1 Nell’anno in cui morì il re Ozia, io vidi il Signore seduto su un trono alto ed elevato; i lembi del suo manto riempivano il tempio. 2 Sopra di lui stavano dei serafini; ognuno aveva sei ali: con due si copriva la faccia, con due si copriva i piedi e con due volava. 3 Proclamavano l’uno all’altro, dicendo: «Santo, santo, santo il Signore degli eserciti! Tutta la terra è piena della sua gloria». 4 Vibravano gli stipiti delle porte al risuonare di quella voce, mentre il tempio si riempiva di fumo. 5 E dissi: «Ohimè! Io sono perduto, perché un uomo dalle labbra impure io sono e in mezzo a un popolo dalle labbra impure io abito; eppure i miei occhi hanno visto il re, il Signore degli eserciti». 6 Allora uno dei serafini volò verso di me; teneva in mano un carbone ardente che aveva preso con le molle dall’altare. 7 Egli mi toccò la bocca e disse: «Ecco, questo ha toccato le tue labbra, perciò è scomparsa la tua colpa e il tuo peccato è espiato».
Isaia 6,1-7

Ecco un brano straordinario, che inizia con una affermazione straordinaria: “Vidi il Signore”. Affermazione ripetuta al v.5: “I miei occhi hanno visto il re, il Signore degli eserciti”. E’ vero che nessuno ha mai visto Dio, né può vederlo; ma Egli sa come comunicare con l’uomo, come manifestarsi a lui. Il Signore appare seduto “su un trono alto ed elevato”, ma i lembi del suo mantello lambiscono il tempio: c’è quindi contatto, c’è possibilità di relazione tra di Lui e il suo popolo. I serafini, pur essendo alla presenza di Dio, si coprono la faccia con due ali: forse perché sono consapevoli della propria piccolezza? Il loro canto, “Santo, santo, santo…”, è diventato nostro, e lo ripetiamo innumerevoli volte nella liturgia. – Se i serafini si sentono inadeguati, l’uomo si vede addirittura indegno: isaia confessa di avere “labbra impure” e di essere membro di un popolo ugualmente impuro. Ma Dio provvede a far scomparire la colpa, a cancellare il peccato. Ci vuole salvi e messi a parte della sua grandezza, della sua santità.