12 Quand’ero con loro, io li custodivo nel tuo nome, quello che mi hai dato, e li ho conservati, e nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si compisse la Scrittura. 13 Ma ora io vengo a te e dico questo mentre sono nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. 14 Io ho dato loro la tua parola e il mondo li ha odiati, perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. 15 Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li custodisca dal Maligno. 16 Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. 17 Consacrali nella verità. La tua parola è verità. 18 Come tu hai mandato me nel mondo, anche io ho mandato loro nel mondo; 19 per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità.
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Il “nome” che il Padre ha dato al Figlio è, penso, il nome stesso del Padre, suprema rivelazione che abbiamo ricevuto dal Figlio. Non si tratta solo di una “conoscenza” del mistero di Dio, ma della vita nuova dei figli di Dio. E’ molto forte l’espressione che dice come in questo “nome” Gesù ci abbia custoditi. La vita cristiana è dunque fondamentalmente il dono da parte del Signore, e l’accesso da parte nostra, nella comunione del Padre e del Figlio, come figli anche noi!
Il “figlio della perdizione” non è solo – e, credo, non è tanto – Giuda, ma la figura globale, l’ipotesi drammatica, del rifiuto del dono divino. E’ l’ipotesi negativa che sta sempre davanti al credente, ipotesi dalla quale nessuno può sottrarsi, perchè la nostra salvezza non è opera nostra, ma sempre solo grazia di Dio. Possiamo per un momento ritornare al momento drammatico di Gv.13,21-30.
Gesù, al ver.13, considera il suo andare al Padre l’opportunità per i discepoli a che “abbiano in se stessi la pienezza della gioia”. Sembra di cogliere quindi la prospettiva di una crescita della vita cristiana, dall’essere custoditi, fino al pieno compimento in ciascuno e in tutti del mistero cristiano e quindi della gioia. Il segno e la prova di questo sta, al ver.14, nel fatto che Gesù ha dato loro la parola del Padre, e per questo il mondo li ha odiati, perchè questa parola li strappa dalla loro appartenenza alla mondanità, al mondo, e li pone nella nuova vita dei figlio di Dio.
La vita cristiana è quindi inevitabilmente segnata da questo volto esposto dell’esistenza. Al ver.15 Gesù non chiede che i suoi siano tolti dal mondo, ma che siano custoditi dal Maligno. Ritorno un momento alla figura del “figlio della perdizione”, perchè mi sembra ci aiuti a capire che viviamo come figli di Dio perchè protetti dalla preghiera di Gesù al Padre. L’evento della salvezza ci pone certamente in una condizione assolutamente nuova, che al ver.16 Gesù esplicita con suprema chiarezza: “Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo”. La pienezza di questo è la consacrazione nella verità. La “verità” è la Parola: così il ver.17. Dunque che cosa significa questa richiesta della preghiera del Signore Gesù al Padre: “Consacrali nella verità”? Penso indichi quella pienezza del cammino di Gesù tra noi che è la sua Pasqua. Mi pare di cogliere nel termine della consacrazione quella “separazione”, che è la fisionomia profonda del sacrificio a Dio. La vittima viene “separata”, consacrata quindi, per essere offerta a Dio. Tale la Pasqua di Gesù. Tale la potenza per noi del suo sacrificio d’amore: “Per loro io consacro me stesso, perchè siano anch’essi consacrati nella verità”. E’ la prospettiva della celebrazione, nella nostra umile vita, del sacrificio d’amore di Gesù. Vado a Messa per unirmi, per fare comunione con il sacrificio d’amore del Figlio di Dio. Anch’io, poveretto, figlio di Dio.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
“Abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia”(v.13): Gesù ripete che vuole per noi una gioia in pienezza, una gioia divina; infatti specifica “la gioia, quella mia”. E’ la beatitudine di sapere il Padre accanto a noi, a comunicarci quella capacità di amore che sola può renderci felici. – “Non prego che tu li tolga dal mondo”(v.15): anche se non apparteniamo al sistema ingiusto che domina la realtà umana, non ci separiamo da essa; non siamo degli isolati dalla storia e dal faticoso cammino dell’uomo. Anche quella “consacrazione nella verità”(v.17) suggerisce una dedizione agli altri nell’amore, poiché la verità di Dio è di amare senza misura, senza lasciarsi condizionare dai nostri errori e peccati.
Ai vv. 12 e 15 troviamo due parole simili che dicono l’azione d’amore di Dio e di Gesù nei confronti dei discepoli: “conservare” e “custodire”: “Io conservavo nel tuo nome coloro che mi hai dato”, e “Ti chiedo … che tu li custodisca dal maligno”. Poi al v. 18 Gesù aggiunge una parola sul “mandato” dei discepoli: “Come tu mi hai mandato nel mondo, così anche io li ho mandati nel mondo”. Possimo intendere che i questo invio c’è anche il “mandato” di “custodire” e “conservare” le persone con cui siamo in contatto nella nostra vita ordianaria di discepoli del Signore. ,E’ possibile mettere la parola “amore” al posto della parola “nome”,così importante nel brano di oggi. Perchè il nome di Dio che Gesù ha fatto conoscere agli uomini è proprio quello: “amore”: Dio è amore!. E così leggere “li ho custoditi nel tuo nome” come “li ho custoditi nel tuo amore!”. Così pure alla parola “verità”, che è parola importante in Giov, specie per le parole del cap. 8: “Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi”. La verità è l’amore di Dio per noi uomini, e conoscere e guardare a tutta la terra secondo questo amore che abbiamo conosciuto in Gesù e nella sua pasqua. ,v. 19 “Per loro io consacro (o “santifico”) me stesso, perchè vengano anch’essi consacrati (o “santificati”) nella verità. Questo v. ci dice due cose molto importanti sulla nostra condizione di discepoli, come “consacrati”, “santi” per Dio. Prima di tutto che anche per noi, come Gesù afferma di sè, tale consacrazione/santificazione non è per noi stessi ma “per loro”, per gli altri, per chi ci è vicino, e anche per chi fosse più lontano: “PER LORO io consacro me stesso…”, e poi che tale “consacrazione/santificazione” non è primariamente opera nostra, ma essenzialmente è l’efficacia dell’opera di Gesù, dell’offerta della sua vita per gli uomini: “Affinchè vengano consacrati/santificati…”. E la via nella quale questa opera del Signore si compie in ciascuno di noi, e quella del rimanere nella sua parola che è verità e amore. Così facendo, può risultare anche un frutto di bene per chi ci è vicino.