1 Oracolo sul deserto del mare. Come i turbini che si scatenano nel Negheb, così egli viene dal deserto, da una terra orribile. 2 Una visione tremenda mi fu mostrata: il saccheggiatore che saccheggia, il distruttore che distrugge. Salite, o Elamiti, assediate, o Medi! Io faccio cessare ogni gemito. 3 Per questo i miei reni sono nello spasimo, mi hanno colto dolori come di una partoriente; sono troppo sconvolto per udire, troppo sbigottito per vedere. 4 Smarrito è il mio cuore, la costernazione mi invade; il tramonto tanto desiderato diventa il mio terrore. 5 Si prepara la tavola, si stende la tovaglia, si mangia, si beve. Alzatevi, o capi, ungete gli scudi, 6 poiché così mi ha detto il Signore: «Va’, metti una sentinella che annunci quanto vede. 7 E se vedrà cavalleria, coppie di cavalieri, uomini che cavalcano asini, uomini che cavalcano cammelli, allora osservi attentamente, con grande attenzione». 8 La vedetta ha gridato: «Al posto di osservazione, Signore, io sto sempre lungo il giorno, e nel mio osservatorio sto in piedi, tutte le notti. 9 Ecco, qui arriva una schiera di cavalieri, coppie di cavalieri. Essi esclamano e dicono: “È caduta, è caduta Babilonia! Tutte le statue dei suoi dèi sono a terra, in frantumi”». 10 O popolo mio, calpestato e trebbiato come su un’aia, quanto ho udito dal Signore degli eserciti, Dio d’Israele, a voi l’ho annunciato.
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E’ un oracolo speciale fin dal titolo, con l’affascinante immagine del “deserto del mare”: sembra certo che l’espressione indichi Babilonia, il cui sovrano era chiamato “re del paese del mare”(così la TOB). Impressiona la forte partecipazione del profeta al dolore, alla morte che accompagnano la distruzione della grande città. Non si rallegra, non gioisce – come noi ci saremmo aspettati – per la fine di questo impero che aveva schiacciato e oppresso il popolo di Israele. (Non dobbiamo neanche noi, nel nostro piccolo, gioire per la triste fine di chi ci ha fatto soffrire e ci è stato ostile. Non c’è spazio per il risentimento e la vendetta nell’animo del discepolo di Gesù). – La vedetta o sentinella del v.8 è il profeta stesso: egli vede arrivare dal deserto “una schiera di cavalieri, coppie di cavalieri” che portano l’annuncio: “È caduta, è caduta Babilonia!…” L’annuncio sottolinea non la caduta dell’imperatore e di tutto l’apparato della sua corte, bensì la caduta dei loro dèi: irreali e impotenti, ora sono a terra in frantumi. Solo il Signore è il vero Dio, il vivente e fonte della nostra vita; egli stesso – suggerisce il nostro brano – partecipa a quei “dolori del parto”(v.3) per una umanità nuova, liberata da ogni forma di violenza, ingiustizia e oppressione.
Per entrare nella Parola che oggi il Signore ci dona, mi chiedo, al vers. 1, chi sia colui che “viene dal deserto, da una terra orribile”. Penso sia Dio stesso!
Quando il vers. 2 mi mostra “il saccheggiatore che saccheggia e il distruttore che distrugge”, ancora penso indichi Dio. Per questo, credo sia Isaia che ci parla, quando, al vers. 3, dice: “Per questo i miei reni sono nello spasimo, mi hanno colto dolori come di una partoriente; sono troppo sconvolto per udire, troppo sbigottito per vedere”.
Al vers. 5 il profeta è quella sentinella che Dio pone a osservare e ad annunciare quello che egli vede del giudizio di Dio. Il vers. 9 espliciterà che questo è il giudizio divino su Babilonia: Babilonia è caduta e tutte le statue dei suoi dèi sono a terra in frantumi. Il popolo del Signore, calpestato e trebbiato, viene a sapere che la potenza che lo domina sarà abbattuta.
Al vers. 10 l’espressione “Popolo mio”; mostra uno sguardo compassionevole e amante del profeta verso il suo popolo.
Dio vi benedica e voi beneditemi. Vostro Giovanni