1 Dopo questi fatti, ricorreva una festa dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. 2 A Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, vi è una piscina, chiamata in ebraico Betzatà, con cinque portici, 3 sotto i quali giaceva un grande numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici. [4] 5 Si trovava lì un uomo che da trentotto anni era malato. 6 Gesù, vedendolo giacere e sapendo che da molto tempo era così, gli disse: «Vuoi guarire?». 7 Gli rispose il malato: «Signore, non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l’acqua si agita. Mentre infatti sto per andarvi, un altro scende prima di me». 8 Gesù gli disse: «Àlzati, prendi la tua barella e cammina». 9 E all’istante quell’uomo guarì: prese la sua barella e cominciò a camminare.
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Vi consiglio un rapido sguardo a tutto il capitolo. Vedrete che è tutto dedicato all’opera divina che il Padre ha affidato al Figlio. Quest’opera l’abbiamo vista nei capitoli precedenti, descritta soprattutto come inaugurazione della vita nuova, vita di comunione profonda, nuziale, tra Dio e la creatura umana. Storia da lungo tempo iniziata con l’elezione del Popolo di Dio, e ora portata a compimento e a pienezza nella persona e nell’opera del Figlio di Dio, Gesù Cristo, il Figlio dell’Uomo. In questo capitolo tale storia sottolinea due elementi: la povertà, la malattia mortale dell’umanità. E come tale ferita sia globale, di tutti, e umanamente irrisolvibile. Per questa salvezza universale il Figlio è stato mandato.
Gesù sale a Gerusalemme per una “festa dei Giudei” che è probabilmente la Pasqua. In ogni modo ogni festa d’Israele celebra, con accenti diversi, la presenza e l’intervento di Dio nella condizione povera e ferita del Popolo. E nel microcosmo del Popolo di Dio è presente tutta la condizione umana e l’opera divina della salvezza.
Alla piscina presso la Porta delle Pecore (da qui il nome “Probatica”) e sotto i suoi cinque portici, si raccoglie la moltitudine dei malati, ciechi zoppi e paralitici. Una lettura patristica vede nei cinque portici della piscina il segno dei cinque Libri delle Scritture che gli ebrei chiamano Torà, la Legge. In tal modo si esprime efficacemente la grande funzione universale di Israele, che in nome di tutta l’umanità è consapevole del “male” di cui è prigioniera e del suo bisogno di essere salvata, e del mistero di Dio che vuole tale universale salvezza. E’ la grande funzione dell’economia della Legge e quindi della speranza della salvezza e dell’attesa del Messia Salvatore.
Quell’uomo malato da molto tempo rappresenta tutti i suoi compagni di sventura, e quindi l’intera umanità. Contro la domanda di Gesù “Vuoi guarire?” sembra esserci quell’impossibilità che Nicodemo affermava al cap.3. Ma Gesù, che ha reso possibili le nozze a Cana, e ci ha indicato nella donna di Samaria il simbolo di tutta un’umanità ritrovata e riconciliata con Dio in comunione nuziale, ora indica in quella folla di infermi l’intera umanità che Egli è venuto a sanare e a salvare.
Israele “conosceva” tale opera di salvezza? In certo modo la conosceva, ma il nostro testo mette in evidenza il carattere eccezionale e quindi la grande ristrettezza – oltre al limite sostanziale che solo il Figlio di Dio può superare donando il potere di “diventare figli di Dio”!!(Gv.1,12) – di una situazione che il paralitico segnala al ver.7. Se guardate le note delle bibbie sarete informati sui possibili significati di questo versetto.
Ma ora, con parole semplici e nuove, il Signore strappa il paralitico dalla sua infermità, e con un verbo di risurrezione inaugura per lui e in lui la vita nuova. Si potrebbe dire che anche oggi molti paralitici…restano paralitici. Ma quella barella su cui prima l’uomo giaceva e che ora il paralitico porta, può suggerire la guarigione sostanziale e profonda di un uomo che prima era inchiodato ad una croce di morte e ora porta una croce d’amore. La sua vita è completamente cambiata ed è assimilata al mistero del Figlio dell’uomo.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.