13 Condussero dai farisei quello che era stato cieco: 14 era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. 15 Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». 16 Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. 17 Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!».
18 Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. 19 E li interrogarono: «È questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?». 20 I genitori di lui risposero: «Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; 21 ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l’età, parlerà lui di sé». 22 Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. 23 Per questo i suoi genitori dissero: «Ha l’età: chiedetelo a lui!».
Giovanni 9,13-23

Ci siamo già incontrati con questa contestazione a proposito del sabato, in Gv.5,1-18,sia perché il paralitico guarito da Gesù portava il suo lettuccio, sia perché Gesù lo aveva guarito di sabato. Si afferma sempre più la tesi secondo la quale il sabato è giorno di rigoroso riposo perché ricorda e festeggia l’operosità di Dio, e in tal modo si sottolinea la divinità del Figlio di Dio, di Gesù. Così si ricorda, al ver.14, la nuova creazione e la luce dell’opera battesimale compiuta da Gesù. La nuova richiesta di sentirsi ancora dire come il miracolo si era compiuto vuole essere da parte dei farisei avere conferma del loro giudizio di condanna. Tuttavia l’evento è fonte di divisione tra quelli che rifiutano e quelli che dall’avvenimento vengono a fondo interrogati: “Come può un peccatore compiere segni di questo genere?”. Davanti all’opera di Dio non ci può essere neutralità o indifferenza. E quindi anche il cieco illuminato da Gesù compie un primo passo verso la fede nel Signore, riconoscendo nella sua opera conferma della grande profezia messianica di Israele. Così il ver.17.
Il comportamento equivoco dei genitori del cieco nato mette suo malgrado in evidenza ancora più forte il “segno” compiuto da Gesù, come volesse affermare che una generazione di ciechi è diventata ora una generazione di “illuminati”. La loro non sembra una condizione di fede, e non lo è. E tuttavia diventa testimonianza forte del passaggio ad una nuova condizione dell’umanità. Si potrebbe forse dire che il regime della “legge” che ha caratterizzato la fede ebraica, ha messo in evidenza quella “tenebra” della condizione umana che non poteva che attendere l’evento del Salvatore. Ma questo conferma l’inevitabile “giudizio” che il Cristo porta nella storia umana: la fede in Lui porta fuori dalla “sinagoga”(ver.22). Si tratta di un provvedimento severo di “disciplina”, ma in realtà segna la fine dell’attesa messianica.
L’atteggiamento dei genitori mette in evidenza anche la “solitudine” che inevitabilmente accompagna la fede che pure dona al credente la gioia della comunità credente. Ricordo il ver.10 del Salmo 26(27): “Mio padre e mia madre mi hanno abbandonato, ma il Signore mi ha raccolto”. In realtà, c’è un dato profondo della fede che non può essere custodito e testimoniato se non da chi ne è direttamente coinvolto: “Ha l’età: chiedetelo a lui”(ver.23).
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.