37Mentre stava parlando, un fariseo lo invitò a pranzo. Egli andò e si mise a tavola. 38Il fariseo vide e si meravigliò che non avesse fatto le abluzioni prima del pranzo. 39Allora il Signore gli disse: «Voi farisei pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma il vostro interno è pieno di avidità e di cattiveria. 40Stolti! Colui che ha fatto l’esterno non ha forse fatto anche l’interno? 41Date piuttosto in elemosina quello che c’è dentro, ed ecco, per voi tutto sarà puro. 42Ma guai a voi, farisei, che pagate la decima sulla menta, sulla ruta e su tutte le erbe, e lasciate da parte la giustizia e l’amore di Dio. Queste invece erano le cose da fare, senza trascurare quelle. 43Guai a voi, farisei, che amate i primi posti nelle sinagoghe e i saluti sulle piazze. 44Guai a voi, perché siete come quei sepolcri che non si vedono e la gente vi passa sopra senza saperlo».
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Forse, in una versione più letterale dei vers.37-38, le circostanze in cui si svolge questo episodio sono più intense di come appare nella versione italiana. Forse l’invito non è stato formale o per mettere Gesù in difficoltà. Forse il fariseo resta veramente sorpreso per il comportamento di Gesù. Dico questo perché mi sembra che non sempre il “formalismo”, e cioè la prevalenza di ciò che è secondario su ciò che è importante, è colpevole. Vedo che può diventare un clima culturale nel quale ci si muove acriticamente. Per questo, il non fare le abluzioni può essere da parte di Gesù una voluta provocazione per entrare nell’argomento che gli interessa. Noi come sempre ci rallegriamo che la “lectio continua” ci consenta di collegare il testo di oggi con il precedente, così forte nel dire la potenza della luce della Parola del Signore e la responsabilità che abbiamo noi che il dono lo abbiamo ricevuto. Qui Gesù vuole sottolineare l’irrilevanza di disposizioni che sono ben distanti dalla sostanza della Parola e del comandamento di Dio.
Gesù segnala che il problema è di grande rilievo perché non si tratta solo della distanza e differenza tra esteriorità e interiorità, ma del contrasto tra un’apparenza di rigorosi adempimenti e la realtà di un male che resta tale nell’intima realtà della persona: l’esterno del bicchiere e del piatto e “l’interno pieno di avidità e di cattiveria”(ver.39). Mi sembra di estremo interesse l’ingiunzione del ver.41, che propone, mi sembra, di trasformare in “elemosina”, cioè in atteggiamenti e atti di misericordia quello che nel cuore è dramma “di avidità e di cattiveria”. Questo è molto importante, perché dice come la consapevolezza dei nostri peccati possa essere grande principio di misericordia e di compassione.
Gesù evidenzia la negatività dell’atteggiamento farisaico di ipocrisia e di menzogna, mettendo a confronto-contrasto, al ver.42, la tragica distanza tra osservanze assurde come la decima sulle erbe selvatiche, e realtà sostanziali della vita e della fede, come “la giustizia e l’amore di Dio”. Anche questa indicazione è molto preziosa, perché conferma che bisogna “convertire” la durezza di giudizi di condanna in percorsi di giustizia, cioè in cammini pazienti di conversione e di novità di vita, perché questa è la giustizia di Dio, e quindi il primato etico dell’amore di Dio. Non che non si debbano pagare le decime, ma questo diventa assurdo se non lo si pone in una gerarchia di verità e di importanza rispetto alla sostanza del precetto divino.
Il grande rischio è quello di ridurre tutto ad una “rappresentazione”, ben lontana dalla realtà e dalla verità: sono i primi posti nelle sinagoghe e i saluti nelle piazze. E’ la tristezza di una “commedia”, nella quale la gente passa senza saperlo sopra sepolcri nascosti, e in tal modo si pone senza saperlo in stato di impurità: questo per dire che il farisaismo fa del male sia a chi lo pratica sia a chi ne rimane vittima d’inganno. Così i vers.43-44.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
“Un fariseo lo invitò a pranzo”; Gesù accetta e si siede a tavola, lo fa con tutti, è vicino a tutti. – Tra le sue parole, noto il suggerimento del v.41: Date in elemosina “quello che c’è dentro” al piatto; alcuni traducono “ciò che avete”, altri “ciò che resta” nel piatto. Importante quest’ultima formula: non ci è chiesto di non mangiare, di non usufruire dei tanti beni di cui disponiamo, ma di condividere almeno una parte, almeno ciò che ci resta. Con il nostro superfluo potremmo nutrire e vestire qualche persona. – Far pagare la decima perfino sulle erbe selvatiche non era imposto dalla Legge, ma rabbini e farisei la richiedevano: un bell’esempio di quei pesi esagerati di cui leggeremo domani…, mentre la priorità assoluta spetterebbe alla giustizia e all’amore di Dio (v.42).
Il fariseo ‘si meravigliò’..dopo aver preso in casa il Signore.
Ho trovato bella questa espressione.Ammirazione,stupore..non dice nemmeno niente.Stessa espressione in Atti 2.
Il suo sistema di pensiero e religioso sembra scardinato.
Ora conta primariamente la giustizia e l’amore di Dio,dice Gesù.
Il fariseo si converte?
Noi occorre che ci meravigliamo di più oggi per questa Parola nuova?