 anni sono tantissimi.
L’incontro con Gesù, specialmente il sabato (cioè il giorno del Signore, cioè l’eucarestia) ci fa passare dal dover lavorare al dover essere liberati!
‘era curva e non riusciva in alcun modo a stare diritta’.
Queste parole mi sono sembrate molto significative del problema della donna..e forse di molti altri,o di tutti.
Una condizione che è storta,malata,e soprattutto irrisolvibile,tanto che non riusciva in alcun modo a stare dritta.Non c’è verso.
Io ho molta esperienza di questo ‘non riuscire..’.
La liberazione che opera Gesù mi è sembrata molto forte e bella.Nel giorno di sabato..vale doppio!?
Li conosciamo bene quei modi di dire: Abbassare il capo, curvare la schiena… E’ l’atteggiamento di chi deve sottostare, di chi accetta forzatamente una condizione ingiusta e mortificante. Gesù raddrizza questa donna curva che “non poteva star dritta”: le ridà dignità, libertà da vincoli negativi, quelli del male, della sottomissione… Questa liberazione non è opera nostra ma di Dio. Gesù pone le mani su di lei ed ella “fu raddrizzata” (così alla lettera, mentre la traduzione italiana dice che “si raddrizzò”, v.13). Ci uniamo alla folla che “esultava per tutte le meraviglie da Lui compiute”.