20 Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola: 21 perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato. 22 E la gloria che tu hai dato a me, io l’ho data a loro, perché siano una sola cosa come noi siamo una sola cosa. 23 Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo conosca che tu mi hai mandato e che li hai amati come hai amato me. 24 Padre, voglio che quelli che mi hai dato siano anch’essi con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che tu mi hai dato; poiché mi hai amato prima della creazione del mondo. 25 Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto, e questi hanno conosciuto che tu mi hai mandato. 26 E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro».
Seleziona Pagina
Osserviamo con stupore la dilatazione del mistero di Dio e della sua potenza. Innanzitutto, la preghiera di Gesù estesa a tutte le generazioni. E la fede quindi, estesa a tutte le generazioni: “..quelli che crederanno in me mediante la loro parola”. “la loro parola”: la parola di Dio è la “loro” parola!!. Potente nel donare la fede!. E dunque, al ver.21, per tutti, per tutte le generazioni, la stessa esperienza di comunione d’ amore: “perchè tutti siano una sola cosa”. E infine, la conversione del mondo? Certamente dice: “..perchè il mondo creda che tu mi hai mandato”. L’intero mondo entra nella fede attraverso la potenza del segno dell’amore? Pare dire così!
Tutto questo i vers.22-23 ce lo ribadiscono nell’orizzonte della “gloria”. Questa gloria è la glorificazione della Pasqua di Gesù. Come si vedrà subito al cap.18, sempre glorioso è il cammino di Gesù nel mistero della sua Pasqua, sempre manifestazione della sua signorìa, sempre come potenza divina anche nel dramma della croce. Anzi, come si vedrà, gloria in modo eminente proprio nella croce! E quindi la gloria della Pasqua del Signore coinvolge tutti i credenti: “Io in loro e tu in me”(ver.23). E ancora la potenza di ciò nei confronti del mondo: “..il mondo conosca che tu mi hai mandato e li hai amati…”.
Questa divina comunione d’amore precede tutto! E quindi è il fine di tutto. Il Padre ha amato il Figlio “prima della creazione del mondo”(ver.24): non è solo un’annotazione di tempo. Vuol dire che tutto quello che il mondo è e ha proviene da questo amore e verso di esso deve orientarsi. Qui sta il grande “segreto”. Questo è quello che il mondo non ha conosciuto e non conosce. Ma il Figlio conosce il Padre, e anche noi lo conosciamo: “..questi hanno conosciuto che tu mi hai mandato”(ver.25).
Questa conoscenza di Dio come Padre – “ho fatto conoscere loro il tuo nome” – è il cuore del mistero cristiano, è il cuore della salvezza. Si tratta di un cammino di conoscenza senza fine: ..ho fatto conoscere il tuo nome e lo farò conoscere..”. Così il ver.26.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Molte volte in questo cp.17 viene detto che Dio ha dato al Figlio tutto, la sua parola, la gloria, gli stessi uomini discepoli. Ma abbiamo anche letto che il Figlio da parte sua a dato agli uomini che il padre gli ha dato, tutto quello che egli stesso aveva ricevuto. Facendo ciò la vita di Gesù, e la sua morte, sono perfettamente collegate nella offerta della sua vita per i suoi fino alla morte. E’ come aveva detto nel cap. 12: “Il chicco di grano caduto in terra se non muore rimane solo, se invece muore porta molto frutto”. Questa cosa Gesù ha cominciato a prepararla nella sua vita, dando ai suoi discepoli e amici tutto ciò che aveva ricevuto da Dio suo Padre. Soprattutto l’amore. E la sua morte è il perfezionamento / completamento della sua vita. Anche la “gloria”: “Quella gloria che mi hai dato, l’ho data a loro, perchè siano in unità, come noi siamo in unità”. E poi chiede al Padre che “anche quelli che mi hai dato voglio che siano con me dove sono io perchè contemplino la mia gloria”. E così, guardando alla gloria che il Figlio ha ricevuto dal Padre, i discepoli possono contemplare anche la loro gloria, che Gesù ha dato loro. Il “nome”: conoscendo il nome di Dio, che è “Padre”, allora i discepoli di Gesù conoscono anche il loro nome: “figli”. Essi sono figli del suo amore, di Dio che li “ha trasferiti nel regno del Figlio del suo amore” (Col 1:13). Gesù chiede al Padre che la stessa salvezza data ai suoi primi discepoli, che è la conoscenza del Padre e la comunione con Lui e con il Figlio, cioè la vita eterna, sia data anche a “tutti quelli che per la loro parola crederanno in Gesù. In questo modo pone ogni discepolo di Gesù come tramite di questo dono di Dio, della vita, per tutti gli uomini. Questa grande preghiera di Gesù, la intercessione per i suoi presso il Padre, e insieme a loro per tutti gli uomini, chiede il grande dono dell’unità, che è unità e comunione con la vita stessa di Dio, e al tempo stesso possibilità di unità e comunione tra tutti gli uomini. La nostra speranza, e la nostra fatica, per la carità e l’unità è fondata con sicurezza su questa preghiera di Gesù e sul dono della sua vita. Questo cap. 17 ci ha presentato nella sua prima parte ciò che Dio ci ha donato nel suo Figlio, ciò che quindi “abbiamo” (non in proprio, ma come regalo ogni giorno rinnovato): la vita eterna, che è conoscere il Padre, unico vero Dio (v.3); il nome del Padre (v.6); le parole che il Padre ha dato a Gesù (v.8 e 14); la gioia (v.13). E in questa seconda parte che abbiamo ascoltato oggi, veniamo a sapere – con grande stupore – che il Signore Gesù prega affinche noi “siamo” in unità con Lui e con il Padre. Potremmo quasi dire che è per la potenza di questa preghiera di Gesù che noi siamo posti in esistenza, e messi in comunione con l’ “unico che è”, e che più volte nel Vangelo di Giovanni si è rivelato con il nome divino “Io sono”. Dalla forza della preghiera di Gesù, saldamente associata al dono della sua vita nella Pasqua, ci viene il dono di “essere” in unità con Dio, e di essere “con Gesù dove Lui stesso è”, nella comunione con Dio, già da ora e per sempre viventi.
Don Giovanni ha sottolineato quel “la LORO parola”(v.20): il Vangelo non è fermo, incartapecorito; sta a noi, assimilandolo oggi e riproponendolo oggi, scriverne pagine sempre nuove e vitali. – “Siano una cosa sola come noi siamo…”(v.22): come già ho segnalato, considerando che UNO era un modo di designare Dio, si potrebbe tradurre così: Siano Dio come noi siamo Dio”: si va oltre a una presenza divina nella comunità, ma ad una quasi identità! Con un’immagine ardita usata da un teologo, si potrebbe dire che la comunità dei credenti è la quarta persona della SS. Trinità. La conferma ci viene dalla affermazione: “La gloria che tu hai data a me, io l’ho data a loro”(v.22): la gloria è la manifestazione visibile di quello che si è; ora, per vedere la manifestazione di Dio-padre-amore… basta guardare la comunità…, anche se le divisioni, le ostilità tra i cristiani e tutto il resto ne offuscano lo splendore.